Economia

MERCATI. L’oro non si ferma più e sfiora i 1.300 dollari

Alessandro Bonini giovedì 23 settembre 2010
La febbre dell’oro sale di giorno in giorno. Nell’ultima settimana il prezzo del metallo giallo ha aggiornato più volte i massimi, toccando ieri quota 1.295 dollari/oncia. Secondo gli analisti il bene rifugio per eccellenza potrebbe varcare i 1.300 dollari entro la fine dell’anno, se non a questo punto nelle prossime ore. La soglia è già stata sfiorata ieri per i contratti a futura scadenza. A pesare sono i continui timori di una ripresa economica debole, soprattutto negli Stati Uniti, nonché il deprezzamento del dollaro, che spinge gli investitori a cercare «riparo» nell’oro e favorisce i compratori in altre valute. Rispetto a dieci anni fa la quotazione è quintuplicata, facendo anche temere una possibile bolla speculativa. Invece la corsa non si è fermata. Dall’inizio dell’anno l’oro ha già guadagnato il 18%, trainando al rialzo gli altri metalli preziosi: argento (+24%), platino (+10%), palladio (+36%). Con i tassi d’interesse perennemente ai minimi il denaro "facile" contribuisce a invogliare gli acquisti. Non a caso l’ultimo record è arrivato dopo la riunione della Fed che ha ventilato misure aggiuntive di liquidità. E nell’attuale fase di incertezza il metallo giallo è visto come un rifugio sia nel caso di un aumento dell’inflazione sia nell’ipotesi che si verifichi lo scenario opposto, cioè la deflazione. I vari addetti ai lavori sono concordi nel prevedere un ulteriore rafforzamento dell’oro. La maggiore società di consulenza del settore, la londinese Gfms, stima una quotazione di 1.300 dollari entro la fine dell’anno e non esclude che il rally prosegua anche nel 2011. La domanda, osservano i suoi analisti, salirà di pari passo con i timori sulla ripresa americana e sull’inasprimento del debito di alcune economie sviluppate. Inoltre nel 2010 le banche centrali mondiali torneranno a risultare acquirenti netti di oro, a livelli che non si vedevano dal 1988, dopo un decennio in cui avevano ridotto le loro riserve. In  rialzo anche la domanda da parte della gioielleria, seppure limitata al 3,5% nel secondo semestre del 2010 rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Un altro fattore che contribuisce agli aumenti è il cosiddetto dehedging: le compagnie minerarie che si sono impegnate a consegnare oro quando i prezzi erano più bassi (hedging) "ricomprano" le forniture promesse per cavalcare l’ondata rialzista.  Una mossa di questo tipo è stata annunciata da AngloGold Ashanti, il terzo colosso del settore.  Ad approfittarne saranno infine i piccoli risparmiatori, agevolati dalla relativa facilità di investire nel metallo prezioso, sia acquistandolo fisicamente sia attraverso certificati e titoli quotati. Secondo la compagnia mineraria sudafricana Harmony l’oro arriverà a toccare i 1.500 dollari entro fine anno. Per l’economista Giacomo Vaciago i prezzi salgono «perché in questo momento nessuno più sta scommettendo sul dollaro, sullo yen, sul rame, sul petrolio o sul grano». Pertanto, non appena l’economia darà segni di ripresa «le quotazioni sono destinate a calmarsi, perché la liquidità enorme che circola sui mercati si sposterà su altri beni». Quello che viene comperato a piene mani in questi giorni «è puramente oro finanziario», ha ricordato il direttore dell’Istituto di Economia e Finanza nell’Università Cattolica di Milano. Per questa stessa ragione un "mago" della speculazione come George Soros ha da poco lanciato  il suo avvertimento. Le quotazioni dell’oro saliranno ancora, ha detto  l’investitore miliardario, ma prima o poi scenderanno. E allora saranno dolori. Per ora sono in pochi a credere che il rifugio nasconda una trappola, ma se dovesse accadere sarà davvero come dice Soros «la madre di tutte le bolle».