Inclusione. Mediatori culturali e opportunità per i rifugiati
Anche l'Acnur favorisce l'inserimento lavorativo dei rifugiati
L'accoglienza dei migranti e dei rifugiati può rappresentare una risorsa anche per il mercato del lavoro. All'inizio dell'anno le assunzioni di lavoratori stranieri erano tornate a crescere con tassi cospicui, un "effetto rimbalzo" dovuto alla ripresa delle attivazioni dei rapporti di lavoro dopo la fase contrattiva del 2020, segnata dall'impatto dell'emergenza sanitaria sull'economia italiana. Complessivamente, tra il II trimestre 2020 e il II trimestre 2021, le attivazioni di rapporti di lavoro dipendente e parasubordinato aumentano di oltre 1,1 milioni di unità, 160 mila delle quali riferite a lavoratori comunitari ed extracomunitari. Inoltre, vanno considerati i 160mila contratti in somministrazione in più che risultano attivati nello stesso periodo, di cui 35mila per cittadini stranieri. In questo contesto in continuo divenire, segnato dalle crisi geopolitiche ed economiche, un ruolo fondamentale può essere rappresentato dal mediatore culturale, una figura professionale che opera per facilitare l’interazione, la collaborazione e la convivenza negli ambienti multiculturali, sia tra i cittadini di origini e culture varie che con le istituzioni pubbliche. In Italia manca ancora un quadro normativo unificato per definire il profilo professionale, le qualifiche, le mansioni e l’inquadramento contrattuale. La situazione varia da regione a regione, certe volte anche da comune a comune. È intorno agli anni 1990-1995 che iniziano i primi corsi di formazione per mediatori culturali. Generalmente finanziati dalle Regioni o dal ministero del Lavoro, alcuni altri dal Fondo Sociale Europeo (Cies e Fondazione Andolfi a Roma, Cospe a Firenze). All’inizio i corsi erano frequentati in maggioranza da italiani. È solo in un secondo momento che ci si è resi conto del fatto che non si trattava solo di mediazione linguistica (tradurre da una lingua all’altra) né di mediazione culturale (avvicinare un profano a un concetto o una disciplina culturale). La via più semplice per avviarsi alla professione è, con il diploma di scuola media superiore, seguire un corso di specializzazione organizzato dagli enti locali o dalla Regione (quasi sempre gratuito) che rilasciano una qualifica di mediatore culturale. Per una preparazione più specifica le lauree più indicate sono Scienze sociali, Scienze dell'Educazione o Psicologia con indirizzo o specializzazione in educazione professionale. Ma anche Scienze Politiche o, dove presenti, lauree in Mediazione linguistica e culturale, spesso organizzate come percorso interfacoltà tra le facoltà di Lettere e Scienze politiche. Tuttavia per iniziare davvero un percorso lavorativo, la via più diretta è quella di imparare una lingua straniera. Esiste poi la strada dei master di I e II livello in studi interculturali e mediazione culturale. La disciplina richiede quindi, oltre alla conoscenza della lingua di origine e dell’italiano, anche una buona conoscenza sia della cultura di origine degli immigrati che quella del Paese di approdo. In una fase storica in cui la presenza di stranieri è percepita come negativa, imparare una lingua non europea - in particolare arabo - può essere una vera opportunità per trovare un lavoro. Molti ospedali, tribunali, scuole e questure non hanno mediatori culturali e linguistici che svolgano il ruolo di tramite tra docenti e allievi, tra medici e pazienti e tra giudici e imputati. I mediatori hanno la possibilità di trovare un posto di lavoro in strutture pubbliche e nel settore non profit, che offrono servizi per immigrati, nonché in servizi pubblici generali, presso uffici stranieri delle principali città, ma anche nelle scuole per favorire l'integrazione dei bambini immigrati, nei servizi sanitari, nei commissariati di polizia, nei tribunali, nelle carceri, negli uffici pubblici e anche nei sindacati e nelle associazioni di categoria.
