Economia

Almalaurea. Laureate italiane penalizzate

sabato 8 marzo 2014
In Italia ci sono quasi 210mila laureate in varie discipline, ma per loro permangono svantaggi retributivi e occupazionali rispetto ai colleghi uomini. Tra i laureati magistrali biennali (3+2), già a un anno dalla laurea le differenze fra uomini e donne, sono marcate: lavorano 52 donne su 100 dottoresse e 59 uomini su 100 dottori. Le donne sono penalizzate non solo sul tasso di occupazione, ma anche perché si dichiarano più frequentemente alla ricerca di un lavoro: 35% contro il 27% rilevato per gli uomini. Anche a cinque anni dal conseguimento del titolo le differenze di genere si confermano significative e pari a 7,5 punti percentuali: lavorano 79 donne su cento e 86,5 uomini su cento.Sono dati che emergono dalle anticipazioni del XVI Rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati italiani, che sarà presentato lunedì, all'Università di Bologna, al convegno 'Imprenditorialità e innovazione: il ruolo dei laureati'."'Ogni genio che nasce donna è perduto per l'umanità' scriveva Stendhal - ricorda Andrea Cammelli, direttore e fondatore di AlmaLaurea - ai primi dell'800. Oggi, a duecento anni di distanza, purtroppo le donne sono ancora penalizzate. È un segnale di un forte arretramento culturale e civile del Paese rispetto all'obiettivo di realizzare una partecipazione paritaria delle donne al mercato del lavoro: tale arretramento contribuisce, inoltre, a svalutare gli investimenti nell'istruzione universitaria femminile". Le cose peggiorano se ci sono figli. A un anno dalla laurea, tra quanti hanno figli, il tasso di occupazione è pari al 44% tra gli uomini, contro il 27% delle laureate (tra quanti non hanno prole il tasso di occupazione è pari al 49% degli uomini contro il 39% delle donne).A cinque anni dalla laurea il gap aumenta: il tasso di occupazione di laureati con prole è pari all'89% tra gli uomini, contro il 63,5% delle laureate. "Forti sono le responsabilità in termini di politiche a sostegno della famiglia e della madre lavoratrice, soprattutto perché dai dati appena citati si evidenzia con forza lo scarto occupazionale esistente tra le laureate, a seconda della presenza o meno di figli", commenta Cammelli.Anche sulla stabilità dell'occupazione, va peggio alle dottoresse che non ai dottori: a un anno dalla laurea gli uomini possono contare più delle colleghe su un lavoro stabile (39% contro 31%).Le differenza di genere si confermano anche dal punto di vista retributivo. A un anno dal conseguimento del titolo gli uomini guadagnano il 14% in più delle loro colleghe (1.254 euro contro i 1.098 euro delle donne). Tra uno e cinque anni dal conseguimento del titolo, infatti, le differenze di genere, lungi dal ridursi, aumentano ulteriormente, raggiungendo il 22% (1.626 contro 1.333 euro delle colleghe).Un'analisi approfondita, che ha tenuto conto del complesso delle variabili che possono avere un effetto sui differenziali retributivi di genere (percorso di studio, età media alla laurea, voto di laurea, formazione post-laurea, prosecuzione del lavoro precedente alla laurea, tipologia dell'attività lavorativa, area di lavoro, tempo pieno/parziale), mostra che a parità di condizioni gli uomini guadagnano in media, a un anno dalla laurea, 90 euro netti in più al mese, che salgono a 172 euro a cinque anni dalla laurea.