Rapporto Cnel. La pandemia ha colpito 12 milioni di lavoratori
Il presidente del Cnel Tiziano Treu
Ci sono più ombre che luci nella fotografia del mercato del lavoro scattata dal Cnel nel suo «Rapporto sul Mercato del lavoro e la contrattazione 2020». La crisi conseguente alla pandemia ha colpito circa 12 milioni di lavoratori tra dipendenti e autonomi,– costretti ad una riduzione o ad una sospensione dell'attività. Rispetto alle crisi economiche tradizionali questa ha colpito in maniera differenziata settori, territori e generazioni, andando ad aumentare le diseguaglianze. Il rapporto sul mercato del lavoro sarà presentato domani nell'ambito di un'assemblea in collegamento telematico presieduta dal presidente Tiziano Treu. Interverranno la ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, e il director, Employment, Labour and Social Affairs Oecd, Stefano Scarpetta.
Giovani dimenticati. A soffrire di più, a causa anche dello scarso investimento su formazione e inserimento nel mondo del lavoro, sono stati i giovani. Una "dimenticanza" che vincola al ribasso le possibilità di crescita italiane. «Se non si inverte questa tendenza non solo si pregiudicano le prospettive economiche del Paese, ma si rischia di alterare in profondità il patto fra le generazioni che è un elemento costitutivo dell'assetto sociale, della sua equità e stabilità» è il monito che arriva dal Rapporto.A quantificare la gravità della situzione non è solo il tasso di disoccupazione che ha il limite di non prendere in considerazione chi si scoraggia e non cerca più attivamente lavoro. La percentuale di Neet (Neither in Employment nor in Education or Training) include anche questa categoria di persone. Nella fascia tra i 25 e i 34 anni – fase della vita cruciale per la costruzione dei progetti di vita – era pari a 23,1% nel 2008, mentre nel 2019 era salita a quota 28,9% a fronte di una media europea pari al 17,3%.Dal Rapporto del Cnel emerge «la persistente debolezza dei percorsi formativi e professionali». Bassa è anche l'incidenza di laureati (27,6% nella fascia 30-34 rispetto all'obiettivo europeo di salire, sempre entro il 2020, oltre il 40%). La quota di ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non hanno completato la scuola secondaria superiore (early leavers) è scesa nella prima parte del decennio scorso da oltre il 18% a valori attorno al 14%..
Lavoro nero e diseguaglianze. La situazione del mercato del lavoro già peggiorata a causa delle conseguenze della pandemia «è destinata molto probabilmente ad accentuarsi e diventare esplosiva con l'interruzione della cassa integrazione e la fine del blocco dei licenziamenti» si legge nel Rapporto. Il rischio è che una parte degli esuberi venga assorbita dall'economia sommersa, andando ad aumentare la quota di lavoro nero già in crescita negli ultimi anni.Se i dati più drammatici riguardano l'occupazione giovanile con 2 milioni di Neet e quella femminile che si è ridotta di quasi 2 punti percentuali da febbraio ad oggi, non destano minore preoccupazione il mancato rinnovo dei contratti per oltre 10 milioni di lavoratori (77,5% del totale), l'inadeguatezza del sistema scolastico e formativo nella formazione delle competenze, l'aumento della povertà e delle disuguaglianze.«La crisi prodotta dal Covid e dai provvedimenti adottati per contrastare l'emergenza sanitaria ha alterato in profondità il funzionamento del mercato del lavoro come dell'economia, con impatti diversificati per settori, per territori e per gruppi sociali, allargando divergenze e diseguaglianze storiche» sottolinea il presidente Treu.
Le fratture provocate dalla pandemia seguono linee diverse da quelle presenti in altre crisi, perché non sono correlate con gli usuali parametri economici ma alle questioni organizzative e alla maggiore o minore esposizione al rischio di contagio. Infatti, gli impatti più gravi si sono verificati non nelle attività manifatturiere, ma in settori ad alta intensità di relazioni personali come il turismo, la ristorazione, le attività di cura, e i servizi in genere. Secondo il Cnel la pandemia ha messo in evidenza non poche falle nel nostro sistema di protezione sociale, sia negli ammortizzatori – cassa integrazione e Naspi – sia nel più recente reddito di cittadinanza che doveva fornire un aiuto economico ai poveri e, in ipotesi, ad aiutare quelli abili al lavoro a trovare occupazione.