Economia

Coronavirus. Mense scolastiche chiuse, il personale chiede più tutele

Maurizio Carucci sabato 25 aprile 2020

Una mensa scolastica

Addette e addetti alle mense scolastiche “dimenticati” dallo Stato. Con la chiusura delle scuole a causa dell’emergenza Coronavirus hanno perso il lavoro e molti non hanno alcuna tutela. «Scrivo queste righe a nome mio e di tutte le 20mila e più colleghe che in Italia versano nelle medesime condizioni – spiega una di loro -. Siamo una categoria tra le più fragili e abbondonate del nostro settore e nelle attuali circostanze non è stata spesa neanche una parola nei nostri confronti. Siamo ferme dal 24 febbraio. Alcune aziende hanno anticipato il Fis-Fondo d’integrazione salariale, altre - non potendo farsi carico di tale incombenza - hanno preferito delegare il pagamento all’Inps. Nel nostro settore la maggior parte del personale sono mamme single o separate la cui unica fonte di reddito proviene appunto dall’attività lavorativa nell’ambito della ristorazione scolastica, che serve a far fronte seppur con tante difficoltà al mantenimento della famiglia in toto: figli, affitto, bollette e cibo. Alcune hanno contratti da 15 ore settimanali. Non penso sia difficile capire le difficoltà che la nostra categoria sostiene, già nella normale vita quotidiana, a maggior ragione in questo momento, che a causa dell' emergenza Covid-19 si è vista lo stipendio sostituito dagli ammortizzatori sociali, che l'hanno ridotto non del 25%, ma con le tasse al 40%. Non bastasse, l’Inps non ha ancora provveduto a versare un centesimo».

Ma al ritardo dei pagamenti da parte dell’Istituto di previdenza, bisogna aggiungere anche la durata del contratto, che prevede la sospensione estiva, per cui la retribuzione - che va da settembre al 10 giugno - cessa di esistere con la chiusura delle scuole in estate e la situazione diventa ancor più grave. Da anni il sindacato chiede a gran voce di modificare le parti che penalizzano i dipendenti «in maniera eclatante e disumana» senza riuscire nel loro intento. Risulta vana e negata la possibilità di accedere alla disoccupazione nei mesi estivi, in quanto il contratto di part time ciclico non lo prevede. «Da parte nostra – dichiara Massimo Stronati, presidente di Confcooperative Lavoro e Servizi – garantiamo tutte le tutele possibili alle nostre lavoratrici e a i nostri lavoratori. In questo periodo di chiusura di scuole e Università a causa del Coronavirus, abbiamo assicurato gli ammortizzatori sociali agli addetti e alle addette delle mense scolastiche. Siamo sempre attenti ai loro bisogni e alle loro esigenze. Anche nel periodo estivo, per chi non vuole andare in ferie e intende avere una continuità retributiva, cerchiamo di utilizzare il personale in altre attività».

Tuttavia una gran parte degli addetti e delle addette alle mense scolastiche si ritrova ogni anno nei mesi estivi senza nessuna fonte di reddito e nessun sostegno da parte di alcuna istituzione che pensi a dare una dignità anche a loro, costrette – quando è possibile - a farsi mantenere dai genitori. «Alcune di noi e in verità poche – continua la nostra interlocutrice - riescono a trovare un lavoro nei mesi estivi: per lo più le fortunate sono le persone giovani. Peccato però che la maggior parte di chi svolge la nostra attività è in una fascia compresa tra i 50 e i 60 anni, le quali il lavoro, quel poco che c'è, non lo trovano anche per un discorso di età anagrafica. Insomma, per noi di questo settore tutte ingiustizie che subiamo da anni». Al danno anche la beffa. Con il blocco delle attività turistiche e di ristorazione, infatti, chi poteva trovare un qualche possibile impiego in alberghi, ristoranti o bar avrà pochissime possibilità.

Accorato l’appello di alcune addette alle mense scolastiche unite in un gruppo Facebook: «Ci hanno lasciate sole, deluse, preoccupate obbligate a una cassa integrazione con indennizzi da fame. Noi ci siamo riunite virtualmente per ora, ma non staremo ferme a guardare che ci distruggano e ci rubino anche la nostra dignità». Non vogliono essere "dimenticate". Almeno per quest’estate chiedono «un sostegno economico valido, che possa consentire di poter vivere» e «l’uguaglianza dei diritti di chi a scuola ci lavora come insegnante e operatrice scolastica e percepisce lo stipendio 12 mesi l’anno».