Economia

POLITICA ECONOMICA. Manovra, il governo non incontra gli enti locali

martedì 6 luglio 2010
Comuni, Province e Regioni giudicano «gravissimo» il fatto che il governo non li abbia ancora convocati per discutere dei tagli loro imposti in manovra. «Non potremmo che considerare gravissimo e inaccettabile il diniego circa la richiesta del sistema delle autonomie territoriali di avere un incontro con il presidente del Consiglio e con i ministri interessati dalla manovra», scrivono in una nota congiunta Sergio Chiamparino (Anci), Vasco Errani (Conferenza delle Regioni), Giuseppe Castiglione (Upi) e Enrico Borghi (Uncem), a seguito della notizia che il governo non intenderebbe svolgere l'incontro chiesto la scorsa settimana.«In questo modo verrebbe meno il principio di leale collaborazione che è la base delle corrette relazioni istituzionali su cui si fonda la nostra Costituzione. È quindi necessario convocare in tempi rapidissimi una riunione di tutti i livelli istituzionali della Repubblica», continua la nota. La manovra viene finanziata con forti tagli a Regioni, Province e Comuni. In totale i minori trasferimenti pesano per 6,3 miliardi di euro nel 2011, 8,5 nel 2012 e 8,5 nel 2013. Arrivano però 300 milioni l'anno per Roma capitale. Il grosso dei tagli viene dalle Regioni, che dovranno sostenere minori risorse per 13 miliardi nel triennio al 2013.Il presidente Vasco Errani ha convocato la Conferenza delle Regioni per domani alle 10 con all'ordine del giorno anche valutazioni sulla manovra. Lo si apprende dal sito della Conferenza. Le Regioni hanno fortemente contestato i tagli da 13 miliardi in tre anni previsti dal governo per contenere i conti pubblici, ma anche oggi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti ha escluso ridimensionamenti.«Anche le Regioni devono fare la propria parte», ha detto Bonaiuti dopo che ieri Silvio Berlusconi ha annunciato la fiducia sul maxiemendamento del governo che sarà a saldi invariati.LA RICETTA ANTICRISI DI SACCONI«Stabilità e crescita devono procedere insieme. La stabilità è però la premessa inesorabile per la crescita e se fosse realizzata con logiche depressive non determinerebbe la crescita o la determinerebbe in modo moderato e senza occupazione». Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi ribadisce che per superare la crisi il Paese deve realizzare insieme stabilità dei conti e crescita economica e per farlo, è «giusto seguire un percorso nel quale fin dalle prime battute l'attività di Governo si è configurata, cioè avere meno Stato e più società».Nel suo intervento all'assemblea di Confesercenti Sacconi spiega che per avere «meno Stato è importante fare di necessità virtù, cioè comprendere che la crisi ha segnato uno spartiacque profondo rispetto al passato. Il 2007 rappresenta un tempo passato, e lo dobbiamo ricordare come un altro mondo. La discontinuità rispetto a quel tempo è fondamentale».Secondo il ministro «oggi dobbiamo fare cose che fino a due o tre anni fa non avremmo fatto. Ma oggi nei paradigmi competitivi dobbiamo cambiare il perimetro delle pubbliche amministrazioni, l'invasività dell'amministrazione pubblica. L'obiettivo è quello di ridurre molti oneri impropri nelle amministrazioni pubbliche per liberare energie vitali di comunità che se rimesse nelle condizioni di operare meglio sanno fare molto di più. Dobbiamo quindi cambiare il peso delle amministrazioni pubbliche».