Economia

OCCUPATI. Bruciati 380mila posti Il Sud soffre di più

Nicola Pini mercoledì 24 marzo 2010
Indietro tutta: dopo 14 anni di crescita ininterrotta l’onda lunga dell’occupazione in Italia nel 2009 è andata a sbattere contro il muro della recessione internazionale. Alla fine dello scorso anno il numero dei lavoratori in attività è sceso di 428mila unità rispetto a un anno prima (-1,8%). Nello stesso periodo i disoccupati sono saliti a quota 2,145 milioni, 369mila in più (raggiungendo il tasso dell’8,6%), mentre crescevano di 250 mila unità anche gli inattivi, quelli che il lavoro non lo cercano nemmeno.La diffusione dell’ultima indagine Istat, che rilancia un allarme già emerso negli ultimi mesi, si è unito ieri ai timori su una presunta volontà della Fiat di tagliare nei prossimi anni 5mila posti di lavoro, sui circa 30 mila che ha oggi in Italia. La secca smentita dei vertici del Lingotto, a partire da Sergio Marchionne, non è bastata a sedare le preoccupazioni dei sindacati. Mentre sul piano politico l’ipotesi degli esuberi ha creato un caso, complice la tesa vigilia elettorale. Da Torino è stato il responsabile delle relazioni istituzionali della Fiat Ernesto Auci a denunciare una «provocazione politica a pochi giorni delle elezioni». Un’affermazione che «solleva un legittimo interrogativo», ha commentato il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi parlando di «indiscrezioni inquietanti». Secondo quando riportato da un quotidiano, il piano strategico che la Fiat sta ultimando prevede un aumento del 50% della produzione di auto in Italia. Ciononostante contemplerebbe un robusto taglio degli organici (pur attutito da prepensionamenti), non solo quelli previsti a Termini Imerese e Cassino ma anche a Mirafiori, il vecchio cuore Fiat. La smentita del Lingotto fa credere che il prossimo 21 aprile a Torino nel piano Fiat ci saranno numeri differenti. Anche se non è un mistero che il settore auto abbia difficoltà e che nell’ultimo anno la Fiat abbia marciato a ranghi ridotti, con buona parte del personale in cassa integrazione nonostante gli incentivi. Il rapporto Istat sul lavoro conferma intanto che la riduzione dell’occupazione in Italia si è accentuata soprattutto negli ultimi mesi, nonostante i piccoli segnali di ripresa dell’economia. Nella media del 2009 infatti la riduzione degli occupati (-380mila) è stata meno pesante che nel solo ultimo trimestre (-428mila). La crisi picchia duro soprattutto sull’industria che in un anno ha bruciato 214mila posti (-4,3%). Sul piano territoriale soffre soprattutto il Meridione, dove al forte calo degli occupati (-194mila) corrisponde un aumento di appena 12mila persone in cerca di lavoro, segno che lo scoraggiamento spinge molti alla rinuncia o al nero. Altro punto debole sono i lavoratori indipendenti e i dipendenti con contratti a termine o collaborazioni, diffusi questi ultimi soprattutto tra giovani. Nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni il tasso di disoccupazione è arrivato così a sfiorare quota  28%.Dati che preoccupano i sindacati. La Cgil li definisce «impressionanti», per la Uil «non c’è un solo elemento di ottimismo» e la Cisl chiama a uno «sforzo straordinario per politiche di sostegno allo svluppo». Opposta la lettura che arriva da maggioranza e opposizione. Il governo con i ministri Sacconi e Tremonti sottolinea che il tasso di disocupazione in Italia resta comunque più basso della media di Eurolanida (7,8% a fronte del 9,4% nella media 2009). L’ex ministro Tiziano Treu (Pd) accusa l’esecutivo di sbagliare i conti» dimenticando i 500 mila in cassa integrazione, e i lavoratori inattivi, su cui l’Italia ha il record in Europa.