L'analisi. L'automobile d'epoca resta un affare d'oro
L’Alfa Romeo 6C Touring 2500 del 1947: vale più di 300mila euro
Roba da ricchi. E per chi può permettersi investimenti creativi. Ma anche no. Perché lo zoccolo duro dei semplici appassionati resiste e anzi cresce, accontentandosi di guardare il passato con stupore e nostalgia. E magari di impiegare cifre anche inferiori, come i 30mila euro necessari per acquistare una Lancia degli anni ’60, una Porsche 924 o un’Alfa Romeo più che quarantenne. Il settore dell’automobile d’epoca continua ad avere una salute di ferro nel nostro Paese, e un giro d’affari valutato in circa 2,2 miliardi di euro, secondo economicamente solo al calcio. A comporre il valore complessivo sono in massima parte due voci: le spese per le manutenzioni e il restauro (62% del totale) e il turismo legato agli eventi internazionali. Tanti, circa 800 all’anno, a iniziare dal Salone dell’Auto e Moto d’Epoca di Padova, il più grande d’Europa che dal 1990 è un punto fisso per i visitatori di tutto il mondo. L’edizione 2018, che apre oggi al pubblico fino al 28 ottobre, punta a battere il record del 2017 con 115mila biglietti staccati, 660 espositori e poco meno di 5 mila auto in vendita. Un business per chi organizza, e per chi compra e cede.
Le vetture d’antan si sono trasformate ormai da anni in un affare colossale: la chiamano “passion investment”, quella che oggi consente a chi ha scommesso sui modelli giusti a ritrovarsi tra le mani una fortuna. Con le Case d’asta più prestigiose, da Sotheby’s a Bonhams, pronte ad avventarsi su ogni evento. Una Lamborghini Miura acquistata nel 2004, oggi vale dieci volte di più: un bene rifugio alternativo rispetto al quale il nostro Paese eccelle per prodotti e qualità dei restauri. La storia motoristica ci ha consegnato modelli apprezzati ovunque, anche senza arrivare alla Ferrari 250 GTO del 1963, battuta nel 2013 per 52 milioni di dollari, primato ancora imbattuto. A seguire altre 7 vetture della casa di Maranello e una Alfa Romeo tra le prime dodici auto con quotazioni dai 10 milioni di euro in su.
Quella che in molti consideravano una bolla speculativa destinata a dissolversi, ha continuato invece la sua parabola ascendente, con un mercato che premia i modelli più rari e che promette di non conoscere crisi avendo nel mirino beni non più replicabili e sempre meno reperibili. Così le più ricercate restano Ferrari, Porsche e Maserati anni ’50 e ’60, le Alfa Romeo anteguerra, ma anche vetture più popolari come la Fiat 500 Speciale del 1970 venduta un anno fa a Parigi a 26mila euro. A gareggiare con il primato dei marchi italiani sono i tedeschi, ma il nostro valore aggiunto è rappresentato dai carrozzieri, come Pininfarina, Bertone, Zagato che hanno consegnato alla storia modelli unici e stilisticamente inarrivabili, sculture in movimento esposte anche al Moma di New York.
Ma il motorismo storico in Italia non è solo un fenomeno d’élite. Secondo lo studio commissionato dall’Automotoclub storico italiano (Asi) all’Istituto Piepoli, il 10% della popolazione si dichiara appassionato, mentre due italiani su tre (circa 32 milioni) manifestano interesse per il comparto e hanno assistito a eventi dedicati. Di questi, ben il 45% pensa o immagina di acquistare, prima o poi, un’automobile o una moto d’epoca. E se possibile di usarla anche, per brevi tragitti nel tempo libero. Tutto questo accade proprio mentre dilaga la demonizzazione dell’auto in generale e di quelle vecchie e inquinanti in particolare. Coinvolgendo un patrimonio che è anche culturale, come ricorda il presidente dell’Asi (202mila iscritti), Maurizio Speziali: «Le nuove sfide però riguardano la circolazione dei veicoli certificati storici nelle città e una nuova politica fiscale per ampliare il giro d’affari, che si traduce poi in occupazione specializzata per il nostro Paese».