Economia

RIFORMA DEL LAVORO. Bersani a Monti: no diktat sull'articolo 18

giovedì 22 marzo 2012
​L'impronta del governo Monti sulla riforma del mercato del lavoro non raccoglie l'approvazione del Pd. Dopo tanta speculazione sul reale atteggiamento del centrosinistra, è toccato al segretario del Pd, Pierluigi Bersani, dagli schermi di Porta a Porta, esplicitare l'atteggiamento politico con cui il partito guarderà alla riforma Fornero una volta approdata in Parlamento. La polemica è sul nuovo testo dell'art.18 sui licenziamenti individuali ed il giudizio è netto: "Non va bene perché sposta  i rapporti di forza tra lavoratori e imprese". Se è evidente una convergenza con l'opinione della Cgil, Bersani incalza:"il problema non è ciò che dice la Cgil bensì bensì la tutela dei diritti dei lavoratori". Ed allora "il Pd si impegnerà in Parlamento a correggere l'art. 18 con una certa idea di modello sociale".La critica del leader del Pd a Monti è originale: giusto aggiustare il mercato del lavoro ma "aggiustiamolo allatedesca e non all'americana". Bersani parte dal riconoscimento di aspetti positivi della manovra sul mercatodel lavoro a partire dall'aggravio del costo dei contratti a tempo determinato su quelli a tempo indeterminato o alla resurrezione della norma dell'allora ministro del Lavoro Damiano contro la pratica delle dimissioni in bianco e rivendica questo all'azione del Pd ma, ribadisce, sull'art 18 non ci siamo:"È venuta fuori una cosa che non condividiamo perché è una soluzione all'americana". Cosa ci si deve aspettare allora nella riunione al Ministero del lavoro di questo pomeriggio, nel giorno delladesignazione del nuovo presidente di Confindustria? Il governo ha assunto l'atteggiamento di chi considera chiuso il confronto, rinviando eventuali modifiche al dibattito parlamentare, un dibattito che, chiarisce Bersani, non può essere considerato blindato. "Non esiste l'ipotesi di un decreto legge" afferma, perchè "non mi aspetto Monti possa dire al Pd 'prendere o lasciarè. Noi votiamo quando siamo convinti, con noi si deve ragionare". Il segretario del Pd non si arrende e sollecita a proseguire il confronto anche con la Cgil, osservando che "il governo deve puntare ad un accordo tenendo conto di tutte le posizioni e non solo obbedire ai mercati". Eppure lo scenario che si profila è la stanca ripetizione delle trattative condotte dal Ministro del centrodestra, Maurizio Sacconi: un accordo separato con l'isolamento della Cgil, nonostante che questa (è Bersani che parla), "non sia rimasta ferma su tutto". In effetti lo scoglio del mercato del lavoro sta innovando i percorsi che hanno caratterizzato sin qui l'azione del governo ed i suoi rapporti con il Parlamento. Di passaggi sconcertanti ce ne sono tanti in questa vicenda. Il primo è il vertice "Abc" con Monti che ha fatto gridare allo scandalo perché avrebbe (e ora il condizionale èassolutamente d'obbligo), fissato confini alla riforma del lavoro: a cosa è servito se il risultato è quello odierno? Il secondo aspetto riguarda il rapporto con le parti sociali. Monti ha curiosamente respinto ogni ipotesi consociativa, dimenticando, per un momento, la natura costitutiva del suo governo ma, lo ha ricordato, ancora una volta, Bersani, la concertazione è alla base della possibilità che il Paese ce la faccia ad uscire dalla crisi. Al fondo dell'atteggiamento del Pd l'interrogativo,irrisolto, sotteso alle parole di Bersani: perchè il Monti tedesco in finanza pubblica sceglie per il modello sociale quello americano?IL MONITO DI NAPOLITANOAttenzione e misura. Per valutare una riforma che non è "solo l'articolo 18" e che necessariamente deve comportare dei sacrifici per tutti, visto che "le risorse sono e saranno limitate". Nel giorno in cui si infiamma la polemica politica e i sindacati riuniscono i propri vertici sulla proposta del governo per la riforma del lavoro, dal Presidente della Repubblica arriva un richiamo alla moderazione, e un invito a tutti, governo in primis, a prendersi le proprie responsabilità. Invito che non spegne però la 'rabbia' della Cgil che, fa sapere, considera la partita tutt'altro che chiusa. Il sindacato di Corso d'Italia annuncia lo sciopero generale perché "il governo scarica sui lavoratori e pensionati tutti i veri costi delle operazioni che vengono fatte: il risanamento, il peso della crisi. Ma nemmeno in casa Uil sono soddisfatti dell'esito di una "trattativa anomala", come l'ha definita il segretario generale Luigi Angeletti, che avrà bisogno ancora di modifiche per ottenere un giudizio positivo. E lo stesso leader della Cisl Raffaele Bonanni, più 'conciliante' rispetto alla posizione del governo, ammette che sui licenziamenti si è arrivati sì a una "mediazione ragionevole" ma che la soluzione è un "compromesso" che "può essere migliorato". Mentre dall'Ugl - come ribadisce il segretario Giovanni Centrella - arriva un "sì sofferto". L'appello di Napolitano rimbalza ovviamente anche in Parlamento, che dovrà dire l'ultima parola sulla riforma, come ha detto il premier Mario Monti. Dalle 'opposizioni', dalle quali nessuno certo si aspettava sostegno all'esecutivo, arriva una bocciatura della riforma, con Bossi che chiarisce che "ogni cosa che fa il governo Monti è sbagliata" e l'Idv che si spinge già a minacciare "il Vietnam parlamentare". Ma anche dallo stesso Pd, pur diviso, dopo lo sfogo di Bersani (questo "non si può chiamare accordo"), arrivano prima l'avviso di Rosy Bindi ("il governo va avanti se rispetta la maggioranza") e poi, un po' a sorpresa, anche il monito di Massimo D'Alema, che bolla il testo sui licenziamenti come "pericoloso e confuso".A meno di 24 ore dal tavolo "decisivo" per la scrittura del 'verbale' stilato nella lunga riunione di ieri sera a Palazzo Chigi, insomma, il clima è tutt'altro che sereno. E a complicare ulteriormente il quadro arriva inizialmente anche una valutazione della Funzione Pubblica che, pur chiarendo che bisognerà attendere "l'esito della definizione del testo" per vedere "gli effetti" che la riforma potrebbe avere "sugli statali", ha prospettato però l'ipotesi che le nuove norme sui licenziamenti si applichino anche per la Pubblica Amministrazione, visto che anche ai lavoratori pubblici si applica lo Statuto dei lavoratori. Un'ipotesi, bocciata dai sindacati e chiarita in serata dal ministero che spiegato che le modifiche all'art.18 contenute nella riforma del mercato del lavoro "non riguarderanno gli statali". Intanto il governo, oggi in silenzio seppur chiamato in causa da Napolitano che invita l'esecutivo a scegliere il tipo di provvedimento con cui presentarsi alle Camere, incassa il sostegno pieno dell'Ue. Per il commissario all'Occupazione Lazlo Andor, infatti, il progetto di riforma, con un Governo che "ha investito anche tempo 'extra' nel dialogo con le parti sociali", mostra "un'ambizione notevole" e risponde all'obiettivo di "dinamizzare il mercato del lavoro" e di "superare la segmentazione" italiana