Economia

Stati Uniti . Lavoratori Boeing in sciopero dopo 16 anni: bocciato il nuovo contratto

Ginevra Gori venerdì 13 settembre 2024

Dipendenti Boeing in sciopero davanti agli stabilimenti di Seattle

L'accordo quadriennale tra Boeing e i suoi lavoratori non è decollato. L’annuncio è arrivato stamattina da Seattle dove, dalla mezzanotte (ora locale) di oggi, 33mila operai del colosso americano dell’aeronautica hanno incrociato le braccia dando inizio al primo grande sciopero dopo sedici anni. Alla base dell’agitazione, c’è la mancata firma del nuovo contratto collettivo da parte di molti dipendenti dell’impianto, che non hanno accettato le condizioni offerte dai vertici.

Qualche ora prima, alle 18 di ieri, la decisione era stata messa ai voti nel corso di un referendum indetto fra gli operai aderenti alla principale sigla sindacale di settore, la IAM. E nonostante i leader dell’associazione di categoria avessero raccomandato ai propri iscritti di sottoscriverla, l’intesa è saltata con uno schiacciante 94% di no. Con un’altra votazione che ha ottenuto il 96% dei consensi -più dei due terzi necessari- è scattato anche il sì alla sospensione delle attività per fare pressione sulla società.

Il nuovo sciopero segna un punto di rottura tra il sindacato e la direzione generale, a cui i lavoratori contestano di aver ignorato rivendicazioni ormai decennali. L’accordo concedeva salari maggiori solo del 25% e un bonus da 3mila dollari per la firma, con l’obbligo per Boeing di costruire il più moderno jet commerciale nei distretti di Seattle e Portland entro il quadriennio. Ma dagli stabilimenti in cui si producono i modelli 767 e 777 e persino il discusso 737 Max sono partite le proteste degli operai, che chiedevano un aumento del 40% sugli stipendi per far fronte al costo della vita e lintroduzione di un bonus annuale. "Guadagneremmo 21 dollari l’ora, come chi fa hamburger” il commento indignato di un dipendente alla proposta contrattuale, secondo il Wall Street Journal.

Uno strappo che infligge il colpo di grazia a un’azienda già in cattive acque da tempo. E che attraversa il momento più difficile della sua storia dal 2008. Tra debiti, ritardi spropositati nella produzione e una serie di incidenti controversi, a causa dei quali si è guadagnata una dubbia reputazione. Due, fatali, nel 2018 e nel 2019 e il più recente lo scorso 5 gennaio, quando proprio un Boeing 737 Max dell’Alaska Airlines dovette effettuare un atterraggio di emergenza perché un portellone sigillato si era staccato all’improvviso risucchiando ogni cosa. Per un caso non ci furono vittime. Ad agosto, si è tentato di risollevare il marchio e la fiducia dei clienti eleggendo un nuovo Ceo, Kelly Ortberg, che ora si trova a gestire una situazione molto rischiosa.

Il fermo, stando alle stime, potrebbe costare al colosso perdite per centinaia di milioni al giorno e più di 3 milioni di liquidità, mentre le azioni sono già scese del 4% da inizio 2024. E oltre alla stessa Boeing, le ricadute potrebbero colpire anche i clienti in attesa di nuovi velivoli o componenti, come Air India. Sedici anni fa, gli hangar della costa occidentale rimasero chiusi per 52 giorni aspettando una soluzione. Stavolta, lo sciopero potrebbe durare molto di più. Anche se la IAM si dice pronta a tornare al tavolo quanto prima per siglare una trattativa con i vertici: Affronteremo la cosa giorno per giorno, settimana per settimana” ha affermato il capo delle negoziazioni Jon Holden. Per tutta risposta, la direzione è corsa ai ripari annunciando che l’azienda “è ferma nella volontà di ristabilire una relazione di fiducia con i suoi lavoratori e i sindacati”. Nessuna dichiarazione è arrivata finora dalla Casa Bianca, in imbarazzo sulla crisi di una fra le imprese maggiormente strategiche per il Paese. Intanto, Moody’s e Standard and Poor’s avvertono che il rating dell’azienda è a un passo dal “junk status”. È il livello di rischio più alto. Il futuro di Boeing appare sempre più incerto.