Economia

GOVERNO AL LAVORO. Fisco, messi nel mirino i 500 mila baby pensionati

martedì 11 ottobre 2011
​Si fa strada una nuova idea, nel confuso dibattito sui prossimi provvedimenti economici del governo. Fra le ipotesi allo studio, in questo caso già in vista della Legge di stabilità (che sarà varata per prima, forse giovedì prossimo), ci sarebbe anche un prelievo sui titolari di una "pensione-baby". Sarebbe una misura simbolica, non un’altra stangata a carico di una categoria: secondo le indiscrezioni filtrate dai tecnici al lavoro, il prelievo potrebbe essere limitato a un 1% trattenuto sulla pensione di quanti sono usciti dal lavoro con meno di 50 anni d’età. Si tratterebbe più che altro di un intervento sotto il segno dell’equità, per far capire a chi ha potuto lasciare il lavoro molto giovane che è giunta l’ora di dare un contributo al risanamento dei conti pubblici (e anche, a chi già sta sopportando altri sacrifici, che stavolta non ci sono "categorie protette"). Un po’ come l’apertura giunta da Attilio Befera, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, che a proposito del pagamento delle tasse ha affermato: «Credo che sia opportuno pensare a qualche forma premiale, qualche riconoscimento ai contribuenti che le pagano puntualmente». Befera in passato aveva escluso ipotesi del genere, "caldeggiate" invece da Avvenire, ma ieri ha aperto uno spiraglio: «In un sistema che è basato sull’autotassazione, credo sia opportuno», ha dichiarato ai microfoni di Radio2 e poi a un convegno dell’Abi (l’associazione bancaria). Nulla di clamoroso, per carità: potrebbe essere solo «dare un encomio a chi, a seguito di attività di verifica, è risultato perfettamente in regola». In ogni caso, ha riconosciuto Befera, «bisogna fare un’opera di incentivazione, ci stiamo pensando». Anche se, ha aggiunto, le cause dell’evasione vanno cercate «nel dna dell’Italia» e in aliquote che «sono effettivamente elevate». Sul condono Befera si è limitato a dire che «nessuno ha chiesto all’Agenzia uno studio».È il turno delle "pensioni-baby". È l’ultima trovata di questo tribolato scorcio del 2011. Peraltro, si tratta di uno dei pochi, possibili interventi in materia di previdenza che sia gradito alla Lega. Nemmeno questo lo è invece alla Cgil che, per bocca del leader dello Spi (la sigla dei pensionati), Carla Cantone, sostiene che è «inaccettabile e non ha nulla di equo», perché «colpirebbe persone che adesso prendono 6-700 euro al mese e che ormai hanno oltre 60 anni». In effetti sono 20 anni ("riforma Amato" del ’92) che non è più possibile nel pubblico impiego andare in pensione dopo aver lavorato poco (per le donne con figli si arrivò al limite massimo di 14 anni, 6 mesi e un giorno). La mole globale, tuttavia, non è trascurabile: ancora oggi l’Inpdap eroga 428.802 assegni concessi sotto i 50 anni. A questi si sommano altre 106.905 pensioni che rientrano invece nell’Inps, per una spesa complessiva vicina ai 9,5 miliardi l’anno. L’1%, dunque, frutterebbe meno di 100 milioni di euro.