Mancano lavoratori stagionali che possano coprire i turni e garantire un servizio di qualità per far fronte ai 442 milioni di presenze attese in questa torrida estate ( +12% rispetto al 2022). Non solo il turismo, però, paga la carenza di personale. Con il nuovo decreto Flussi il Consiglio dei ministri prova ad andare incontro alle esigenze degli imprenditori.
Per il triennio 2023-2025, infatti, il governo prevede complessivamente 452mila ingressi, rispetto a un fabbisogno rilevato di 833mila unità. Si prevede una quota aggiuntiva pari a 40mila persone, interamente destinata agli ingressi per lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero, a valere sulle domande già presentate nel click-day del marzo scorso. Per definizione il
lavoratore stagionale è colui che svolge un’attività lavorativa che si concentra in un determinato periodo dell’anno senza un carattere di continuità: si tratta di rapporti di lavoro a tempo determinato scanditi da regole del tutto peculiari rispetto ai canonici contratti di tal genere, distinguendosi sia per limiti quantitativi che di durata massima. Tutte le figure coinvolte nelle attività stagionali sono state definite dal decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dai contratti nazionali e si possono circoscrivere a tre settori principali:
agricoltura, turismo e servizi. Bagnini e personale spiagge, cuochi e camerieri, hostess e receptionist, sono queste le figure principali che svolgono i loro compiti a seconda della ciclicità del mestiere stesso. Non è prevista una durata precisa, né un rinnovo o una proroga per la natura del contratto stesso, ma la legge stabilisce che questa tipologia contrattuale deve avere una
durata massima di otto mesi l’anno. I lavoratori stagionali godono di alcune tutele da parte del datore di lavoro: hanno diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore per le stagioni future, o ad esempio la tutela della maternità con un periodo di congedo in cui la lavoratrice ha diritto all’assegno di maternità.
I lavoratori stagionali hanno, inoltre, diritto a un giorno di pausa settimanale e a un periodo di riposo di 11 ore tra un turno e l’altro. Come tutti gli altri lavoratori maturano permessi, ferie, mensilità supplementari e Tfr e in caso di malattia spettano le relative indennità. La grande crisi che ha colpito il settore del turismo e dei servizi ha avuto un'eco che ancora oggi lo affligge: se nel 2023, i numeri confermano una ripresa, quello dei lavoratori rimane ancora una priorità da risolvere. «Le attività faticose a livello di impegno e turni, la grande crisi vissuta dal settore turistico e quello dei servizi a causa della pandemia hanno contribuito ad alimentare il problema della mancanza di personale stagionale - spiega
Luca Furfaro, esperto di lavoro e di welfare e titolare dell’omonimo studio -
. Ci deve essere un reincontro tra la domanda e l’offerta e l’Italia si muove molto lentamente nelle politiche attive del lavoro, non si riesce a trovare il personale perché non c’è un sistema centralizzato che lo faccia funzionare». Per favorire l’andamento del comparto, il governo ha inserito alcune nuove misure in sede di conversione del decreto lavoro che consiste in un compenso ulteriore in forma di trattamento integrativo speciale. Dal 1° giugno al 21 settembre 2023 i lavoratori stagionali riceveranno un aumento lordo del 15% in busta paga, corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario, una somma a titolo di trattamento integrativo speciale che ha lo scopo di favorire il tasso e la stabilità occupazionale. A questo intervento riparatore occorre affiancare la necessità di ragionare sulle peculiarità del lavoro stagionale con un meccanismo strutturale che riesca a rendere tale tipologia di lavoro appetibile sul piano retributivo e assistenziale. È necessario che il lavoro stagionale diventi un impegno fisso, così da creare personale qualificato ed aiutare le aziende nel percorso di selezione, affiancando però i lavoratori nei periodi di inattività. Secondo Luca Furfaro, una possibile soluzione potrebbe essere quella di agevolare la stabilizzazione di tali lavoratori con la creazione di particolari tipologie di contratti part time su base annua che utilizzano il risparmio contributivo nei mesi di inattività. In parole più semplici, il dipendente stagionale, potrebbe ricevere uno stipendio per tutto l’anno ma con i periodi di “non lavoro” coperti da ammortizzatori sociali finanziati dallo Stato; questo garantirebbe, con determinate condizioni, un sostegno economico al lavoratore e al contempo lo terrebbe legato al proprio datore di lavoro.
