Economia

Finanza etica. Per i francesi di Natixis il perimetro si allarga

Daniele Zappalà martedì 20 novembre 2018

Secondo un sondaggio dell’anno scorso a cura del centro Core-data research, basato su un campione di 8.300 investitori finanziari di 26 Paesi, quasi 3 intervistati su 4 (74%) assicurano di non essere più disposti ad acquistare titoli che violano i propri princìpi etici. Inoltre, più di 2 intervistati su 3 (70%) sostengono di essere pronti a vendere dei titoli in caso di un avverato impatto negativo a livello etico ed ambientale. Pur tenendo conto dell’incertezza sull’attendibilità di simili inchieste soggettive, questi dati sono stati presentati nei giorni scorsi a Parigi come base di riflessione per un dibattito sulla crescente attenzione portata verso i fattori ambientali, relativi alla governance e sociali nelle condotte degli attori economici internazionali. Un dibattito accolto presso la sede dell’ex Borsa di Parigi, nel quadro della prima edizione del vertice Natixis investment managers, dal nome della giovane banca d’affari nata su volontà del gruppo parastatale francese Bpce, che raggruppa ormai le due capillari reti delle banche popolari e delle casse di risparmio transalpine. «Il settore finanziario etico continua a crescere rapidamente. Molti pensano ormai che non si possa più investire ad ogni costo e che non si possano più considerare i mercati finanziari come entità totalmente estranee rispetto al funzionamento della società. Inoltre, come mostrano dei dati accademici incontestabili, la finanza etica rappresenta una vera opportunità d’investimeno e non un semplice modo per presentarsi positivamente in termini di responsabilità sociale», ha sostenuto Fiona Reynolds, al timone del gruppo Principles for responsible investment, specializzato nel proporre ai propri clienti titoli della finanza etica.Diane Strauss, caporicercatore dell’Initiative for sustainable finance presso l’Università di Yale, ha sottolineato che il perimetro di ciò che si intende oggi per finanza etica sta divenendo sempre più preciso, includendo fattori nuovi che riguardano «il modo di consumare, inedite considerazioni geopolitiche come gli effetti del cambiamento climatico, un’attenzione a dettagli nascosti che tende ad integrare ad esempio tutti gli anelli della catena di approvvigionamento. Ciò risponde a un reale desiderio di molti investitori d’includere nelle loro strategie le esternalità positive e negative, o i rischi sociali e ambientali legati ai titoli». La studiosa ha tuttavia avvertito sulla "confusione" che ancora regna attorno a certe opportunità d’investimento e sui rischi specifici legati indotti.Da parte sua, Scott Kalb, esperto alla guida del centro di analisi Sovereign investor institute, ha enfatizzato l’impatto psicologico duraturo prodotto dalla crisi finanziaria su molti operatori. Fra gli effetti diretti, c’è stata la creazione di indici specifici più precisi sui fattori ambientali, sociali e di governance: «Ormai, nelle strategie d’investimento, non è più un’eccezione includere dei rischi che definirei non tradizionali, ovvero non legati semplicemente all’incertezza sul rendimento dei titoli». Fiona Reynolds ha nondimeno ammesso pure che prendere in considerazione fattori geopolitici molto specifici può per certi aspetti confliggere con la necessità di una relativa standardizzazione dei titoli a disposizione dei clienti: «Il criterio di valutazione più sicuro resta quello dell’impatto atteso, ma occorre almeno un quadro generale di riferimento chiaro, come quello rappresentato dall’agenda degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu». Al contempo, per Scott Kalb, «resta pure aperta la sfida di evidenziare criteri chiari anche per schivare le operazioni di green washing di certi gruppi, volte solo a correggere la reputazione aziendale».Per Diane Strauss, nonostante le necessarie approssimazioni, la via d’uscita più accettabile resta quella «di accrescere i canali d’informazione su tutte le attività a cui sono legati i prodotti finanziari». Intitolato «Dar forma al nuovo ordine geopolitico mondiale», il vertice di Natixis ha rappresentato pure l’occasione per una tavola rotonda finale dal taglio più politico fra tre personalità europee: l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, il senatore ed ex premier Matteo Renzi.