Economia

Cina. La vendetta cinese sul brandy francese. Ma sullo stimolo Pechino delude i mercati

Paolo M. Alfieri martedì 8 ottobre 2024

Un display evidenzia il calo dell'indice azionario di Hong Kong

Da un lato l’annuncio di nuove mosse nella sfida sui dazi con l’Unione Europea, con nuove tariffe doganali che prendono di mira in particolare il brandy francese, dall’altro la mancanza di dettagli su ulteriori misure legate allo stimolo fiscale, elemento atteso dai mercati considerate le difficoltà dell’economia cinese. Pechino ha giocato ieri una partita a corrente alternata, provando a mostrare i muscoli ma con esiti incerti. Le tensioni commerciali con l’Ue restano alte. Pechino ha annunciato che, da venerdì, richiederà agli importatori di brandy europeo di depositare pesanti cauzioni alla dogana cinese, una misura che colpisce soprattutto la Francia, sostenitrice dei dazi Ue contro i veicoli elettrici cinesi.

Lo scorso anno le importazioni di brandy francese in Cina hanno raggiunto un valore pari a 1,7 miliardi di dollari, un mercato dunque di tutto rilievo. Non è un caso che ieri le azioni di produttori e di marchi come Pernod Ricard, Remy Cointreau e di Lvmh, detentore di Hennessy, abbiano riportato pesanti perdite. Pechino – che ha sottolineato che adotterà tutte le misure necessarie per salvaguardare i diritti e gli interessi legittimi delle industrie e delle imprese cinesi - ha inoltre ufficializzato che sta studiando misure come l’aumento dei dazi sull’import di veicoli di grossa cilindrata. Il tutto mentre provvedimenti analoghi potrebbero presto colpire anche la carne di maiale importata dall’Ue, in particolare dalla Spagna. Venerdì scorso gli Stati membri dell’Ue hanno confermato l’imposizione di dazi doganali aggiuntivi sulle auto elettriche importate dalla Cina, nonostante l’opposizione della Germania, che teme una guerra commerciale con Pechino. La Commissione Europea ha ora mano libera per aggiungere alla tassa del 10% già in vigore una sovrattassa fino al 35% sui veicoli a batteria di produzione cinese. I dazi compensativi entreranno in vigore alla fine di ottobre, ma la risposta cinese non si è fatta attendere.

Le autorità cinesi continuano intanto a dichiararsi «pienamente fiduciose» di raggiungere l’obiettivo di crescita del Pil per il 2024, ma gli effetti della crisi immobiliare, del crollo dei consumi e dell’aumento della disoccupazione mettono a rischio traguardi significativi. Gli investitori attendevano ieri qualche annuncio decisivo da Zheng Shanjie, presidente della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme, che ha tenuto una conferenza stampa a Pechino limitandosi però a ribadire l’ottimismo nel «proseguimento di uno sviluppo stabile, sano e sostenibile». Dieci giorni fa, il primo pacchetto di stimolo per l’economia aveva fatto impennare i mercati azionari. E anche ieri, prima delle (scarne) parole delle autorità cinesi, il listino Csi 300, composto dai principali titoli cinesi, aveva guadagnato il 10%, prima di retrocedere fino al +5,9%. Parallelamente, crollavano le azioni di Hong Kong (-9,41%, ai minimi da 16 anni).

La seconda economia mondiale si è posta un obiettivo di crescita di circa il 5% quest’anno, obiettivo considerato ottimistico da molti analisti. Dopo gli annunci a pioggia degli ultimi mesi senza effetti apparenti, alla fine di settembre le autorità cinesi hanno presentato misure importanti, dai tagli dei tassi d’interesse a prestiti immobiliari più accessibili. La maggior parte dei provvedimenti annunciati ha preso di mira il settore immobiliare, a lungo una forza trainante della crescita cinese e ora in profonda crisi, con costruttori come Country Garden ed Evergrande fortemente indebitati e sull’orlo del fallimento. In particolare, la banca centrale ha tagliato il tasso di interesse a un anno applicato dalle istituzioni finanziarie, ha ridotto il deposito richiesto per un prestito immobiliare e ha abbassato i tassi ipotecari esistenti. Gli analisti speravano ieri in un’importante emissione obbligazionaria o in politiche di sostegno ai consumi delle famiglie, ma avvertono anche che saranno necessarie riforme più ampie del sistema economico cinese per ridurre il debito del settore immobiliare e rilanciare i consumi, i principali ostacoli alla crescita. «A meno che la Cina non introduca riforme strutturali per rilanciare i consumi non credo che assisteremo a un cambiamento importante», ha evidenziato Alicia Garcia Herrero, capo economista per la regione Asia-Pacifico di Natixis.