Economia

LA BUFERA. Caso Mps, Grilli rassicura: «Non è un salvataggio»

Eugenio Fatigante mercoledì 30 gennaio 2013
L’intervento dello Stato per Monte dei Paschi «non è un salvataggio», i Monti-bond sono «un prestito, non un contributo a fondo perduto», la nazionalizzazione non è prevista per ora e la vigilanza sull’istituto senese è stata «continua, attenta, appropriata». Dopo una settimana di passione per la banca di Rocca Salimbeni Vittorio Grilli, il ministro dell’Economia, si presenta alla Camera per l’audizione più attesa degli ultimi mesi e offre un quadro che vorrebbe essere rassicurante. Rafforzato in serata da Mario Monti in tv: bisogna «andare fino in fondo», ma «non ci sono ombre sul sistema bancario». Per l’occasione a Montecitorio c’è un pienone bipartisan: il segretario del Pdl Alfano, il leader Udc Casini, soprattutto l’ex ministro Tremonti.Ed è il Giulio dei conti pubblici il più determinato a "tirare dentro" anche la Banca d’Italia (nella duplice gestione di Mario Draghi e dell’attuale governatore, Ignazio Visco), per vigilanza non efficace: «Per 2-3 anni non è stato fatto niente», dice davanti alle commissioni (Bilancio e Finanze) di Camera e Senato. Tutto l’opposto della versione di Grilli, messa probabilmente a punto anche nell’incontro improvviso (e per taluni "strano", anche se Grilli nega: «Non è strano, con lui ci vediamo due volte al mese») di lunedì sera, a Milano, proprio con "Super-mario" oggi a capo della Bce. Il ministro riferisce che lo stesso oggetto dello scandalo, il contratto sull’operazione "Alexandria" in derivati fra Mps e la giapponese Nomura, «è stato celato alla vigilanza sia nell’ispezione 2012 sia in quella 2011». Malgrado ciò, nei controlli fatti nel 2011 furono riscontrati «pesanti rilievi e gravi carenze» nelle procedure interne che porteranno ora (anche se in ritardo) a sanzioni per i vecchi vertici. Non solo: «non risulta» al Tesoro una connessione fra queste operazioni (anche quella denominata "Santorini") e il finanziamento di Antonveneta, l’istituto comprato nel 2008 da Mps al prezzo "iper" di almeno 9 miliardi (ma forse anche 16-17). Una versione contraddetta invece da Tremonti: per lui «nella cassaforte» di Via Nazionale c’era un documento di vigilanza in cui «era scritto tutto». Di più il predecessore di Grilli non dice. Ma basta ad attirare l’attenzione su Bankitalia, di cui più di un parlamentare (per primo Mario Baldassarri, di Fli) chiede a questo punto l’audizione. Sul punto i toni si accendono: è stata esplicitamente tirata in ballo Anna Maria Tarantola, oggi presidente della Rai ma prima appunto capo della Vigilanza. E Tremonti, che chiede di sentire il tris «Monti, Draghi e Visco», estrae una delle sue battute al vetriolo: «Monti non viene in Parlamento perché per lui è un caso di ordinaria amministrazione. Ci avverta quando ci sono casi straordinari, così scappiamo».La campagna elettorale infiamma ancor di più il dibattito (il pd Zanda rinfaccia ad Alfano i toni usati), ma per Grilli il Monte è banca solida ed è «indispensabile non insinuare dubbi sulla solidità del sistema bancario italiano». Un concetto già ribadito, in mattinata, dal Comitato per la stabilità finanziaria riunitosi al Tesoro (con Visco e i presidenti di Consob e Ivass), mettendo nero su bianco che «le tensioni» su Mps «non producono effetti sul sistema nel suo complesso». E Grilli esorta tutti, alla Camera, a mantenere «prudenza e responsabilità nel dibattito pubblico», le «preoccupazioni» su di noi «sono ancora presenti».L’altro motivo di scontro riguarda genesi e natura dei bond da 3,9 miliardi messi a disposizione dallo Stato. Grilli spiega che prevedono condizioni «pesanti», a partire dall’interesse del 9% ma «con onerosità crescente», fino all’approdo, ma solo in caso di mancato rimborso, nella trasformazione in capitale di Mps che porterebbe il Tesoro «all’82%», lasciando briciole agli attuali azionisti. Con essi sono previsti anche «limiti alle strategie commerciali e all’acquisizione di altre partecipazioni», nonché «divieti di distribuire dividendi e vincoli a remunerazioni». Soldi che, tuttavia, non sono «a favore dei manager o degli azionisti, ma dei risparmiatori della banca» senese. Opposta è la visuale di Tremonti, "padre" dei vecchi bond del 2008 (che andarono a 5 banche, fra cui sempre Mps): «Quelli erano nel piano europeo, erano preventivi», spiega, ideati per «ridare liquidità alle banche e far ripartire il credito alle Pmi», mentre i nuovi «sono offerti "ad bancam", per integrare elementi di patrimonio insussistenti».