Manifattura. L'indice Pmi europeo affonda trascinato da Francia e Germania
Il settore dell'auto è uno di quelli in maggiore difficoltà
Suona l’allarme rosso per la manifattura italiana ed europea con un calo della produzione, degli ordini e delle esportazioni, ma anche dei livelli occupazionali, che non si vedeva da anni. Se le difficoltà della Germania sono manifeste da tempo, non sta meglio la Francia e anche l’Italia chiude il 2024 con un deciso ridimensionamento. L'Indice Hcob Pmi - indicatore composito che misura nuovi ordini, produzione, occupazione, tempi di consegna dei fornitori e scorte di acquisto – da sempre considerato il termometro dello stato di salute dell’economia reale è un vero e proprio bollettino di guerra.
L'indice dell’eurozona a novembre tocca il livello di 45,2 dai 46 di ottobre, ben al di sotto dalla soglia dei 50 che separa la crescita dalla crisi. La Germania e la Francia vanno ancora peggio rispettivamente con il 43 (stabile) e il 43,1% (con un calo consistente dal 44,5 di ottobre). In campo ancora positivo la manifattura spagnola con l’indice al 53,1 sia pure in calo rispetto al mese precedente e alle stime.
L'indice pmi dell’Italia segna a novembre 44,5 punti, in discesa dai 46,9 di ottobre e sotto i 45,7 punti attesi dal mercato. Si tratta del livello minimo dell’anno con quattro parametri su cinque sono negativi. Sono i nuovi ordini ad avere agito da freno a mano condizionando a cascata tutto il resto. Il calo delle nuove commesse è stato collegato da molte aziende campione alle deboli condizioni della domanda e ai maggiori livelli di incertezza. Il crollo delle esportazioni è legato in modo particolare alla crisi della Germania. In questo scenario i livelli di produzione sono diminuiti, le esigenze di materiale si sono di conseguenza ridotte con un calo degli acquisti. Le aziende hanno deciso di utilizzare le giacenze esistenti per supportare la loro produzione. Le minori esigenze di produzione hanno ridotto la pressione sulla capacità dei fornitori, con i tempi medi di consegna più brevi, maggiore disponibilità dei beni e un rallentamento dei prezzi (il più alto da marzo). Sul fronte occupazionale molti contratti in scadenza non sono stati rinnovati, il tasso di tagli del personale è stato il maggiore in oltre quattro anni, risultando in generale elevato. Un dato simbolico della capacità produttiva ai minimi termini arriva dal lavoro inevaso: a novembre ha fatto registrare il calo più rapido in oltre 15 anni. Nonostante questo le aziende manifatturiere italiane sono ottimiste e prevedono un aumento della produzione nei prossimi dodici mesi.
"Il settore manifatturiero italiano sta sprofondando e la situazione è seria. L'indice principale, infatti, è peggiorato dal 46,9 di ottobre sino a raggiungere a novembre 44,5" ha detto Jonas Feldhusen, Junior Economist, Hamburg Commercial Bank AG. "La causa principale della scarsa prestazione - spiega l'esperto - è la debole situazione degli ordini sia nazionali che esteri, entrambi al collasso. Data l'incertezza politica, aumentata ulteriormente lo scorso mese dopo gli eventi di Berlino e Parigi, non è una sorpresa che le aziende e i consumatori stiano rimandando o persino cancellando i loro investimenti. I produttori manifatturieri, di conseguenza, stanno tagliando i loro livelli produttivi". In questo contesto, le aziende del settore manifatturiero stanno riducendo i loro livelli del personale, soprattutto nel settore automobilistico. La competizione cinese e la minore domanda di vetture elettriche stanno riducendo le vendite, ha sottolineato Feldhusen “con notizie recenti che riportano il temporaneo fermo della produzione di alcune fabbriche. Il nuovo calo del Pmi del sottosettore dei beni intermedi suggerisce che la debolezza del settore automobilistico continua a influenzare altre parti del settore manifatturiero".
Sulla manifattura italiana pende poi la spada di Damocle della nuova politica tariffaria di Trump, gli imprenditori italiani devono rimanere prudenti rispetto a previsioni di miglioramento degli affari sotto la sua amministrazione, specialmente per quelle aziende che dipendono fortemente dalle esportazioni verso gli Usa. "Riteniamo che l'applicazione delle tariffe potrebbe soprattutto avere un impatto su nazioni come Germania e Italia, poiché sono particolarmente vulnerabili a causa della forte dipendenza dall'industria manifatturiera e dalla domanda estera".
Va ancora peggio se si guarda ai livelli complessivi dell’eurozona con l’indice manifatturiero che ha fotografato una contrazione dei nuovi ordini, della produzione, delle attività di acquisto e giacenze. A preoccupare i livelli occupazionali, con un calo paragonabile solo a quello del mese di agosto del 2020 in piena pandemia. In particolare la Germania e l'Austria che hanno riportato forti tagli del personale. Il tasso di contrazione è stato leggermente più forte di quello medio osservato nell'attuale periodo di declino, iniziato a luglio del 2022.
"I dati raccolti a novembre appaiono terribili. La recessione del manifatturiero dell'eurozona non sembra destinata a diminuire e, con i nuovi ordini in calo veloce e accelerato, non ci sono segni di una imminente ripresa" ha commentato Cyrus de la Rubia, Chief Economist presso la Hamburg Commercial Bank, analizzando i dati Pmi. "Secondo le nostre previsioni a brevissimo termine ha proseguito - la produzione del settore manifatturiero del quarto trimestre calerà dello 0,7% rispetto a quello precedente, indicando un crollo che probabilmente si estenderà al nuovo anno. La contrazione è generale e ha colpito le tre maggiori economie dell'eurozona. La Germania e la Francia stanno avendo i risultatati peggiori, e l'Italia non sta decisamente meglio. Osservando i sottosettori, quello dei beni capitali è stato colpito più duramente e, con uno sviluppo interessante, le aziende spagnole di questo segmento hanno mostrato una crescita più rapida. Questo probabilmente è collegabile alle forti alluvioni che hanno colpito la Spagna, dove circa 100.000 macchine sono state distrutte e quindi dovranno essere sostituite".