È "giallo" sulla telefonata tra Draghi e Merkel di domenica: sarebbe stato
Mario Draghi a contattare il Cancelliere tedesco e comunque le indiscrezioni sul contenuto della telefonata, così come riportate da
Der Spiegel, "non hanno niente a che vedere con la verità". Così il portavoce di Angela Merkel ribadisce la posizione di Berlino riguardo alla telefonata avuta tra la Merkel e il presidente della Bce. Intanto, nel pomeriggio, Draghi incontrerà a Parigi il presidente francese
Francois Hollande.Oggetto del colloquio: la situazione economica dell'Eurozona. Il portavoce della Merkel,
Steffen Seibert, ha confermato che c'è stato un "contatto telefonico" ma è stato Draghi a chiamare il Cancelliere e non viceversa come riporta la testata di Amburgo. La telefonata avrebbe avuto come scopo quello di sapere se Draghi ha cambiato idea sull'austerità, chiedendogli conto delle dichiarazioni fatte
a Jackson Hole, dove disse che le politiche europee devono
utilizzare la flessibilità disponibile all'interno delle regole
per spingere la crescita e sostenere i maggiori costi
determinati dalle riforme necessarie. Una posizione ripresa
dal presidente francese Francois Hollande e
sostenuta pure dall'Italia di Matteo Renzi.Sulla flessibilità è in atto una partita che, pur
coinvolgendo la Bce, si sta giocando politicamente soprattutto
tra Berlino, Bruxelles, Parigi e Roma. Le poche notizie che
filtrano dai palazzi Ue confermano che venerdì c'è stato un
incontro tra il presidente uscente e quello entrante della
Commissione, Josè Manuel Barroso e Jean Claude Juncker, e il
commissario per gli Affari economici Jyrki Kataynen per
discutere di alcune ipotesi di lavoro.
Sul tavolo ci sarebbe l'idea di ridurre, a determinate
condizioni, dallo 0,50 allo 0,25% del Pil la necessaria
correzione annuale dei deficit strutturali. E di concedere uno o
due anni di 'grazia' sulla strada dell'azzeramento del deficit a
chi si impegna per realizzare le indispensabili riforme
strutturali. Ipotesi che si inquadrano nell'idea di flessibilità
in cambio di riforme già messa sul tavolo nei mesi scorsi e
rimandata al vertice Ue in programma per fine ottobre, di cui
pare si sia discusso a lungo anche ieri nel corso del summit
dedicato alle nomine. E che, secondo le conclusioni del
Consiglio Europeo, sarà preceduto da un summit informale su
crescita e occupazione (in Italia) e una riunione dei leader
dell'Eurozona.
In questo contesto si inquadra anche il confronto in atto
sull'attribuzione dei portafogli ai futuri commissari europei.
Qui la partita, che Juncker vorrebbe chiudere entro l'8-9
settembre, si gioca sull'assegnazione della titolarità degli
affari economici e monetari, ovvero colui a cui spetterà
vigilare sulla corretta gestione delle finanze pubbliche da
parte degli Stati membri. Le ultime indiscrezioni indicano che
sarebbe caduto il veto tedesco sulla nomina di Pierre Moscovici
(sostenuta da Francia e Italia), ma a condizione che il suo
operato sia 'supervisionatò da un falco nordico del rigore a
cui attribuire la carica di vicepresidente dell'esecutivo Ue.
Un'altra ipotesi vedrebbe le candidature agli affari
economici di Katainen e Moscovici eliminarsi a vicenda. Il rebus
potrebbe essere risolto affidando a Moscovici un portafoglio
'sviluppò (in pratica il coordinamento del piano di rilancio da
300 miliardi di euro annunciato da Juncker) e al finlandese le
competenze sulla politica industriale. Mettendo agli affari
economici l'attuale presidente dell'Eurogruppo, l'olandese
Jeroen Dijsselbloem, che la stampa del suo Paese dà oggi in
uscita dal suo incarico. O il ministro dell'Economia danese
Margrethe Vestager, di cui è stata ufficializzata ieri la
candidatura. E poco importa se la Danimarca è fuori
dall'Eurozona, visto che la presidenza dell'Eurosummit ieri è
stata affidata a Donald Tusk, premier di un altro Paese, la
Polonia, fuori dall'euro.