Economia

Le misure. Aree di crisi, un piano da 370 milioni

Pietro Saccò mercoledì 7 settembre 2016
Il governo ha presentato ai sindacati il piano per i lavoratori delle cosiddette 'aree di crisi complessa', zone del Paese in cui, come ha spiegato il ministro Giuliano Poletti, «i processi di reindustrializzazione non hanno coinciso con i tempi relativi alla durata degli ammortizzatori». Le aree coinvolte sono Gela, Molise, Taranto, Termini Imerese, Ascoli Piceno, Rieti, Livorno, Trieste e Piombino. Sono territori per i quali esistono piani di rilancio che ancora non sono partiti e dove 35-40mila persone rischiano di ritrovarsi, per un certo periodo, privi di un aiuto e in attesa di un nuovo impiego. Per loro c’è un stanziamento di 370 milioni di euro totali, ha spiegato Poletti. Il piano del ministero del Lavoro è fatto di tre interventi. Il primo, che vale 85 milioni di euro, è una proroga della cassa integrazione straordinaria. Per molti lavoratori delle aree di crisi, infatti, prima della fine dell’anno termineranno i dodici mesi della cassa straor- dinaria, che normalmente non può essere ulteriormente allungata. Grazie al nuovo stanziamento ci sarà invece la possibilità di un altro anno di cassa integrazione, nell’attesa che un rilancio delle fabbriche possa permettere a queste persone di tornare al lavoro. Il secondo intervento, il più cospicuo, dal momento che vale 150 milioni di euro, consiste in un sostegno di 500 euro netti al mese, sempre per un anno, per quei lavoratori che a fine anno non avranno la possibilità di accedere ad altri ammortizzatori sociali, come l’indennità di disoccupazione Naspi o la mobilità. Questo sussidio sarà concesso a patto che queste persone siano disposte a inserirsi in percorsi per trovare un nuovo lavoro (le Regioni coinvolte saranno chiamate a versare il 20% di quello che versa lo Stato per le politiche attive nel lavoro in queste aree). Il terzo intervento, da 135 milioni di euro, consiste nell’estendere da 3 a 4 mesi l’indennità Naspi per i lavoratori stagionali ricorrenti, cioè quelli che per tre anni su quattro abbiano lavorato almeno sei mesi l’anno nei settori del turismo o delle terme. Tutto questo pacchetto sarà inserito all’interno del decreto correttivo del Jobs Act, che sarà discusso dal consiglio dei ministri entro due settimane. I sindacati si sono mostrati abbastanza soddisfatti. È «una buona notizia» ha detto Gigi Petteni, della Cisl, chiarendo che si tratta di «prime risposte» dato che «il lavoro deve continuare », anche ragionando sul documento congiunto che le organizzazioni dei dipendenti hanno condiviso con Confindustria sulle situazione di crisi. «Certo oggi non si chiude la partita ma il capitolo di garantire le aree di crisi segna un risultato importante nell’immediato. Oggi abbiamo portato a casa un pezzo, ci batteremo con tenacia per raggiungere altri risultati» conclude il sindacalista. Più negativo il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino, che ha parlato di «interventi parziali, non sufficienti, di sola risposta alle emergenze» mentre sarebbero servite «modifiche più profonde sugli ammortizzatori». Secondo Guglielmo Loy della Uil, infine, questo piano è una sorta di «tampone» per i territori, utile ma non risolutivo: «Il governo ha preso atto di ciò che abbiamo chiesto, del fatto che il Jobs Act andasse rivisto. Certo il piano è un’aspirina di fronte all’emergenza ma è un primo passo».