Consulenti del lavoro e lavoro stagionaleSecondo le stime di
Susini Group Stp, studio di Firenze leader nella consulenza del lavoro, tra maggio e luglio ci sarà il fabbisogno di oltre 500mila lavoratori nell'industria, nell'agricoltura e nel turismo e circa 350mila stagionali soltanto per i servizi di alberghi, ristoranti e stabilimenti balneari. Mancheranno circa 140 mila lavoratori all'appello nel settore del turismo e qualche imprenditore sarà costretto a chiudere prima il turno di lavoro o addirittura a tenere abbassate le saracinesche. Chi sembra più di tutti bistrattare il lavoro sono soprattutto i giovani.
In Italia, il lavoro domenicale e festivo è richiesto ormai a oltre cinque milioni di persone. Ma il 33% dei giovani di età compresa fra i 18 e 25 anni giudica il lavoro nel weekend troppo impegnativo e poco retribuito, mentre il 15% sarebbe disponibile a svolgerlo in cambio di salari più alti. Un dato che fa pensare se si considera che il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 22,3%, contro il 7,8% di media nazionale. I giovani si ritengono troppo sacrificati a lavorare le giornate del sabato, domenica e festivi e prediligono svolgere mansioni, anche, più faticose ma che permettano loro una migliore vita sociale. «Occorre che governo e parti sociali si adoperino per fermare questo fenomeno che può essere mitigato soltanto attraverso una contrattazione e delle misure che tutelino la conciliazione fra il lavoro e la vita sociale. La contrattazione collettiva nazionale dovrà garantire la riduzione di orario, la flessibilità, il salario, la produttività e l'occupazione - commenta
Sandro Susini, consulente del lavoro e fondatore di Susini Group Stp -. Il governo, da parte sua, dovrà continuare ad abbattere il cuneo fiscale garantendo ai lavoratori retribuzioni nette più alte e, perché no, a detassare e decontribuire i compensi legati al lavoro straordinario, alle maggiorazioni per il lavoro domenicale e festivo oltre che quello legato alla produttività e alla ripartizione degli utili».
L'iniziativa della CgilLa prima tappa della campagna Mettiamo il turismo sotto sopra della Cgil è partita da Bolzano. Il tour ha attraversato l’Italia da nord a sud, con camper brandizzati, volantinaggi, banchetti nelle località balneari, nelle città d’arte o in montagna, per richiamare l’attenzione sulle priorità e sulle prospettive del settore. «Mettere il turismo sotto sopra vuol dire superare un modello occupazionale ormai insostenibile, per mettere al centro il lavoro, la qualità dell’occupazione e la sostenibilità delle condizioni di chi lavora nella filiera turistica, ricorrendo a strumenti di sviluppo, politiche attive, riqualificazione mirata e nuova impresa - sottolinea Monja Caiolo, segretaria nazionale della Filcams Cgil -. Ciò che continua, però, a rimanere in uno stato di arretramento è il lavoro nel turismo, le condizioni insostenibili delle lavoratrici e dei lavoratori dei diversi comparti del settore, la cui professionalità, nella maggior parte dei casi, non viene riconosciuta, sconfinando nello sfruttamento». Dopo lo stop, legato all’emergenza sanitaria degli ultimi anni, il turismo in Italia sta ora registrando una forte espansione, con particolare riguardo ai turismi degli hotel di super lusso, quello esperienziale, slow, con attività outdoor e benessere. Il lavoro nel turismo è per il 70% irregolare, per il 60% a tempo parziale, per il 55% a chiamata, per il 40% precario e per il 20% stagionale. Le retribuzioni, come se non bastasse, sono notevolmente inferiori rispetto alla media degli altri settori economici e produttivi: basti pensare che l’80% dei lavoratori è inquadrato ai livelli più bassi dei contratti nazionali di settore. «Questi dati chiariscono da soli la vera narrazione sul lavoro nel turismo italiano e spiegano le reali motivazioni sulla difficoltà delle imprese del settore a trovare le figure professionali di cui hanno bisogno per le loro attività», prosegue la segretaria. «L'industria turistica è relazionale - afferma Stefano Landi, presidente SL&A Turismo e Territorio - puoi non sapere chi ha imbustato un prodotto farmaceutico, ma non puoi non avere un contatto con chi ti serve la cena o ti accoglie in albergo». Per questo il sistema turismo non reggerebbe senza le lavoratrici e i lavoratori, che però ogni anno sono costretti a destreggiarsi tra precarietà, lavoro sommerso, turni massacranti e compensi inadeguati.