Un Paese sull’orlo dell’abisso. Economico. Ma soprattutto sociale. Lo sciopero generale di ieri contro il drastico piano varato dal governo per uscire dal tunnel del disastro finanziario, si è trasformato in guerriglia. In lacrime e sangue. Con tre morti. Tre incolpevoli vittime di una esasperazione generale. Mentre migliaia e migliaia di manifestanti, statali e privati, invadevano le strade della capitale, cinque giovani armati hanno lanciato una molotov contro la porta di un’agenzia della Marfin Egnatia Bank, in centro. Il portoncino, in legno, ha subito preso fuoco e l’incendio si è esteso agli appartamenti privati sopra la banca, chiusa proprio a causa dello sciopero. Tre persone sono rimaste imprigionate in un appartamento e sono morte: due donne (una di loro probabilmente incinta) e un uomo. Sarebbero morti per asfissia. Il premier greco Giorgio Papandreou – a cui è arrivato un messaggio di vicinanza del presidente della Commissione Ue, Barroso – di fronte a queste «violenze incontrollate» ha invocato l’unità nazionale, ribadendo l’invito a un vertice di tutti i leader politici affinché «tutti si assumano le proprie responsabilità». Da parte della polizia è scattata subito una grande operazione per arrestare i colpevoli: decretato lo stato di «allarme generale» e annullati tutti i permessi. Quattro i fermi effettuati dopo poche ore rastrellando fra i gruppi anarchici (che in tv hanno negato il loro coinvolgimento).L’attacco alla banca, ma anche numerosi tafferugli nella capitale. Davanti al Parlamento un gruppo di dimostranti ha lanciato pietre e molotov contro la polizia che ha risposto con cariche e gas lacrimogeni. Tensioni anche in altre città, a Salonicco e Patrasso. La maggioranza dei greci ha sfilato però pacificamente, portando in strada i propri timori per il futuro. In centomila. Proclamato dal sindacato dei dipendenti pubblici Adedy e da quello comunista Pame, a cui si è aggiunta la confederazione del settore privato Gsee, lo sciopero generale di ieri – il terzo dall’inizio della crisi e il primo dopo l’annuncio delle nuove misure di austerity – ha fermato il paese: oscurato da un black-out informativo per lo sciopero dei giornalisti (poi ripreso, dopo la notizia dei morti), bloccato dallo stop al traffico aereo, ferroviario, marittimo e urbano. Sono rimasti chiusi inoltre ospedali, scuole, banche, uffici pubblici e negozi. Giù la Borsa di Atene, cha ha perso il 4%.Il piano varato dal governo di Papandreou e che sarà votato oggi in Parlamento, è criticato oltre che dai sindacati, da tutta l’opposizione politica: Nuova Democrazia (ND, centrodestra) che aveva annunciato la sua contrarietà ieri sera ha però «aperto» alla possibilità di un voto di «unità nazionale». Sull’intesa pesa però l’esigenza di creare una Commissione d’inchiesta sulle responsabilità politiche della crisi, che colpirebbe inevitabilmente l’ex premier Costas Karamanlis già leader di ND. Il governo ha comunque sulla carta l’approvazione garantita grazie alla maggioranza di 160 seggi su 300 di cui gode il partito di governo Pasok.Il piano concordato con Ue-Fmi in cambio di 110 miliardi di euro in tre anni, prevede nello stesso periodo una riduzione della spesa per 30 miliardi grazie al congelamento dell’impiego e a tagli su salari e pensioni per i dipendenti pubblici, riforma fiscale con aumento dell’Iva e delle imposte su carburanti, alcolici, sigarette e beni di lusso. Nonché, in virtù della riduzione delle indennità di licenziamento e degli straordinari, l’estensione della possibilità di licenziare nel settore privato. Misure che non piacciono ai lavoratori. Contro il piano, con slogan contro il governo, l’Ue e il Fmi ma anche per chiedere la punizione dei responsabili della crisi, sono scesi quindi in piazza operai, impiegati, agricoltori, studenti, professori e pensionati, insieme all’intera sinistra parlamentare ed extraparlamentare e al movimento anarchico. La situazione purtroppo è degenerata. E dopo la rabbia e l’orgoglio, adesso c’è la paura. «La Grecia è sull’orlo del baratro – ha detto in serata il presidente della Repubblica Karolos Papoulias –. È responsabilità di tutti noi impedire che si faccia un passo nel vuoto».