Economia

Analisi. «Disoccupazione giovanile vera piaga del Paese»

martedì 1 aprile 2014
"Il problema della disoccupazione giovanile è enorme, ma continuiamo a leggere male i numeri. Il dato sulla disoccupazione dei 15-24enni diffuso oggi dall’Istat e pari al 42,3% (678mila) è grave, ma molto meno di quello relativo ai 25-34enni che è al 18%. Infatti guardando ai dati del 2013 (ultimi resi disponibili dall’Istat per tutte le fasce d’età) la disoccupazione dei 15-24enni pari al 40% equivale a 655.420 individui, mentre quella dei 25-34enni pari al 17,7% equivale a 928.112 individui". Così Guido Carella presidente di Manageritalia commenta gli ultimi dati sulla disoccupazione usciti oggi. Secondo le elaborazioni effettuate da AstraRicerche e Manageritalia nel 2013 a fine anno proprio i 25-34enni sono tra i disoccupati in assoluto i più numerosi, 928.112 (con un tasso di disoccupazione 17,7%), seguiti dai 35-44enni (751.951, 9,9%), dai 15-24enni (655.420, 40%) e dai 45-54enni (576.624, 8%)."Il vero salto di qualità – spiega Carella – è cominciare a ragionare di occupazione e economia leggendo i dati giusti e agendo di conseguenza. Nella fascia d’età 15-24 i giovani dovrebbero essere nella stragrande maggioranza nella parte finale del loro percorso formativo scolastico. Mentre dopo i 24 anni, sperando che concludano nei tempi gli studi universitari e/o quelli superiori, dovrebbero certamente essere al lavoro. È quindi molto più elevata e grave la disoccupazione dei 25-34enni, che sono anche numericamente la fascia di disoccupati più cospicua"."A questo punto - continua il presidente di Manageritalia - leggendo bene i numeri dobbiamo lavorare per far studiare più a lungo e regolarmente i giovani nella fascia d’età 15-24 anni, mentre dobbiamo trovare un lavoro e dignitoso a tutti, ma ancor più ai giovani tra 25 e 34 anni. E, come noto e sottolineato da varie ricerche a livello mondiale, conoscenze e competenze elevate, oltre a essere un’indubbia crescita personale, sono oggi indispensabili anche per accedere ad un lavoro di qualità, avere un’economia competitiva e per contribuire maggiormente a creare occupazione per tutti gli altri."Quindi - conclude Carella - se vogliamo pensare di crescere e restare, meglio ritornare, tra i paesi più avanzati e benestanti, dobbiamo capire e decidere su quali settori e business ad alto valore aggiunto vogliamo scommettere per il nostro futuro e di quali competenze abbiamo bisogno. Per fare questo serve anche un dialogo molto più sinergico, efficace, efficiente e costruttivo tra scuola e mondo del lavoro. Solo così possiamo ripartire e dare un futuro ai giovani, a tutti e al Paese".