Scontro sull'energia. La Turchia esclusa dalla festa del gas del Mediterraneo
Per capire le ragioni della mossa straordinariamente aggressiva della Marina turca contro la nave dell’Eni che venerdì andava a esplorare il Blocco 3 delle “acque economiche esclusive” di Cipro conviene, per una volta, mettersi nei panni di Tayyip Erdogan.
Nelle ultime settimane il presidente turco si è reso conto che con le sue mosse rischia di fare della Turchia la grande perdente nell’equilibrio energetico (e quindi anche politico ed economico) che si sta costruendo attorno al formidabile Bacino del Levante.
Sotto i fondali della parte più orientale del Mar Mediterraneo – tra le coste di Egitto, Siria, Libano, Striscia di Gaza, Israele, Cipro e Turchia – si nascondono enormi giacimenti di idrocarburi: più di 11mila miliardi di metri quadri di gas naturale e 1,7 miliardi di barili di petrolio, secondo le stime dell’ufficio geologico del governo americano. Questo gas basterebbe a soddisfare i consumi mondiali per due anni e mezzo.
La scoperta nel 2009 del giacimento Tamar, al largo di Israele, ha aperto il decennio delle esplorazioni. Al largo dell’Egitto l’Eni ha scoperto Zohr, che con i suoi 850 miliardi metri cubi è il più grande giacimento del Mediterraneo. L’americana Noble Energy ha scoperto l’enorme Leviathan, al largo di Israle,e e il più piccolo Aphrodite, nelle acque territoriali di Cipro, dove ancora proseguono le esplorazioni. Le navi con sistemi di perforazione delle compagnie petrolifere si stanno poi dirigendo verso i mari del Libano, che ha appena assegnato i primi blocchi per le esplorazioni.
Eni è tra le grandi protagoniste delle scoperte del Bacino del Levante. Oltre al successo di Zohr, che ha avviato la produzione a fine 2017, il gruppo italiano continua a cercare al largo dell’Egitto mentre partecipa in sei concessioni delle tredici in cui sono state divise le acque di Cipro (alcune assieme alla francese Total e una con la coreana Kogas) e assieme ancora a Total e alla russa Novatek ha appena conquistato le prime licenze assegnate dal Libano.
Chi non ha trovato gas e sembra destinata a restare fuori da questa festa degli idrocarburi è invece la Turchia, nazione povera di risorse energetiche: importa il 75% dell’energia che consuma e ottiene da una fonte rozza come il carbone il 40% della produzione energetica nazionale. La forza della Turchia è però la sua posizione strategica, che ne fa un naturale punto di interscambio delle reti di gasdotti tra Medioriente ed Europa. Grazie alla mediazione degli Stati Uniti, Ankara si era riavvicinata a Israele e assieme lavoravano al progetto di un gasdotto che portasse il gas dei nuovi giacimenti israeliani in Turchia. Quel progetto però sbiadisce con il passare delle settimane.
All’annuncio dello spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, lo scorso dicembre, Erdogan ha risposto che «non lascerà Gerusalemme nelle mani di una nazione che uccide i bambini». Da quel momento il presidente turco ha adottato una linea radicalmente anti-israeliana inconciliabile con la cooperazione energetica tra i due Stati. Difatti una settimana fa due fonti anonime hanno avvertito, tramite l’agenzia americana Bloomberg, che il progetto di gasdotto tra Turchia e Israele per ora è tornato nel cassetto. Il governo di Benjamin Netanyahu si sta concentrato sull’ipotesi alternativa di un collegamento con l’Egitto. Mentre valuta anche l’idea, più costosa, di un gasdotto che raggiunga Cipro per poi andare verso la Grecia e l’Italia. La Commissione europea il 25 gennaio ha incluso un gasdotto tra le acque cipriote e le coste greche tra i progetti da valutare, con un budget (34,5 milioni di euro) per realizzare uno studio preliminare.
L’Europa e Israele si stanno poco velatamente organizzando per fare a meno della Turchia. Se ci riusciranno,a quel punto Ankara sarebbe esclusa dalle rotte del nuovo gas del Bacino del Levante e resterebbe dipendente dalle forniture dalla Russia, con la quale i rapporti negli ultimi anni sono stati piuttosto turbolenti. È per evitare questo scenario di isolamento che Erdogan ha mandato le navi a fermare la Saipem 12000, che dopo la positiva scoperta di un nel Blocco 6 annunciata giovedì scorso era diretta verso il Blocco 3 , quello più orientale, nell’unica area esplorativa delle acque di Cipro su cui Ankara, forzando, può tentare di rivendicare un qualche interesse. Che non è la tutela dei cittadini turco-ciprioti, ma il peso della Turchia negli equilibri del Mediterraneo.