Economia

Ambiente. Nativi e attivi: ecco la sostenibilità versione GenZ

Isabella Falautano* mercoledì 9 ottobre 2024

Oggi ascoltare i giovani e comprendere le loro esigenze più profonde è essenziale per le aziende che vogliono guardare al futuro ed esserne protagoniste. Per coinvolgere quelli che saranno i lavoratori e i consumatori di domani, le imprese devono dimostrare un impegno concreto su sostenibilità e inclusione. Ci troviamo di fronte a generazioni che sono cresciute in modo nativo nel digitale e nella sostenibilità, con caratteristiche e contraddizioni inedite.

Ci siamo chiesti cosa cerchino i giovani tra i 14 e i 29 anni, la cosiddetta Generazione Z, nel mondo del lavoro. Per loro valori chiari e obiettivi condivisi sono fondamentali, anche nella ricerca del primo impiego. Preferiscono prodotti più sostenibili, anche spendendo qualcosa in più, e sono più inclini delle generazioni precedenti all’attivismo ambientale e sociale.

Secondo l’indagine “Versione Gen Z: le prime generazioni native sostenibili si raccontano”, promossa da Angelini Industries e realizzata da CSA Research e Youtrend, la Generazione Z è più sensibile e informata sulla crisi climatica rispetto al resto della popolazione. Il 53% si definisce ambientalista e quasi la metà ha boicottato prodotti o marchi considerati socialmente irresponsabili, una percentuale superiore a quella della popolazione generale. Inoltre, il 60% è disposto a pagare un premium price per un prodotto sostenibile, nonostante la minore disponibilità economica.

I giovani mostrano infatti grande attenzione alla lettera “E” dell’acronimo ESG (Environment, Social, Governance), con il 44% che definisce un’azienda “sostenibile” se è impegnata nella difesa dell’ambiente, contro il 41% del resto della popolazione. Tuttavia, cresce anche l’attenzione ai temi sociali, come i diritti dei lavoratori e il sostegno alle categorie più deboli. In un approccio sempre più olistico e rotondo della sostenibilità.

Ma chi deve guidare il cambiamento? La risposta della Gen Z è netta: lo Stato, prima di tutto, seguito dai cittadini e dalle aziende. Il 78% ritiene che i governi debbano essere protagonisti del cambiamento e il 64% pensa che sia lo Stato a doversi far carico dei costi della sostenibilità, attraverso politiche di incentivo.

Molti giovani sono arrabbiati con le generazioni precedenti, accusate di aver lasciato un pianeta in crisi. Il 61% ritiene che la causa della crisi climatica risieda nello stile di vita e nei modelli economici adottati in passato. Tuttavia, sono pronti a fare la loro parte e a prendere responsabilità del cambiamento: due su tre si dichiarano ben informati sui temi della sostenibilità e il 43% è pronto a non comprare e boicottare prodotti e servizi di aziende che considerano dannose per l’ambiente.

Anche sul piano lavorativo, la Generazione Z ha idee chiare e radicalmente diverse rispetto al passato. Il 49% dei giovani mette al primo posto l’equilibrio tra vita privata e professionale nella scelta del posto di lavoro, mentre oltre il 20% ritiene fondamentale ritrovarsi in valori aziendali forti.

Questa attenzione alla sostenibilità non è solo una questione etica, ma anche uno strumento di attraction ed engagement per le aziende. In Angelini Industries, ad esempio, quasi un terzo dei nuovi assunti ha meno di 30 anni ed è particolarmente interessato a misure di flessibilità, come lo smart working, e a opportunità di sviluppo e crescita chiare e ben delineate, come quelle offerte grazie alla presenza di una corporate academy.

I giovani non si limitano a osservare: agiscono e pretendono autenticità dalle aziende. È finita l’epoca delle promesse vuote; oggi “walk the talk” è la regola: fare davvero ciò che si dice, con trasparenza e coerenza, senza nascondere (il cosiddetto “hushing”) o edulcorare la realtà (le ben note multiple varianti di “washing”). Le nuove generazioni chiedono impegno vero e tangibile e le aziende che sapranno rispondere a questa sfida saranno le protagoniste del futuro.

*Group Chief Sustainability Officer di Angelini industries