Per trovare un lavoro si rivolgono ad amici e parenti, oppure a un sindacato. In sostanza cercano un aiuto, una spintarella, con un approccio il più possibile informale alla "caccia al posto". È questa la via maestra in Italia per cercare un’occupazione, alla quale si ricorre – secondo una ricerca di Eurostat – in oltre tre casi su quattro, il 76,9%. Una quota superiore, anche se poi non di molto, a quella riscontrata nella media dell’eurozona e della intera Ue (in entrambi i casi intorno al 69%). Ma nettamente più alta a confronto con quella di Paesi più strutturati come la Germania (40,2%), Belgio (36,8%), Finlandia (34,8%). La caccia all’impiego parte dunque appoggiandosi su chi si conosce già, informa il Rapporto sui metodi per cercare lavoro dell’agenzia europea di statistica, con dati aggiornati al secondo trimestre del 2011. Nella Penisola la strada di bussare alle porte di familiari e conoscenti è tuttavia meno battuta di quanto non accada in Grecia (92,2%), ma pure in Irlanda e Spagna.Nell’Unione europea si fa molta pubblicità al proprio curriculum, al proprio percorso di studi, (68,8% zona euro e 71,5% Ue a 27), una modalità che viene anche seguita in Italia ma con una percentuale inferiore (63,9%), tra le più basse, in particolare a confronto con Irlanda e Slovenia, dove quello che Eurostat definisce come lo
Study advertisement è praticato da più di nove persone su dieci in cerca di lavoro. L’Italia risulta anche tra i Paesi che meno fanno affidamento agli annunci di lavoro che compaiono sulla stampa o su Internet e solo il 31,4% si rende disponibile a una precisa prestazione o risponde a un’offerta di impiego, a fronte del 44% della Ue. Insomma, gli italiani credono poco nei contatti a distanza e ai canali ufficiali e privilegiano gli approcci diretti e informali. Tra quali c’è anche, nel 64,5% dei casi, la richiesta diretta a un datore di lavoro, metodo un po’ meno seguito nella Ue (61%). Sono scelte che riflettono i diversi assetti produttivi e socio-economici nei diversi Paesi, e il differente grado di integrazione tra il percorso scolastico-formativo e l’inserimento professionale nel mondo del lavoro. In Italia pesa probabilmente la maggior diffusione delle piccole e delle micro-imprese, con le quali è più semplice il contatto, diretto o attraverso un intermediario conosciuto.Non a caso a sud delle Alpi è al di sotto dei valori medi europei anche la quota di coloro che si rivolgono ad operatori istituzionali, come i centri pubblici per l’impiego (31,9%), classifica dove l’Italia è penultima nell’eurozona, alle spalle solo di Cipro e con una forte distanza dalla Germania (82,8%). Un discorso simile vale per i centri privati di impiego, come possono essere le agenzie del lavoro. In generale, in tutta Europa chi contatta soggetti privati per essere assunto è una minoranza, ma in Italia la fetta è ancora più risicata: 18% a fronte del 25% medio dell’eurozona.Tornando alle preferenze nazionali gli italiani non disdegnano lo svolgimento di test o esami (quindi anche la partecipazione a concorsi), un metodo scelto nel 34% circa dei casi e superiore a quello che si riscontra nell’insieme dell’Unione (17,8%).