Lavoro domestico. Tra welfare e lotta al sommerso
Un'anziana a passeggio con la badante
Badanti, cameriere, baby sitter. Sono due milioni di addetti, ma il 52,3% è irregolare. Lo rivela il IV Rapporto annuale sul lavoro domestico a cura dell'Associazione Domina. Secondo lo studio, il comparto è nettamente al comando della triste classifica per tasso di irregolarità, contro una media nazionale del 12%. Elaborando dati Inps, Domina rivela che nell'ultimo anno le famiglie italiane hanno speso oltre 15 miliardi di euro per il lavoro domestico: 8,1 miliardi per la componente regolare e sette miliardi per quella irregolare. «Il settore - spiega Domina - ha contribuito nel 2021 alla creazione di 17,6 miliardi di valore aggiunto, pari all'1,1% del Pil nazionale. Ciò ha determinato un risparmio di 10,1 miliardi per le casse dello Stato (0,6% del Pil), ovvero l'importo di cui lo Stato dovrebbe farsi carico se gli anziani accuditi in casa venissero ricoverati in struttura». In alcune realtà territoriali l'impatto sul Pil è maggiore: Umbria (1,51%), Sardegna (1,48%) e Lazio (1,4%). Le famiglie sono preoccupate anche per l'incremento degli stipendi delle badanti. Con l'aumento dell'inflazione, che dal gennaio 2023 ha fatto scattare un incremento del 9,2% dei minimi retributivi, il costo per la gestione degli anziani e dei non autosufficienti rischia infatti di diventare insostenibile. Così la pensano quasi sei famiglie datrici di lavoro domestico su dieci. Il 59% delle famiglie associate ad Assindatcolf-Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico a cui è stato somministrato un questionario tra il mese di dicembre 2022 e il gennaio 2023, ha dichiarato insostenibile o solo parzialmente sostenibile la spesa per la badante. A motivare l'insostenibilità della spesa per le prestazioni di una badante vi sono ragioni che rimandano soprattutto al crescente bisogno di assistenza, da una parte, e all'indisponibilità futura di risorse avendo già usufruito dei propri risparmi per mantenere il livello di assistenza attuale e necessario, dall'altra. È quanto emerge dallo studio Il lavoro domestico. Una risorsa per il nuovo welfare, realizzato dal Censis. Secondo il report, nella scala di priorità degli strumenti più urgenti da adottare nell'ambito della tutela della non autosufficienza, le famiglie posizionano al primo posto la previsione di incentivi all'assunzione per ridurre il costo che si deve sostenere per la badante. Segue, al secondo posto, la promozione di interventi di sanità preventiva presso il domicilio delle persone anziane. Al terzo posto, il miglioramento dell'invecchiamento attivo, con la predisposizione di accessi facilitati ai servizi sanitari e sociali. Interpellate sui nuovi strumenti di tutela previsti nel disegno di legge delega in favore delle persone anziane, otto famiglie su dieci (l'82,9%) hanno dichiarato di preferire una prestazione universale in denaro commisurata all'effettivo fabbisogno assistenziale, con la previsione di una maggiorazione in presenza di personale domestico regolarmente assunto, rispetto all'importo dell'attuale indennità di accompagnamento senza vincoli di utilizzo, scelto solo dal 17,1% degli intervistati. Oltre allo stato d'animo delle famiglie nell'attuale congiuntura, lo studio affronta anche questioni di portata più generale, come l'invecchiamento della popolazione e le prestazioni irregolari nel lavoro domestico. Sono poco più di 14 milioni le persone con almeno 65 anni e circa tre milioni le persone con gravi limitazioni nelle attività svolte abitualmente. «Alla soluzione di queste criticità si confida possano, almeno in parte, rispondere alcuni provvedimenti presi di recente come il Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso, il Family Act ma, soprattutto, il disegno di legge delega in materia di politiche in favore delle persone anziane, attualmente all'esame del Parlamento - ha affermato Andrea Zini, presidente di Assindatcolf -. Il nostro auspicio è che nella stesura definitiva della legge, e successivamente nell'adozione dei decreti delegati, possano essere recepite le indicazioni che arrivano direttamente dalle famiglie, oramai consapevoli di come la gestione della non autosufficienza non possa più essere affidata a soluzioni precarie, provvisorie o fai da te. Al contrario, servono aiuti concreti che rendano sostenibile la spesa e, allo stesso tempo, facciano emergere il lavoro irregolare». Nei periodi di crisi, il lavoro domestico e cura della persona resta comunque una colonna portante dell'economia italiana e del welfare. L’Oil-Organizzazione internazionale del lavoro stima che il settore potrebbe generare, se supportato da politiche economiche e sociali, circa 1,4 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030. Secondo i dati Inps, i lavoratori domestici regolari sono stati oltre 961mila. Tra questi, vi è una netta prevalenza di donne (85%) e una forte presenza straniera (70%), proveniente per lo più dall’Est Europa. Anche se negli ultimi anni si è registrato un aumento sia degli uomini che della componente italiana. Le donne italiane sono comunque oltre un quarto del totale (27,4%). Il 12,4% dei domestici è rappresentato da uomini stranieri, mentre gli uomini italiani rappresentano il 2,6%. Inoltre il numero dei datori di lavoro domestico in regola è aumentato del 13,3% dal 2019 al 2021. Sono oltre un milione i datori di lavoro di colf, baby sitter e badanti noti all’Inps, con una crescita nel triennio che è del 18,3% in Lombardia ma arriva al 34,2% in Puglia. Una spinta all’emersione dei rapporti di lavoro domestico è arrivata dalla sanatoria dei lavoratori extracomunitari avviata nel 2020, ma l’aumento non copre l’intera platea delle famiglie che si avvalgono di collaboratori. Tra i datori di lavoro, i grandi invalidi sono oltre 100mila, in aumento dell’8,4% fra il 2019 e il 2021. La retribuzione media mensile dei lavoratori domestici è di 962 euro per gli italiani e 911 euro per gli stranieri.
L'Osservatorio europeo dei servizi alla persona e alla casa