Le iniziative a favore dell'accoglienza e le buone pratiche
Dal 2017 l'Acnur-Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu ha deciso di assegnare un riconoscimento alle imprese che si sono distinte con attività specifiche di integrazione lavorativa dei beneficiari di protezione internazionale. Il premio Welcome - working for refugee integration - assegnato quest'anno a 107 aziende, tra cui Barilla, Carrefour, Decathlon, Gucci, Ikea - si inserisce all’interno di un vero e proprio programma di inclusione lavorativa sostenuto dal ministero del Lavoro, da Confindustria e dal Global Compact Network, con il supporto della Fondazione Tent e della Commissione Europea. Il progetto ha premiato negli anni un totale di circa 350 aziende che hanno favorito l’inserimento lavorativo di oltre 10mila beneficiari di protezione. Nel biennio 2020-21 è stato favorito l’inserimento professionale di oltre 6mila rifugiati. Nello specifico Orienta ha avviato un percorso di collocazione lavorativa dei rifugiati, riuscendo a occupare 395 persone nel solo biennio 2020-2021. «L'attribuzione per la seconda volta del prestigioso riconoscimento ottenuto dall’Acnur testimonia come per noi di Orienta l'impegno per l'inserimento lavorativo dei rifugiati e dei beneficiari di protezione di tutto il mondo non sia un fatto episodico, ma faccia parte del nostro comune sentire e della responsabilità che avvertiamo verso le persone meno fortunate, che hanno scelto di ricominciare una nuova vita nel nostro Paese – spiega Giuseppe Biazzo, ad di Orienta –. È per noi motivo di grande orgoglio, ma allo stesso tempo di stimolo per continuare con maggior impegno e senso di responsabilità sociale nella costruzione di un modello di società inclusiva, e nello specifico verso coloro che sono costretti ad abbandonare il proprio Paese di origine a causa di fatti gravissimi come guerre, conflitti e persecuzioni. Con il nostro lavoro siamo riusciti ad assumere oltre 500 persone richiedenti asilo sostenendo così un processo di integrazione in Italia». Anche Domethics, la pmi torinese attiva nel mondo dell’Internet of Things, ha ricevuto dall'Acnur il riconoscimento Welcome. Infatti ha assunto un ragazzo di origine siriana emigrato per ragioni politiche, che è stato inserito nel team Ricerca e Sviluppo. L’inserimento è avvenuto grazie alla partnership con Powercoders, l'accademia di programmazione informatica per rifugiati, che dal 2017 offre corsi intensivi e opportunità di collocamento in aziende operanti nel settore informatico con l'obiettivo di promuovere le pari opportunità e l’inserimento lavorativo per i rifugiati più talentuosi. A fronte della situazione drammatica scaturita dalla guerra in Ucraina, Gi Group Holding ha creato una task force a livello globale e un team di emergenza ad hoc per coordinare le attività sul campo e ha lanciato alcuni progetti dedicati all’inserimento dei rifugiati e delle rifugiate nel mercato del lavoro. Quindici donne tra i 30 e i 50 anni rifugiate ucraine sono state coinvolte in un progetto realizzato da Gi Group e Avsi - organizzazione non profit che realizza progetti di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario in 38 Paesi, inclusa l'Italia - in partnership con un player della grande distribuzione con l’obiettivo di reintegrarle in Italia pro tempore. La proposta, che le donne hanno accettato su base volontaria, era quella di ricoprire il ruolo di banconiste part-time all’interno di una catena retail. Tutte le posizioni si concentrano nella città di Milano ed è stato adottato un criterio di vicinanza al domicilio per l’assegnazione del punto vendita. Inoltre, tutte e 15 hanno partecipato a un corso di lingua italiana della durata di tre settimane. Gi Group Holding ha inserito oltre 1.500 persone in fuga dall’Ucraina nel mercato del lavoro in Polonia e Repubblica Ceca grazie alla collaborazione con oltre 90 aziende partner. Sono invece più di 230 i minori supportati nell’inserimento a scuola e nelle nuove realtà. È stata attivata la piattaforma condivisa https://changelives.gigroup.com/ per favorire la raccolta di