Analisi. L'economia come il clima: un'incertezza che mina il futuro
La notizia dell’inflazione italiana tornata in questo mese di ottobre 2023 a livelli “umani”, con i prezzi che hanno registrato un aumento su base annua limitato all’1,8%, assomiglia per tanti aspetti alla meravigliosa giornata di sole di cui ha beneficiato il Nord Italia dopo una notte di tempesta che ha prodotto il consueto corollario di frane, esondazioni e allagamenti: un po’ di sereno in un contesto che sappiamo caratterizzato da un’instabilità strutturale e da una tensione continua. L’economia e la crisi climatica oggi sembrano avere molto in comune.
Il presidente dell’associazione delle casse di risparmio, Francesco Profumo, parlando nel contesto della celebrazione della Giornata mondiale del risparmio, ha detto qualcosa che aiuta a capire questa analogia: «Chi ha meno di trent'anni è cresciuto in uno scenario di crisi costanti e di rapide trasformazioni, a partire dalla crisi finanziaria del 2008. A differenza delle generazioni che li hanno preceduti, i nostri ragazzi non hanno sperimentato l'alternarsi di stagioni di crescita e di crisi».
È drammaticamente vero. L’economia ha sempre manifestato fasi altalenanti, alti e bassi, cadute, anche dolorose, e ripartenze, secondo una ciclicità che pure senza replicarne il ritmo offrivano un incedere non molto diverso dalla regolarità delle stagioni. Dalla Grande Crisi in poi ogni certezza sembra essere svanita. È come se dopo una giornata di sereno sapessimo già che si tratta solo di attendere il prossimo evento estremo, un lungo periodo di siccità o chissà cos’altro. Questo stato non condiziona solo le aspettative dei giovani e delle famiglie che verranno, ma è il “clima” che avvolge le famiglie italiane da troppo tempo. Anche nelle piccole cose.
L’inflazione cala, ma in realtà i prezzi continuano a salire, specie quelli degli alimentari e delle spese per la casa: l’unica differenza è che crescono meno di un anno fa. I listini dell’energia sono diminuiti, ma il riferimento resta il record precedente di aumenti. È un susseguirsi di notizie contrastanti, con un Pil che si è fermato a rendere più cupo lo scenario di fondo. Un anno fa l’Iva sui prodotti per l’infanzia e gli assorbenti era stata ridotta al 5%, ma poiché questo taglio non ha avuto un effetto sui prezzi ora il governo l’ha riportata al 10%, che è meno di quando era al 22%, ma è più di ora. La manovra per il 2024 manterrà il taglio del cuneo fiscale, nel tentativo di rendere le buste paga più pesanti in un contesto caratterizzato da retribuzioni troppo basse.
Eppure il beneficio, per la sua natura, non potrà tenere conto dei carichi familiari e dei figli di una coppia, mentre premierà redditi individuali a prescindere dalla ricchezza globale della famiglia. La manovra offre novità interessanti a favore della natalità, come la decontribuzione temporanea per le madri con 2 o 3 figli, o i sostegni generosi per l’asilo nido, tuttavia l’insieme delle misure delineate è talmente ricco di clausole e limiti che non riesce a restituire appieno una prospettiva di serenità e stabilità sul lungo periodo.
C’è, è vero, un problema di sostenibilità dei conti pubblici, a causa di scelte irresponsabili compiute nel recentissimo passato, come l’aver perso totalmente il controllo sui crediti d’imposta dei bonus edilizi, ma è proprio questo il punto: a prescindere dai governi, dalle singole misure, o dalle belle giornate di sole, il clima in cui siamo calati da tempo è quello di un’incertezza strutturale di fondo, nella quale la sola consapevolezza è relativa all’enorme fatica cui siamo chiamati per provare ad uscirne. Le guerre nel mondo ci ricordano che restiamo beneficiari di un grande privilegio. Questo non toglie che si potrebbe incominciare a guardare agli interventi che toccano le famiglie – lquelle già formate e quelle che devono venire – con un approccio che vada oltre la mitigazione.