Rating. Moody's avvisa l'Italia: senza riforme pronti a nuovo declassamento
«Le condizioni di finanziamento più restrittive, l’inflazione elevata, i rischi per le forniture di energia dalla Russia e un contesto politico più complesso stanno pesando sulle prospettive di crescita dell’Italia e sulla dinamica del debito». Il messaggio di Moody’s, contenuto nella Credit opinion aggiornata sul debito sovrano del nostro Paese, suona come un avvertimento per il futuro governo: senza l’approvazione delle riforme, soprattutto quelle legate al Pnrr, l’agenzia è pronta a declassare il rating italiano attualmente Baa3. Un downgrade porterebbe il nostro debito nell’area del "non investment grade" (junk), impedendo di fatto gli acquisti dei titoli italiani da parte di molti investitori istituzionali.L’indicazione arrivata nella tarda mattinata di ieri è stata una doccia fredda. Nemmeno una settimana fa, il 30 settembre, l’agenzia aveva evitato di aggiornare il suo parere sul debito italiano per evitare di aggravare la situazione dopo il declassamento dell’outlook da stabile a negativo fatto all’inizio di agosto. Ma la tregua è durata meno del previsto, aprendo una stagione difficile per i conti pubblici del nostro Paese penalizzati dalla difficile congiuntura economica internazionale. Il prossimo 21 ottobre è in calendario l’aggiornamento da parte di S&P Global Ratings.
«Probabilmente declasseremmo i rating dell’Italia se dovessimo vedere un significativo indebolimento delle prospettive di crescita di medio termine del Paese, a causa della mancata attuazione delle riforme a favore della crescita, comprese quelle delineate nel Pnrr», scrivono gli analisti di Moody’s. Pur definendo "improbabile" un aumento del rating nel prossimo futuro Moody’s non lo esclude a patto che il governo si impegni nell’attuazione delle riforme e in «un piano di risanamento di bilancio a medio termine che impedirebbe un aumento significativo del debito». Il giudizio dell’agenzia sul nostro Paese è fatto di luci (economia di grandi dimensioni, ricchezza delle famiglie e basso indebitamento del settore privato) e di ombre. Ma sono soprattutto queste ad emergere. La coalizione di centro-destra potrebbe tentare di rinegoziare alcuni aspetti del Pnrr ma questo porterebbe ad un ritardo nella sua attuazione e ad un ridimensionamento della spesa per gli investimenti che insieme all’inflazione e alla crisi energetica potrebbero pesare in maniera consistente sull’attività economica. Secondo Moody’s «i paesi centrali dell’area dell’euro saranno inclini a sostenere l’Italia in caso di necessità, un’opinione che è stata confermato dal recente annuncio del piano anti Spread della Bce».Intanto buone notizie arrivano dalle stime trimestrali dell’Istat. L’istituto di statistica ha rivisto al rialzo il dato tendenziale del secondo trimestre 2022, dal 4,7% al 5%. A livello congiunturale il Pil è aumentato dell’1,1%, in questo modo la variazione acquisita per il 2022 è del 3,6%. L’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, in rapporto al Pil, è stato pari del -3,1% nel periodo aprile-giugno (-7,6% nello stesso trimestre del 2021). La pressione fiscale è stata pari al 42,4%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Il potere d’acquisto delle famiglie ha registrato una flessione lieve (0,1%) nonostante l’impatto negativo dell’aumento dei prezzi. Il tasso di risparmio è diminuito di 2,3 punti percentuali anche se è rimasto al di sopra dei livelli pre-Covid.