Iniziativa. Posti nei Cda e fondi dei dipendenti: la Cisl lancia la raccolta firme
Sono appena 19 articoli suddivisi in 9 titoli, ma hanno l’ambizione di cambiare profondamente il modello economico. Una rivoluzione tutta “dal basso”, prima con una raccolta di firme su una proposta di legge di iniziativa popolare e poi attraverso la contrattazione. Per promuovere in Italia «La partecipazione e la democrazia economica», come «diritto fondamentale dei lavoratori e dei cittadini, leva per uno sviluppo socialmente sostenibile».
Sarà questa la priorità strategica della Cisl per i prossimi mesi e anni: favorire una svolta dolce ma decisa nell’economia del Paese, grazie a un diverso rapporto fra lavoratori e imprese pubbliche e private. Senza imporre nulla per legge, ma valorizzando gli accordi contrattuali. Non calando dall’alto un unico modello precostituito e mettendo invece a disposizione un ampio ventaglio di possibili strumenti di partecipazione consultiva, gestionale, organizzativa, economica-finanziaria. Capace di spaziare dalla semplice informazione ai dipendenti alla codecisione sull’organizzazione del lavoro, dalla partecipazione agli utili a quella al capitale dell’azienda, fino all’ingresso dei rappresentanti dei lavoratori nei Consigli d’amministrazione o di Sorveglianza delle società. Capace – grazie anche a investimenti e incentivi fiscali per dipendenti e aziende – di far «avanzare insieme sviluppo economico e progresso sociale».
La proposta di legge di iniziativa popolare, approvata ieri dall’esecutivo della Confederazione riunito a Firenze, prevede come riferimenti normativi l’articolo 46 della Costituzione, la Carta sociale europea e tutto il quadro di regolazione comunitaria sul lavoro, sempre però avendo come riferimento principe i contratti collettivi nazionali e aziendali, i cui eventuali «trattamenti di maggior favore prevalgono». Sulla partecipazione, infatti – pur scontando enormi ritardi e insufficienze rispetto ad esempio al modello tedesco della mitbestimmung, con il sistema duale dei Consigli di sorveglianza – non siamo però neppure all’anno zero. Tanto che nella presentazione della proposta di legge si citano almeno 40 esempi di gruppi grandi e medi – da Luxottica a Piaggio a Leroy Merlin per fare solo tre nomi – nei quali negli ultimi anni si sono consolidate esperienze le più diverse di partecipazione contrattata tra sindacati e imprenditori. Per la Cisl ora si tratta di estendere e generalizzare queste esperienze, di farle diventare la normalità delle relazioni sindacali, di spingere verso una partecipazione lavoratori-imprese sempre più efficace e caratterizzante, tale da rendere concreta una maggiore democrazia economica nel nostro Paese. Un processo che il sindacato ritiene si possa innescare appunto con la raccolta di 50mila firme su una legge di iniziativa popolare che, se fatta propria e approvata dal Parlamento, potrà fungere da cornice regolatoria e soprattutto da stimolo potente per raggiungere l’obiettivo.
Il testo predisposto dalla confederazione di via Po – ancora da depositare in Cassazione e che Avvenire è in grado di anticipare – esplicita agli articoli 1 e 2 le finalità della legge e le definizioni di partecipazione gestionale, economica-finanziaria, organizzativa e consultiva. Dall’articolo 3 si passa a esplicitare come queste diverse forme possano realizzarsi concretamente a cominciare dall’ingresso dei rappresentanti dei lavoratori nei Consigli di sorveglianza nelle imprese che adottano il sistema dualistico di governance e – all’articolo 4 – la partecipazione al Consiglio di amministrazione delle società sulla base delle modalità stabilite nei contratti. Per entrambi i casi, non ci sono obblighi per le imprese private di aderire a questo modello, mentre all’articolo 5 si prevede che le società a partecipazione pubblica «devono integrare il Cda con almeno un amministratore designato dai lavoratori dipendenti». L’articolo 6 regola invece la materia della distribuzione degli utili aziendali ai dipendenti, prevedendo un’imposta sostitutiva su questi redditi del 5% entro il limite di 10mila euro annui. Un’altra innovazione è all’articolo 7 relativamente allo strumento partecipativo dei «piani di azionariato», con l’attribuzione, su base volontaria, ai lavoratori dipendenti, di strumenti finanziari per il possesso di quote di capitale delle imprese. Introducendo poi nell’ordinamento giuridico italiano, con l’articolo 8, un istituto molto diffuso nel diritto anglosassone, il cosiddetto voting trust, che qui viene denominato «Accordo di affidamento fiduciario per la gestione collettiva dei diritti derivanti dalla partecipazione finanziaria». In sostanza un trust, un fondo fiduciario, a cui i lavoratori possono affidare le loro quote azionarie per farle “pesare” nelle votazioni delle assemblee societarie. Gli articoli dal 9 al 15, poi, regolano la partecipazione organizzativa e quella consultiva, i premi per l’innovazione e l’efficienza, gli obblighi formativi dei dipendenti coinvolti nelle diverse forme di co-decisione.
Ancora, all’articolo 16 si prevedono le agevolazioni fiscali per i dipendenti e le imprese stesse che promuovono modalità partecipative. Nella proposta della Cisl, per i lavoratori diventerebbero deducibili le spese per un piano di partecipazione finanziaria (previsti all’articolo 7) fino a un massimo di 5mila euro l’anno e i premi per l’innovazione descritti all’articolo 10. Analoghe deduzioni sarebbero possibili per le aziende che promuovono i piani di partecipazione finanziaria con gli stessi limiti per ogni lavoratore e dell’intero valore delle azioni in caso di assegnazione gratuita ai dipendenti. Infine, la proposta di legge prevede l’istituzione, presso il Cnel, di una «Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori» e l’istituzione di un «Garante della sostenibilità sociale delle imprese» all’interno del Ministero del Lavoro. Interessante, infine, la copertura prevista per gli oneri – calcolati in 50 milioni di euro – derivanti dalle nuove disposizioni: per la Cisl possono essere attinti dal «Fondo per interventi strutturali di politica economica (legge 282/2004)» alla voce «Definizione degli illeciti edilizi», in pratica dai soldi del condono edilizio.