L'analisi. Meno vendono e più ricavano, il paradosso dei marchi auto
Meno vendono e più ricavano: è il paradosso che emerge dall’esame delle trimestrali di quasi tutti i marchi automobilistici, pubblicate in questi giorni. Pandemia, crisi dei chip, ritardi nelle forniture e di conseguenza nelle consegne delle vetture ai clienti finali, propensione all’acquisto in calo in un clima depresso anche dalla guerra in Ucraina: la “tempesta perfetta” che si è scatenata sull’auto ha affossato il mercato a livello globale, ma non gli incassi. I costruttori automobilistici, in particolare i brand “premium”, si sono concentrati sulla produzione di veicoli con margini più elevati, e la mancanza di forniture ha fatto aumentare i prezzi mediamente del 27% sia per le auto nuove sia per quelle usate. Contemporaneamente la carenza di vetture in pronta consegna ha fatto smaltire la zavorra economica delle auto a “km zero” e di quelle invendute nei piazzali dei concessionari cancellando la pratica degli sconti e delle promozioni, a tutto svantaggio dei clienti finali ma non certo delle case costruttrici.
Non è sorprendente allora che l’utile operativo della tedesca Bmw sia aumentato del 12% nel primo trimestre (e i ricavi del 16,3%), nonostante un calo del 6,2% nel numero di auto vendute (596.907). Bmw ha affermato che «i prezzi più elevati hanno anche aumentato le entrate derivanti dalla vendita di veicoli in leasing, in particolare in Usa e UK. E contribuito a compensare in parte l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia». Anche Stellantis ha chiuso il primo trimestre con risultati commerciali contrastanti: le consegne hanno subito un forte calo, ma i ricavi sono cresciuti a doppia cifra grazie al miglior mix di prezzo e prodotto, e al contesto valutario favorevole. Ieri il Gruppo guidato da Carlos Tavares ha annunciato che sono stati consegnati 1,374 milioni di veicoli, il 12% in meno «a causa degli eventi avversi che caratterizzano questo momento storico ». Il fatturato però è cresciuto del 12% a 41,5 miliardi di euro. Il Gruppo ha attribuito la crescita dei ricavi anche alla forza dei nuovi modelli di Jeep in Nord America; di DS, Fiat, Opel e veicoli commerciali leggeri in Europa; ancora Jeep, Peugeot e Citroën in Medio Oriente e Africa; Fiat, Jeep e Peugeot in Sud America.
Discorso analogo per Volkswagen: l’utile, dopo le tasse, è aumentato anno su anno da 3,4 miliardi di euro a 6,7 miliardi di euro tra gennaio e marzo. Nonostante il Gruppo abbia consegnato circa un quinto dei veicoli in meno a causa della crisi dei semiconduttori e prodotto quasi il 12% di auto in meno, il fatturato è aumentato leggermente dello 0,6%, a 62,7 miliardi di euro. La più grande casa automobilistica europea ha sottolineato «che sta ancora superando varie crisi, tra cui una carenza globale di chip, problemi alla catena di approvvigionamento legati alla guerra in Ucraina e nuovi blocchi causati dal Coronavirus in Cina».
Trimestrale record anche per Mercedes- Benz: il Gruppo di Stoccarda ha registrato un utile operativo di 5,3 miliardi di euro con un fatturato di 34,9 miliardi, che rappresenta un margine operativo del 15% (16,2% per la sola divisione automobilistica). «Il calo delle vendite - ha spiegato Mercedes – è stato compensato dall’aver puntato sulle vetture di fascia alta, che permettono di realizzare margini migliori». In controtendenza Ferrari, che ha chiuso il primo trimestre con un utile netto di 239 milioni di euro (+16%), supportato però dal 17% di vetture vendute in più. Ma Ferrari, si sa, gioca sempre una partita a parte.