Economia

Welfare. Nel settore del lavoro domestico 200mila colf e badanti invisibili

Ilaria Solaini, Milano martedì 27 agosto 2024

Quasi la metà di colf e badanti che lavorano in Italia proviene da Romania, Ucraina e Filippine. Il lavoro domestico è storicamente caratterizzato da una forte presenza di lavoratori e lavoratrici immigrate, senza contare quei collaboratori domestici senza permesso di soggiorno che lavorano nelle nostre case, prendendosi cura dei nostri cari, che «non si riescono ad intercettare perché invisibili alla società» ha spiegato Lorenzo Gasparrini, segretario generale dell’associazione Domina. Si stima che siano almeno 200mila i lavoratori invisibili. Nel 2023 i lavoratori domestici stranieri erano il 68,9% del totale e la percentuale saliva al 72,7%, se si consideravano solo i contratti di badante. In numeri assoluti, si parla di quasi 575 mila lavoratori, di cui il 52,4% si occupa di assistenza alle persone (badanti). È stato l’Osservatorio Domina a rielaborare alcuni dati specifici forniti dall’Inps: in primis, redigendo una mappa sulle nazionalità più coinvolte nel settore domestico, e in secondo luogo incrociando i dati relativi ai lavoratori domestici con la popolazione in attività per ciascuna nazionalità, ottenendo così l’incidenza del lavoro domestico per ciascun gruppo nazionale. Quasi la metà dei lavoratori domestici stranieri proviene da tre nazioni: la prima è la Romania (123mila, 21,3% del totale stranieri); il secondo Paese più rappresentato è l’Ucraina, con 90mila lavoratori (15,6%), seguito dalle Filippine con 63mila (11%). Seguono gli altri Paesi di provenienza: il 6,3% dei lavoratori domestici stranieri in Italia proviene dal Perù (36.141), il 5,7% dalla Moldavia (32.573). E sotto ci sono, infine, tra i Paesi di origine la Bulgaria, il Senegal, la Russia o la Nigeria.


La tipologia di lavoro domestico sembra essere correlata con la provenienza: in altre parole, in base alla nazionalità cambia anche la tipologia di lavoro domestico: il ruolo di badante è ricoperto maggiormente da persone che provengono dai Paesi dell’Est Europa, come Georgia (84,9%), Bulgaria (74,1%), Ucraina (67,2%) e Romania (63,2%). Al contrario, si è registrata una netta prevalenza di colf tra i lavoratori provenienti dal Pakistan (85,4%), dalle Filippine (83,8%) e dal Bangladesh (82,3%). Rispetto al 2022 i lavoratori domestici stranieri sono diminuiti del 7,6% e si è registrata una contrazione in quasi tutte le nazionalità. L’unico Paese d’origine a riportare una crescita è la Georgia (+3,6%). A diminuire in modo notevole sono state l’Albania (-14,1%), il Marocco (-13,9%), il Bangladesh (-42,3%) e il Senegal (31,8%). Questo calo è probabilmente dovuto a un “rimbalzo” fisiologico seguito agli aumenti legati alla regolarizzazione del 2020.

C’è stata però una flessione del 7% tra i collaboratori domestici non italiani

Rapportando il numero di lavoratori domestici con la popolazione residente si osserva quanto il lavoro domestico incida per ciascuna nazionalità: ad esempio, i cittadini romeni sono oltre un milione, mentre gli ucraini 250mila e la comunità filippina conta solo 159mila persone. Questo risultato indica anche la «propensione al lavoro domestico» per ciascuna nazionalità: Filippine, Ucraina, Perù ed El Salvador superano il 30%. Moldavia, Ecuador e Sri Lanka superano il 25%. Per le comunità più numerose, invece, l’incidenza del lavoro domestico si abbassa: è il caso della Romania (11,3%) o di Albania (5,4%) e Marocco (5,1%).

Il rapporto tra lavoratori domestici e popolazione residente indica la 'propensione' al lavoro domestico per ciascuna nazionalità: Filippine, Ucraina, Perù ed El Salvador superano il 30%. Moldavia, Ecuador e Sri Lanka superano il 25%



Un caso unico è rappresentato dalla Georgia, dove il rapporto tra lavoratori domestici e popolazione residente raggiunge l’86,4%.
Considerando tutti gli stranieri in Italia, il lavoro domestico rappresenta l’11,2% della popolazione. Sulla popolazione italiana, invece, il lavoro domestico incide appena lo 0,5%. «Nonostante la crescita della componente italiana, il lavoro domestico rimane un settore con una forte connotazione immigrata. Tuttavia, le comunità nazionali sono molto diverse tra loro e presentano forti “specializzazioni” etniche. Per il nostro Osservatorio è fondamentale realizzare la mappatura delle nazionalità dei lavoratori dome-stici, in modo da capire quali sono le nazionalità più coinvolte nel settore e gestire eventuali azioni di programmazione e formazione» ha concluso il segretario generale dell’associazione Domina.