Economia

I 4 pilastri della Ue. Mes, il prestatore di ultima istanza che chiedono i sovranisti

Marco Girardo venerdì 17 aprile 2020

La sala dove si svolge il Consiglio europeo

Il Mes è tornato prepotentemente sulla scena. Dopo le polemiche dell’autunno scorso, in Italia, sulla riforma del vecchio Meccanismo di stabilità, l’Eurogruppo proporrà ai leader europei che si riuniranno il 23 aprile una versione aggiornata del Fondo salva- Stati. Sarà uno dei quattro pilastri per affrontare a livello comune l’emergenza Coronavirus. Una versione 3.0 del Mes che contiene in nuce il lancio dei Coronabond, strumenti di debito garantiti in comune dai Paesi dell’Eurozona, utilizzando, come leva, le risorse versate dai singoli Stati pro quota nel Meccanismo. Anche cosiddetto Mes 'leggero' potrebbe inoltre far attivare le 'Outright Monetary Transactions' lanciate nel 2012 dall’ex presidente della Bce, Mario Draghi, che potenzialmente trasformano l’Eurotower, senza troppe complicazioni sul piano politico, in quanto di più vicino ci sia a un prestatore di ultima istanza. Facciamo un passo indietro, vediamo come funzionava ieri il Mes e come potrebbe invece essere utilizzato domani.

Nuovo nome, vecchio Fondo Il Mes ha sede a Lussemburgo e nasce integrando l’esperienza di altri strumenti: è attivo infatti dal luglio del 2012, noto come Fondo salva-Stati, essendo l’evoluzione dei precedenti meccanismi, Fesf (Fondo europeo di stabilità finanziaria) e Mesf (Meccanismo europeo di stabilità finanziaria), pensati nel 2008 allorché, a seguito della crisi finanziaria ed economica globale, i Paesi all’interno dell’Unione monetaria decisero di tutelarsi per evitare una sorta di effetto domino alimentato dalla speculazione qualora le 'tessere' più fragili fossero crollate. In tal senso il Mes è uno strumento 'vecchio', la cui istituzione risale al Consiglio europeo del dicembre 2010 (premier Berlusconi). Il Mes ha già concesso prestiti ai Paesi in difficoltà, soluzione utilizzata finora da Irlanda, Portogallo, Grecia e Cipro, o per la ricapitalizzazione indiretta delle banche (la richiesta è arrivata dalla sola Spagna). Il Meccanismo viene finanziato dai diciannove Paesi dell’area Euro, con una ripartizione percentuale in base alla loro importanza economica e quindi alla partecipazione al capitale della Bce: la Germania contribuisce per il 27,1 %, seguita da Francia (20,3%) e Italia (17,9%). La 'potenza di fuoco', come si suol dire, complessivamente autorizzata del Mes è di 705 miliardi, ma il finanziamento diretto da parte degli Stati supera di poco gli 80 (l’Italia ha versato 14,3 miliardi, la Francia 20 e la Germania 27). I restanti 615 miliardi possono essere raccolti sui mercati finanziari attraverso l’emissione di bond con durata da 1 mese a 45 anni e un rating molto alto (Aa1 per l’agenzia Moody’s e AAAper Fitch). Di fatto, si tratta di un prototipo di Eurobond.

Gli strumenti del Mes Il Mes dispone di due linee di credito precauzionali: Pccl (Precautionary Conditioned Credit Line) e Eccl (Enhanced Conditions Credit Line). A differenza dei prestiti, finora non sono mai state utilizzate. La Pccl è accessibile a tutti i Paesi dell’area euro la cui situazione economica e finanziaria è fondamentalmente solida. La seconda è accessibile a tutti i Paesi dell’area euro con una situazione economica e finanziaria in generale solida, senza però rispettare alcuni dei criteri di ammissibilità per l’accesso al Pccl, primo fra questi il rapporto debito/ Pil sotto al 60% . La prima riforma del Mes modificava solo i criteri di accesso alla Pccl, rendendoli più stringenti, per andare incontro a quegli Stati solidi, ma colpiti da choc esogeni. La revisione del Trattato è stata bloccata dall’Italia nel dicembre 2019 e prevedeva inoltre l’uso come possibile backstop per il Fondo di risoluzione bancario e una modifica della governance, con maggiori poteri al Fondo salva-Stati rispetto a quelli che ora ha la Commissione.

I nuovi prestiti per tutti e senza condizioni Oggi si discute invece di un nuovo strumento del Mes nell’ambito dei Trattati in vigore. I ministri dell’Eurogruppo propongono una 'Pandemic Crisis Support', una linea di credito per somme fino al 2% del Pil del Paese in difficoltà. Per l’Italia fanno circa 36 miliardi. Il prestito può essere reso disponibile dal Mes «sulla base di termini standardizzati », vale a dire uguali per tutti, con una valutazione semi-automatica riguardo al fatto che il debito del governo da aiutare sia sostenibile. Non ci sono parametri macroeconomici da rispettare né commissariamenti di qualche troika: la sola condizione è che il denaro sia usato per il «finanziamento diretto o indiretto dei costi sanitari, di cura e prevenzione dovuti alla crisi Covid-19». Il Pandemic Crisis Support è basato sull’esistente linea di credito precauzionale Eccl. Senza l’accordo del Ministro dell’economia italiano, questo strumento non si può creare. Tutti gli altri Stati dell’Eurzona sarebbero invece d’accordo. Qualora il nostro governo acconsentisse e il nuovo strumento venisse approvato, l’Italia non sarebbe comunque obbligata a fare domanda, trattandosi di un accesso facoltativo.

Il super scudo Omt Richiedere la Eccl è tuttavia un presupposto indicato nei regolamenti della Bce per attivare le Omt, 'Outright Monetary Transactions'. L’Eurotower potrebbe in tal caso comprare titoli di Stato di un Paese su scadenze fra uno e tre anni senza limiti quantitativi prefissati. In pratica una monetizzazione del debito. L’obiettivo che le Transazioni monetarie si pongono è salvaguardare il canale di trasmissione della politica monetaria per l’area dell’euro, ovvero di impedire che forti tensioni sui mercati dei titoli di Stato possano portare a innalzamenti eccessivi dei tassi di interesse, che a loro volta impedirebbero alle banche e alle imprese di finanziarsi a condizioni economicamente sostenibili e accelererebbero la spirale recessiva del Paese interessato, fino all’eventuale default. Con tale 'super scudo', la Bce diventa così quanto di più vicino a quel prestatore di ultima istanza spesso invocato dai sovranisti italiani, che pure si oppongono al Mes. La decisione di intervenire spetta solo al Consiglio direttivo della Bce.