Ocse e Bce. Famiglie e imprese: un Paese in affanno
Il reddito delle famiglie italiane in netto calo nel secondo trimestre 2020
L'emergenza Covid-19 non risparmia nessuno: le famiglie perdono reddito, i consumi si riducono e le imprese rischiano di non sopravvivere. Le nuove limitazioni imposte dall’arrivo della seconda ondata della pandemia rendono ancora più cupe le previsioni per la tenuta del sistema economico nazionale.Sono diversi gli indicatori che fotografano uno stato di salute a dir poco preoccupante. Il reddito reale delle famiglie italiane è stato intaccato dall’emergenza sanitaria. Nel secondo trimestre 2020, secondo i dati diffusi ieri dall’Ocse, è calato del 7,2%, il dato peggiore di tutti i Paesi del G7. È andata meglio in Germania (-1,2%), Francia (-2,3%) e Regno Unito (-3,4%). Si tratta comunque di un calo consistente dopo quelli più moderati (all’incirca dell’-1%) registrati nel trimestre precedente. Per l’Ocse, a livello internazionale le misure di sostegno governative hanno «continuato a proteggere i redditi delle famiglie dall’impatto economico del Covid-19». In particolare il Canada e gli Stati Uniti hanno registrato una crescita significativa del reddito familiare pro capite rispettivamente dell’11% e del 10,1% grazie alla misure eccezionali messe in campo. Aumenti minori del reddito familiare reale pro capite sono stati osservati anche in Irlanda (3,6%), Australia (2,7%) e Finlandia (1,1%). Fanalino di coda l’Italia.L’andamento del reddito delle famiglie, secondo l’organismo internazionale con sede a Parigi, ha quindi resistito meglio rispetto a quello del Pil, che nelle sette grandi economie della zona Ocse è nettamente calato: -19,9 % nel Regno Unito, -13,8 % in Francia, -12,8% in Italia, -11,7 % in Canada, -9,8 % in Germania, -9,1 % negli Usa e -7,9 % in Giappone.Dalla Bce è arrivato poi un nuovo allarme sulle imprese italiane: circa il 20% potrebbe essere a rischio fallimento per via della carenza di liquidità, causata dalle misure di chiusura, e in assenza di politiche di sostegno. È quanto emerge da uno studio, pubblicato nel bollettino della Banca centrale europea, che simula la dinamica della liquidità delle imprese nel tempo. L’analisi, realizzata su imprese operanti nel settore privato di quattro paesi dell’area dell’euro: Germania, Spagna, Francia e Italia, mostra che la Spagna è il paese maggiormente colpito, con circa il 25% delle imprese a rischio. La Bce annuncia di essere pronta già a dicembre a «ricalibrare i suoi strumenti» per rispondere «all’evolvere della situazione e per assicurare che le condizioni di finanziamento restino favorevoli per sostenere la ripresa economica e contrastare l’impatto negativo della pandemia sul profilo previsto per l’inflazione». L’economia dell’Eurozona ha infatti perso slancio e nel quarto trimestre si assisterà ad un nuovo forte ridimensionamento del Pil legato alle nuove restrizioni. Inoltre nella prima metà dell’anno l’epidemia ha determinato «la più marcata contrazione mai registrata dell’occupazione e del numero totale di ore lavorate». L’inflazione è prevista in calo sino all’inizio del 2021 e poi sostanzialmente stabile. A Francoforte insomma si sta pensando ad una ricalibratura complessiva delle operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine delle banche europee e in particolare del Pepp, il Qe pandemico e dei Tltro. Serverà una cura d’urto, come aveva anticipato mercoledì il presidente Christine Lagarde «per compensare i gap produttivi fino a quando vaccini saranno ben sviluppati e la ripresa potrà guadagnare slancio».