Rapporto Ocse. Nell'Italia che invecchia crescono le diseguaglianze
L’Italia è un caso esemplare delle grandi malattie economiche delle nazioni cosiddette “avanzate” in questi anni. L’Ocse ha dedicato un lungo rapporto a due dei malanni che affliggono, in misura diversa, tutte le economie sviluppate: l’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle diseguaglianze economiche. Dato che le differenze nel successo delle persone sono anche il risultato cumulato di diseguaglianze che emergono fin dai primissimi anni di vita, è la tesi dell’Ocse, ogni governo può organizzare un’agenda di politiche che – agendo su istruzione, sanità, mondo del lavoro e redditi – possono prevenire la formazione delle diseguaglianze per i bambini, mitigare gli squilibri economici che si sono già sviluppati negli adulti, gestirli per i più anziani.
È un tipo di lavoro politico che l’Italia dovrebbe affrontare sul serio e molto presto, dato che è già il terzo paese con l’età media più alta del mondo e con un rapporto tra anziani e persone in età lavorativa destinato a salire dall’attuale 38% al 74% nel 2050 si troverà ad avere una situazione demografica da brividi nel giro di trent’anni. Partiamo già da una situazione molto problematica, fa capire l’Ocse nel “focus” dedicato al nostro paese. Negli ultimi tre decenni la situazione economica e lavorativa dei giovani è drasticamente peggiorata: dalla metà degli anni Ottanta, calcola l’Ocse, i redditi dei lavoratori con più di 60 anni sono saliti del 25% di più rispetto a quelli di chi ha meno di 35 anni. Un squilibrio aumentato quindi con un ritmo quasi doppio rispetto a quello già ampio (13%) della media dell’Ocse.
Questi giovani che si sono fatti più poveri vivono anche una maggiore diseguaglianza dei loro redditi rispetto alla generazione dei loro genitori e dei loro nonni. L’Ocse calcola e compara il livello di diseguaglianza nei redditi per persone della stessa età per i nati negli anni Venti, Cinquanta e Ottanta, e per l’Italia vede una variazione quasi nulla per la classe degli attuali 60enni (+0,6%) e molto più decisa (+4,7%) per gli attuali trentenni. «Dal momento che l’ineguaglianza tende a salire durante la vita lavorativa, una più alta diseguaglianza tra i giovani di oggi porterà probabilmente a una più alta diseguaglianza nei pensionati del futuro, soprattutto dato il forte collegamento tra redditi lavorativi e pensioni» avverte l’Ocse, che sottolinea come in Italia a causa della «mancanza di una forte rete di sicurezza sociale» il livello di ineguaglianza della vita lavorativa si confermi integralmente nella vita da pensionati. In media nelle nazioni dell’Ocse, la diseguaglianza si riduce di un terzo con la pensione. Gli studiosi lanciano un avvertimento esplicito: «Assicurare una pensione decente sarà particolarmente difficile per le persone con bassi livelli di educazione, che hanno meno probabilità di lavorare in età avanzata, e per le donne, perché molte di loro lasciano il mercato del lavoro per prendersi cura dei parenti».
La ricetta per superare questi problemi, concludono i ricercatori dell’Ocse, si basa sul miglioramento dell’offerta educativa in età scolare e pre-scolare. Questo tipo di investimento darebbe più chance ai figli delle famiglie più povere e nello stesso tempo aiuterebbe le donne a partecipare alla forza lavorativa del paese. Dopodiché occorrono migliori interventi per gestire il passaggio dalla scuola al lavoro, contrastare la disoccupazione di lungo periodo e offrire possibilità di formazione per gli adulti.