Forum di Davos. Il piano di Macron per cambiare la globalizzazione
Il presidente francese Emmanuel Macron al Forum di Davos
L’Europa può offrire al mondo un’idea di globalizzazione diversa sia da quella ostile di Donald Trump e dei suoi dazi plateali sia da quella idilliaca di Xi Jinping e dei suoi progetti egemonici. Nel secondo giorno del World Economic Forum di Davos il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno proposto la costruzione di quello che Macron ha definito un «nuovo quadro globale condiviso, basato sulla cooperazione e il multilateralismo».
L'Europa come modello di multilateralismo paziente
Merkel ha introdotto la questione, ribadendo come per l’Europa e la Germania l’unico approccio possibile sulle questioni internazionali sia quello del multilateralismo, cioè della convidisione dei problemi tra tutti i sogetti coinvolti per trovare soluzioni comuni. Una strada diversa sia da quella degli accordi tra singoli Stati che da quella delle scelte isolate. «Chiuderci rispetto al resto del mondo e isolarci non ci porteranno verso un futuro positivo – ha detto la cancelliera tedesca mandando così il suo messaggio al presidente americano –. Il protezionismo non è la risposta adatta. Noi crediamo che se sentiamo che manchino equità e reciprocità, allora dobbiamo trovare risposte multilaterali e non imboccare strade protezionistiche che ci porteranno verso l’isolamento».
L’Europa dei 28 Stati (presto 27), in questo senso, è un modello di cooperazione per il resto del mondo. Chi sta fuori dall’Unione europea fatica a capire come tanti interessi diversi possano convivere, ha ammesso Merkel. «Serve pazienza, per azioni multilaterali, può esserci l’impressione che agire a livello nazionale sia più rapido». Però per la Germania è l’unica strada possibile. Quindi occorre un’Europa «più unita» ha aggiunto Merkel, ammettendo che con il collega Macron questo progetto ottiene «nuovo impeto». Il presidente francese si è confermato a Davos il nuovo leader dell’Ue.
Ha ripreso l’appello di Merkel al multilateralismo ma ne ha fatto il centro di un discorso più ampio, la cui estrema sintesi è che la Francia vuole essere protagonista nella competizione globale (il presidente ha promesso interventi forti su educazione, innovazione, digitale e semplificazione burocratica), ma per riuscirci deve essere dentro un’Europa più forte, integrata e altrettanto riformista. Questa la premessa per impegni concreti.
Un piano strategico decennale di integrazione europea
Entro la fine dell’anno, ha annunciato Macron, l’obiettivo è siglare un piano strategico decennale per una maggiore integrazione europea a livello economico, politico, finanziario, militiare, ambientale. Se questa ambizione per alcuni Paesi è eccessiva, allora bisogna farla con chi ci sta: «Non dobbiamo aspettare di essere tutti d’accordo. Se alcuni sono pronti a integrarsi e ad essere ambiziosi per difendere i loro valori e i loro interessi, bene, facciamolo. Chi non vuole andare avanti non deve bloccare le ambizioni degli altri» ha avvertito Macron (mostrandosi subito pronto a rinunciare a una certa dose di multilateralismo, all’occorrenza).
Nel piano del presidente francese un’Europa più integrata può esercitare il suo ruolo di potere globale al pari di Stati Uniti e Cina. «L’Europa è unica nella relazione che ha al suo interno tra libertà, equità e diritti individuali» ha ricordato il presidente francese, notando come negli Usa ci sia più libertà ma meno equità e come in Cina sostanzialmente manchi la libertà. Dall’Europa può quindi partire il progetto di questa riforma della globalizzazione, per renderla «più giusta, sostenibile, in favore delle classi media, capace di attivare i giovani». In definitiva una globalizzazione «comprensibile e buona per la nostra gente» conclude Macron, che con la forza del Front National ha visto probabilmente più da vicino di Merkel come si sentono le persone «lasciate indietro dalla globalizzazione».
Le schermaglie commerciali tra Stati Uniti e Cina
Il progetto di una globalizzazione guidata dall’Europa manda in secondo piano le schermaglie tra Washington e Pechino. Il presidente cinese Xi Jinping ha inviato a Davos il suo stratega economico Liu He, che ha ribadito quanto la Cina sia contraria al protezionismo e quanto i piani di sviluppo del Paese possano offrire enormi opportunità per le aziende di tutto il mondo. Wilbur Ross, responsabile del Commercio dell’amministrazione Trump, con poca diplomazia ha notato come «la Cina sia superba nella retorica del libero scambio e nel comportamento protezionista ».
Parole dure che però nella sostanza sono condivise anche dall’Europa, dove il commissario al Commercio, Cecilia Malmström, da mesi segnala come, al di là delle parole, Pechino non abbia fatto nulla per concretizzare l’apertura della sua economia. Ross ieri ha anche argomentato la scelta del bilateralismo come metodo di trattativa, perché semplifica e velocizza i negoziati e perché, con trattative a due, nessun Paese può essere danneggiato da concessioni fatte da un altro Paese. Domani toccherà direttamente a Trump spiegare come la vede e illustrare il senso della strategia "America First" davanti a una platea di Davos decisamente poco sensibile ai suoi argomenti.