Economia

Expo. «È ora di parlare come Paese»

Giuseppe Matarazzo domenica 24 agosto 2014
«L’Expo è una grande occasione. Ma non basta per rilanciare il nostro settore e farlo diventare quell’asset di crescita da tutti troppo spesso evocato senza mai essere consequenziali nelle scelte e nelle politiche ». Renzo Iorio, presidente e Ad per l’Italia della catena alberghiera internazionale Accor e presidente di Federturismo, anche di fronte a un evento di questa portata non cede al 'romanticismo'. E con la franchezza che lo contraddistingue, va subito al cuore delle questioni. Cosa serve allora? Interventi realmente strutturali. A cominciare dalla riforma del TitoloV, che dopo un primo passaggio in Parlamento mi auguro viaggi spedita, per riflettere su una visione aggregata di Paese. Non un modello di dirigismo sovietico, ma almeno uno straccio di piano e di logica nella definizione di priorità e interventi che possano assicurare uno sviluppo armonico. Senza essere schiavi di corporazioni o gruppi territoriali; permettere la proliferazione di aeroporti, centri congressi, porti senza criteri razionali; senza sperperare risorse per investimenti inutili che non reggono rispetto al mercato. Anche perchè il mercato aumenta, mentre l’Italia… L’Italia perde quote. La ripresa che ha avuto la Spagna è largamente superiore a quella nostra… Eppure nel 2008-2010 ha segnato la nostra stessa flessione. La Francia è riuscita a passare indenne e si conferma la prima destinazione mondiale. L’Italia resta  il Paese più desiderato, ma non sa essere concreto. È pessimista sul futuro? No. Anzi: vediamola in maniera positiva, dell’opportunità. Sfruttiamo questo momento come occasione per fare sistema, riportando al centro le politiche di settore… sperando poi di avere le persone giuste e preparate per portare avanti un progetto comune. La delega sul territorio, purtroppo, ha significato una gestione del settore troppo legata al consenso elettorale, ha bloccato la crescita di un tessuto imprenditoriale forte che credesse nel lungo periodo. Mentre noi discutiamo, Spagna e Grecia hanno rivoluzionato i loro Paesi, attuando interventi forti, riforme autentiche sul lavoro, sul credito e sulla spesa pubblica. Interventi anche impopolari dal punto di vista politico e dolorosi economicamente per la popolazione. Ma non credo che aver triplicato le imposte sulla casa come accaduto negli ultimi anni in Italia sia stato un piacere... Solo che non abbiamo visto né benefici né visioni di futuro. Ci sono esempi da seguire? Torino e Genova, a livello territoriale, hanno saputo pensare in un’ottica di lungo periodo. Dovremmo riuscire a farlo come Paese. L’Italia ha il privilegio di essere posto più desiderato? Sfruttiamo questo vantaggio. L’Expo è l’occasione per farlo. Insieme. Quanto varrà l’Expo per il turismo? La cifra stimata, la più ragionevole, è di 20 milioni di turisti attesi. Sei, otto milioni saranno stranieri. Circa la metà da destinazioni lontane. L’afflusso più forte sarà però italiano. Per questo un ruolo importante lo giocherà l’alta velocità: la fermata direttamente sul sito renderà indifferente il fatto di essere a Torino, in prossimità di Porta nuova o Susa, oppure a Bologna o a Firenze, rispetto a chi parte da Milano in zona Città studi… Questo consentirà di spalmare l’effetto Expo in buona parte del Nord Italia. Come si prepara Accor a questo evento? Nuove aperture e una piattafroma di supporto per i clienti. Mercoledì aprirà l’Ibis di Lainate, attaccato al sito espositivo, ideale per il soggiorno di una clientela familiare e personale. Fra dicembre e gennaio, apriremo un nuovo MGallery in zona Centrale. Poi abbiamo completato la ristrutturazione dell’Ibis di viale Tunisia e rinnovato i Novotel di Linate e Milano Ca’ Granda. In termini di prodotto siamo apposto. Quello su cui ci stiamo attrezzando è una piattaforma di pricing e prenotazione per le strutture del network Accor che gravitano nell’area del Nord Italia. Voi rappresentate un’importante antenna dell’evento. Qual è l’interesse al momento? Da un paio di mesi – e mi aspetto fino alla fine dell’anno – il grosso della domanda è, sarà professionale, legata a delegazioni, agli allestitori degli stand, alle imprese partner e all’attività congressuale che si svolgerà in quel periodo. L’aspetto della domanda del visitatore finale è ancora debole, ma è normale. Crescerà mese dopo mese. È ipotizzabile che sarà un Salone del Mobile lungo sei mesi? Sarebbe utopico. Ci saranno picchi come il Salone del Mobile, ma è francamente impensabile mantenere quei livelli per tutto il tempo. Mi auguro non ci sia l’ansia del settore di approfittare troppo dell’evento. Non si darebbe una buona impressione. E si scoraggerebbero i visitatori. In questo ci giochiamo anche la faccia.