opportunità di lavoro da parte delle aziende clienti supportando i rifugiati nella ricerca di un nuovo impiego anche attraversi workshop di orientamento. Inoltre Gi Group Holding ha aderito ad Accoglienza e Lavoro, il progetto promosso da Assolavoro - l’Associazione nazionale delle Agenzie per il lavoro - in collaborazione con l’Acnur. I servizi sono erogati ai titolari di permesso di soggiorno per protezione internazionale (status di rifugiato e protezione sussidiaria), protezione temporanea o protezione speciale, oppure a coloro a cui è stato rilasciato un documento equipollente da parte della questura in attesa del rilascio di uno fra i menzionati permessi di soggiorno. Tra i servizi, orientamento e prima formazione, bilancio delle competenze, corsi base di lingua italiana, corsi di formazione professionale. Openjobmetis ha invece realizzato progetti di ricerca, selezione, formazione tecnica e inserimento al lavoro per migranti, fatti in accordo con associazioni, Ong e aziende. Oltre 1.100 richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale sono stati inseriti dal 1° gennaio 2020 al 31 novembre 2021 con un contratto di durata maggiore di 30 giorni. Partnership anche con Croce rossa e l’azienda Amplia Infrastructures del Gruppo Autostrade per progettare e sviluppare attività atte a promuovere l’inclusione sociale e lavorativa di richiedenti. The Adecco Group promuove da oltre dieci anni, in Italia e nel mondo, iniziative per le persone rifugiate, al fine di favorirne l’inserimento lavorativo. Tra le azioni intraprese negli ultimi mesi rientrano il webinar Inclusion@Work, che ha avviato un confronto sulle possibili strategie da mettere in campo per rendere il mondo del lavoro sempre più inclusivo, offrendo opportunità di crescita alle persone e alle imprese, e l’assegnazione del premio Welcome di Acnur Italia, attribuito al Gruppo per il suo ruolo distintivo nell’integrazione lavorativa delle persone rifugiate. Alle attività di sensibilizzazione, si aggiungono progetti di formazione, upskilling e reskilling realizzati con le imprese che, attraverso questi servizi, scelgono di intraprendere un percorso di inclusione di persone titolari di protezione internazionale. Manpower, assieme al Comune di Treia (Macerata) e alla Caritas di Civitanova Marche (Macerata), ha dato il via a un progetto d’integrazione per rifugiati ucraini che allo stesso tempo ha l’obiettivo di venire incontro alle richieste d’assunzione delle imprese. Tale progetto prevede due iniziative specifiche, la prima riguarda l’inserimento in azienda come addetti al confezionamento dei rifugiati ucraini interessati a questa opportunità: la filiale Manpower di Civitanova Marche ha organizzato le persone proposte da Comune di Treia e Caritas in un gruppo di lavoro eterogeneo, ponendo attenzione alla presenza di almeno un parlante italiano e un automunito. In questo modo, coloro che sono stati selezionati hanno potuto essere inseriti in azienda in tempi brevi e superare agilmente eventuali ostacoli linguistici e problemi di mobilità. Le persone al momento entrate in azienda sono quattro, e altre sono previste per le prossime settimane. La seconda azione in ottica di integrazione riguarda, invece, corsi di italiano rivolti ai rifugiati ucraini e accessibili anche a chi non ha alcuna conoscenza della lingua. Uscire dalle logiche dell’emergenza, costruire percorsi condivisi tra amministrazioni, cittadini e Terzo settore, fare tesoro delle esperienze e di quanto appreso in questi anni. È con questo spirito che si sono ritrovati a Padova 20 Comuni italiani per presentare ad Anci, rappresentata nella persona di Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato all’Immigrazione dell’associazione dei Comuni una proposta ufficiale di inserimento dell’accoglienza in famiglia nelle politiche strutturali dell’accoglienza. Nell’ambito di questo progetto, è stato sottoscritto un memorandum da parte di altri Comuni italiani. Il documento impegna i firmatari a formare e mantenere una rete di scambio di buone pratiche relativamente al tema dell’accoglienza in famiglia.