Una foto dell’interno del centro logisticodi Amazona Passo Corese, con i carrelli automatici carichi di prodotti
Se la vita delle città è oggi scandita dalle consegne che si susseguono durante tutta la giornata, con tutti gli effetti sulla viabilità che conosciamo, per rispondere alla domanda su come regolare le consegne del cosiddetto “ultimo miglio” è bene capire come funziona invece “il primo miglio” cioè il punto di partenza delle merci che arrivano non solo a casa nostra, ma anche sugli scaffali o nei negozi. Alle porte di Roma, a una quarantina di chilometri di distanza verso Rieti, Passo Corese è divenuta – almeno in parte – meta prediletta di un segmento della logistica nostrana. Enormi palazzoni da decine di migliaia di metri quadri si alternano appena prima di entrare nella piccola cittadina. Noi ci dirigiamo verso FCO1, cioè Fiumicino1 nella nomenclatura di Amazon che, ci spiegano, chiama i propri Centri Logistici in base all’aeroporto più vicino. Per arrivare passiamo davanti a Lidl e Sda (del gruppo Poste Italiane) a riprova di questa nuova vocazione del territorio: la logistica.
Il Centro Logistico di Passo Corese è un edificio di tre piani, ciascuno da 60mila metri quadri, con un brusio persistente provocato dalle macchine che muovono circa 20 chilometri di nastri trasportatori su cui viaggiano un numero imprecisato di “tote” neri in entrata e uscita. I “tote” sono delle scatole di medie dimensioni, ci possono entrare tre pacchi di pannolini o una trentina di iPhone, non importa, sono l’unità di misura con cui le cose vengono gestite. Qui si alternano su diversi turni, 24 ore su 24, 1900 persone in totale, 1600 delle quali si occupano direttamente di tutto il flusso di ordini in entrata e in uscita. Sono solo una parte dei 3200 dipendenti di Amazon nel Lazio e dei 18mila in tutta Italia. Anche Passo Corese, anzi FCO1, è solo uno di dieci centri simili sparsi per tutta Italia, tutti – in base a quando sono stati edificati – più o meno robotizzati (ad eccezione di Piacenza che essendo il primo in Italia è anche il meno avanzato). Quello che vediamo invece è tra i più moderni e tra quelli dove la macchina e l’uomo si incontrano più spesso, anzi dove il rapporto è quasi simbiotico. Ogni cosa nel lavoro di scarico, carico e catalogazione della merce è assistito dalle macchine. Così chi costruisce l’inventario viene guidato dalla macchina a scegliere gli scaffali più adatti per dimensione e peso dell’oggetto, in maniera tale da rendere facile il recupero e quasi impossibile l’errore umano. Il sistema è così efficiente che ormai gli errori (di qualsiasi tipo) vengono calcolati sul milione di operazioni.
Dicevamo del rapporto con le macchine, un aiuto costante, dal braccio robotico adattato per risistemare i tote vuoti, ai sensori che guidano l’azione umana nel comporre un pacco multiplo, quando insieme all’ultimo libro del nostro autore preferito aggiungiamo anche le pile per il telecomando e un paio di scarpe per andare a correre, il sistema deve ricostruire la posizione di tutti questi oggetti e passaggio dopo passaggio – in realtà ne bastano un paio gestiti in pochi minuti – il pacco è assemblato e pronto per essere spedito ad un centro di distribuzione più piccolo che poi si incaricherà di farlo recapitare a noi. Questo perché in questo mega complesso che assomiglia per molti aspetti ad una fabbrica, con la sua catena di montaggio, ci si occupa esclusivamente del cosiddetto “primo miglio”, mentre la consegna vera e propria ha bisogno di altri passaggi, un secondo breve stoccaggio del nostro pacco e poi l’arrivo tramite un furgone con una delle aziende che hanno un contratto di distribuzione con Amazon. Ma anche dentro i Centri logistici non tutti sono a tempo indeterminato: «C’è un turnover eccessivo per quanto riguarda i somministrati durante i periodi di picco» ci spiega Maurizio Diamante segretario Nazionale di Fit Cisl, che aggiunge «Nel contratto della logistica, che è quello che si applica in Amazon, non esiste lo “stagionale”, per cui quando ci sono i periodi come il Black Friday, il Natale, e così via loro si appoggiano alle agenzie interinali con quelli che per noi sono contratti troppo brevi, anche di due settimane». Conclude il sindacalista: «Con loro sono stati fatti molti passi avanti, ma su questo ancora bisogna lavorare».
I passi avanti sono anche nella possibilità di fare riunioni sindacali, cosa negli anni scorsi non sempre ben vista da parte dalla multinazionale americana, ma oggi i rapporti sono distesi. Viene applicato il contratto nazionale con un aumento dell’8% rispetto alla paga base. Anche per quanto riguarda la turnazione delle mansioni l’azienda tiene in forte considerazione le esigenze familiari e se un genitore ha bisogno può chiedere un turno che permette di fare orari più simili a quelli di un ufficio rispetto a quelli di una fabbrica, con la possibilità di portare i figli a scuola o di andarli a prendere, così come la possibilità di cambiare mansione anche più volte durante la settimana, alleggerendo i danni della ripetitività dei movimenti. «La tecnologia che aiuta ad evitare posture scorrette o fatiche eccessive è il modo con cui potremo evitare di ripetere in toto l’esperienza della fabbrica fordista novecentesca» dice ancora Diamante e l’impressione, per chi come noi è stato lì, che le cose possano trovare una soluzione a misura di persona. Almeno fino all’automazione completa di tutto il processo, ma questo non è ancora – per ora - all’orizzonte.