I protagonisti di EoF. Le favelas rigenerate e una scuola dei sogni
Sofia Croso Mazzuco, archietto brasiliano, tra i protagonisti della terza edizione di EoF
«A12 anni sognavo spazi pieni di luce. Erano sogni che mi facevano sentire molto bene. Al risveglio provavo a ridisegnarli, ma non ne ero capace, non avendo la conoscenza necessaria. Ho cercato nell’architettura gli strumenti per provare a restituire quel sentimento di luce e di pace, una luce quasi spirituale». Sofia Croso Mazzuco è architetta e urbanista. Inseguendo il suo sogno, a 34 anni ha accumulato considerevoli esperienze: dal disegno alla gestione di progetti, alla ricerca sulle problematiche urbane e di inclusione, fino a «esplorare le frontiere fra l’architettura collaborativa, l’innovazione sociale e i Beni comuni urbani».
Nata e cresciuta a Säo Paulo, si è formata all’Università presbiteriana Mackenzie, per poi fare un master in Urban design e City planning alla Bartlett School of Planning di Londra. Da ricercatrice urbana e progettista ha lavorato all’Urban Land Institute. La sua tesi magistrale sulla 'Ri-significazione degli spazi pubblici nei Beni comuni urbani' ha ulteriormente ampliato i suoi orizzonti scientifici, mai separati dal mestiere del fare. «È stato il mio tutor – ricorda – a introdurmi al concetto di 'commons' del Nobel di economia Elinor Ostrom, di come le persone interagiscono per mantenere sul lungo termine i livelli di produzione di risorse comuni ». Fra i progetti che ha realizzato a Londra, le 'Empathy walks': «Sono passeggiate empatiche su percorsi alieni per permettere alle persone di mettersi nelle scarpe degli altri», sintetizza. Poi, l’arricchente esperienza in Italia: «Sono stata invitata a far parte di LabGov, che da anni sperimenta, prima a Bologna poi in altre città e quartieri, nuove forme di citymaking, per trasformare le aree urbane in spazi collaborativi più umani e ugualitari, attraverso una gestione policentrica, politiche pubbliche e progetti partecipativi», rileva. Dal 2019 Sofia ha aderito all’Economia di Francesco ed è oggi fra i coordinatori del villaggio tematico 'Politiche per la felicità', dove sviluppa un piano inclusivo di 'mappatura di comunità fiorenti'.
L’analisi comune gira intorno all’interrogativo: nell’era dello 'sharing' e dell’economia collaborativa, ci può essere spazio per un nuovo disegno delle istituzioni pubbliche? A giudicare dal lavoro svolto sul campo dalla giovane architetta sembra proprio di sì, perché Sofia rincorre non solo i suoi sogni, ma ha trasformato in realtà quelli altrui. Con progetti come la 'Escola dos Sonhos', nel villaggio Pedra Furada nello stato di Sergipe in Brasile, dove ha potuto applicare la visione dei beni comuni al processo architettonico. «È in una regione del nord disagiata dove, in collaborazione con le organizzazioni non profit nel 2018 abbiamo cominciato i workshop di architettura collaborativa, per progettare la scuola in base ai desideri della comunità», racconta l’urbanista. «Abbiamo cominciato con il ridisegnare l’intero curriculum scolastico, perché quello tradizionale non serviva allo sviluppo di una comunità di pescatori ». Una costruzione Lego, con ogni colore collegato a una funzione, è servita perché ognuno mettesse in comune i propri desideri e le necessità. «È stata la comunità a tracciare la base del progetto, noi architetti l’abbiamo solo facilitato. Abbiamo consultato esperti in edilizia con materiali naturali locali, per recuperare una cultura che si era perduta».
Un’utopia compiuta che ha ricevuto i due più importanti premi di architettura in Brasile. Un’altra intensa esperienza di 'democrazia urbanistica' ha portato l’urbanista a partecipare alla rigenerazione di tre favelas a Santos, con un gruppo di 60 persone, coinvolgendo la popolazione locale nel programma 'Guerrieri senza armi' dell’Istituto Elos. «Non è stato facile per l’elevato livello di criminalità ma abbiamo imparato che tutti vogliono il meglio per gli spazi civici cui vivono.. Molti, arrivati all’inizio con la pistola alla mano, hanno sfoderato alla fine il pennello », sostiene Sofia. Dell’EoF l’ha attratta «la sfida su come costruire assieme la felicità come bene comune », perché. «quanto più sono connesse, sostenibili, coese e felici, tanto più le comunità sono resilienti ». «Nel villaggio di EoF – rileva – siamo in tanti, architetti, economisti, filosofi, giuristi con conoscenze e provenienze diverse a indagare su come creare gli strumenti legali che facilitino la collaborazione nelle aree urbane. Il progetto di cartografia inclusiva delle comunità fiorenti punta a evidenziare le linee di connessione fra le persone e non quelle di divisione».