Bocconi. La riscossa dei negozi di vicinato ai tempi del Coronavirus
L'emergenza sanitaria ha reso ancora più prezioso il lavoro dei negozi di vicinato
I negozi di vicinato sono una risorsa preziosa per i cittadini, soprattutto in questi tempi di emergenza sanitaria e limitazioni agli spostamenti. La loro dimensione "territoriale" ha reso possibile una maggiore aderenza alle nuove necessità. Ad analizzare questo fenomeno ci ha provato un gruppo di studenti del laboratorio di Retailing del MiMeC, il master in Marketing e Comunicazione della Bocconi. La professoressa di Martketing and sales Chiara Mauri ha realizzato insieme agli studenti un’indagine sul campo (realizzata all’inizio dell’emergenza da Covid-19) per analizzare la reazione alle nuove regole di alcune tipologie di negozi, secondo diversi punti di vista. Fino a quando si poteva effettuare un sopralluogo, 21 studenti si sono recati fisicamente negli esercizi scelti per valutare i fattori determinanti della location, l’assortimento, i prezzi, e prendere contatto con gestori o proprietari. Dati che sono stati poi messi a confronto con gli scenari prefigurati in un recente rapporto McKinsey per una relazione finale scritta.
«I lavori dei ragazzi mi hanno davvero sorpreso» commenta la professoressa. «Sono emerse opinioni ed esperienze personali che in aula sarebbero state taciute, sia nel merito della ricerca» e sono stati descritti «aspetti psicologici e altri elementi intangibili sottovalutati di solito negli studi». Emerge l’importanza del "capitale umano" costituito dai clienti e la necessità di coltivare la relazione con loro, anche a distanza, tramite il digitale. «Un processo che si imporrà anche per i grandi colossi del retail, ma al momento può costituire la premessa per quella che alcuni studenti hanno definito una “riscossa del dettaglio tradizionale” perché costituisce l’occasione per i dettaglianti di riprendersi un po’ del mercato perso nei confronti dell’e-commerce e della Gdo» spiega la professoressa.Entusiasmo alle stelle per gli studenti. «Il lato che mi ha più colpita, parlando con la titolare di una pasticceria di Verona, è stata la visione positiva racconta Nicole Vesentini. Alle prime avvisaglie di chiusura ha proposto ai clienti più affezionati la consegna a domicilio di un dolce per la Festa del papà, recuperando così una parte di incassi e riuscendo a smaltire il magazzino. La pasticceria ha quindi ipotizzato l’apertura di un piccolo servizio di delivery personalizzato in ambito cittadino.
Le variabili psicologiche e le dinamiche nelle relazioni con i clienti sono state al centro anche del caso analizzato da Alice Rosetti, un piccolo supermercato nella periferia di Ravenna. «L’intervista con il titolare ha messo in evidenza il riflesso sulla gestione di tutte le diverse fasi di questa emergenza, dall’assalto dei clienti non appena si sono diffuse le prime avvisaglie della serrata alla nuova quotidianità, fatta di code fuori dall’ingresso, spese più diradate ma con scontrini medi più lunghi, e consumi squilibrati verso alcune categorie di prodotti come farine e lieviti. Mi ha raccontato anche come sia cambiato il suo lavoro, ora molto concentrato nel garantire la sicurezza dei dipendenti e il rispetto delle norme da parte dei clienti». Nonostante l’evento negativo insomma i negozianti hanno dimostrato spirito di iniziativa, avviato interventi operativi e soprattutto non hanno smesso di coltivare la speranza.