Economia

Sviluppo. Stern all'Università Cattolica: serve un modello di crescita non distruttivo

Redazione Economia venerdì 16 dicembre 2022

Da sinistra, Elena Beccalli, Nicolas Herbert Stern, Franco Anelli

Le trasformazioni del clima mettono l’umanità di fronte a un «bivio», che ci costringe ad agire con urgenza per rivedere «il modo in cui organizziamo le nostre economie» e a puntare su «investimenti e innovazione» per evitare il «rischio di un’immensa distruzione».

Nicholas Herbert Stern - autore del primo rapporto sugli aspetti economici del cambiamento climatico, pubblicato nel 2006 e noto in tutto il mondo con il nome di “Stern Review”, professor of Economics and Government e direttore del Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment alla London School of Economics and Political Science e alla guida dell’India Observatory - ha indicato la strada da imboccare per «reagire al cambiamento climatico in termini di azione economica e politica» nella lectio cathedrae magistralis dal titolo “Towards a new approach to development and growth: the economics of action on climate change”, pronunciata a Milano venerdì 16 dicembre nell’Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell’Ateneo.

Un riconoscimento accademico che la Facoltà gli ha assegnato «per le sue profonde conoscenze di studioso nonché della qualità e rilevanza della sua attività istituzionale e del suo impegno per una causa di altissimo valore etico come il contenimento dei cambiamenti climatici e delle loro drammatiche conseguenze per tutta l’umanità e, in particolare, per le popolazioni delle aree più povere del pianeta», ha detto la preside Elena Beccalli leggendo le motivazioni con cui la facoltà ha proposto all’unanimità di conferire allo studioso il titolo. «L’opera di Stern rappresenta un punto di riferimento, al quale ispirarsi, per l’Ateneo e per la Facoltà per questa sua capacità di coniugare la qualità del rigore scientifico nell’analisi e la tensione etica su tematiche di altissimo valore per l’uomo e la nostra casa comune». Tra i meriti della sua attività scientifica vi è proprio «l’aver richiamato l’attenzione su questioni etiche connesse al riscaldamento globale a lungo trascurate, se non omesse, da accademia e istituzioni» contribuendo «in maniera incisiva al mutamento degli atteggiamenti di studiosi e governanti nei confronti delle politiche di contrasto al cambiamento climatico», tanto che esse rappresentano oggi un elemento prioritario nell’agenda di molti governi del mondo.

Sul «duplice servizio alla scienza e alle istituzioni» dell’economista inglese - che contraddistingue gli studiosi capaci di cogliere «i sentieri più utili per affrontare le questioni dirimenti per il futuro dell’umanità» - si è soffermato il rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli. «L’importanza di questa laurea honoris causa è legata sia alla produzione scientifica del professor Stern, sia al suo approccio nel comprendere, analizzare e diffondere le ricerche scientifiche». Secondo il rettore Anelli «c’è un significativo punto di contatto tra l’approccio del lavoro di Lord Stern e le riflessioni del Papa Francesco». Infatti, «pur diverse per modalità e finalità, la Stern Review e l’enciclica Laudato si’ del Santo Padre pongono entrambe l’attenzione sulla complessità del problema ambientale suggerendo di affrontarlo con un approccio integrale». Difatti, ha osservato il rettore Anelli, «solo un’azione concordata tra politica e scienza (economica) può aiutare a trovare soluzioni alle crisi nelle quali siamo immersi. Ciò vale non solo per i problemi ambientali, ma per tutti gli ambiti del vivere sociale: basti pensare alla gestione della pandemia e, per molti versi, anche alla guerra in Ucraina. Da questo punto di vista, il ruolo delle università resta cruciale, specie se ispirate da quella “visione ampia” che Papa Francesco ci invita ad adottare non solo nelle nostre ricerche, ma anche nella vita quotidiana (Laudato si’, n. 197)». E l’«approccio poliedrico» che da sempre guida l’attività di Stern è «un modello da seguire per le nostre studentesse e i nostri studenti».

Lord Stern non ha nascosto le sue preoccupazioni nei confronti di un «modello di crescita e di sviluppo» che finora si è rivelato fallimentare e distruttivo per l’intero pianeta, e a discapito delle nuove generazioni. Secondo l’economista inglese ci troviamo in un «momento storico cruciale» che chiama a un «agire insieme», favorito da un «nemico comune»: cambiamento climatico e distruzione della biodiversità. Per questo, a suo avviso serve una «nuova forma di crescita e sviluppo, molto più produttiva, efficiente, attraente rispetto ai percorsi distruttivi del passato». E per fare in modo che questo accada vanno indentificate strategie chiave per le quali è fondamentale «mettere in campo le nostre capacità economiche, tecnologiche, politiche e organizzative».

Insomma, un cambiamento di paradigma nei nostri sistemi economici i cui motori devono essere investimenti e innovazione. «Dobbiamo investire per cambiare i nostri sistemi energetici, il modo in cui organizziamo i trasporti e il funzionamento delle nostre città. Dobbiamo cambiare i nostri sistemi di utilizzo del territorio, compreso il ripristino delle terre e delle foreste degradate». Citando uno studio di alcuni colleghi della LSE, Stern ha aggiunto che gli investimenti «potrebbero comportare un aumento del tasso di investimento nei Paesi più ricchi di 2 o 3 punti percentuali del Pil» mentre «per i mercati e le economie emergenti sarebbero dell’ordine di 4 o 5 punti percentuali del loro prodotto interno lordo».

Investimenti, dunque, resi possibili dalla «collaborazione tra il settore privato e quello pubblico». Ma che vanno accompagnati anche da un’attenta analisi economica, dalla responsabilità sociale e da un uso diverso degli strumenti economici a disposizione. Per esempio, ha precisato Stern, «dovremo rivedere il nostro approccio alla geografia economica ed esaminare l'economia e le dinamiche del cambiamento dei sistemi, anche nelle città e nel territorio. Fortunatamente i nostri economisti più giovani stanno iniziando a guardare a questi temi in modo nuovo, ma temo che la nostra professione, soprattutto a livello senior, possa essere troppo conservatrice per cambiare al ritmo necessario».

Un cambio di rotta sostanziale che richiede leader adeguati e strategie chiare. In questo senso, un impulso forte può arrivare proprio dalle nuove generazioni. E non solo. «Una parte della leadership necessaria può essere promossa dai movimenti dei giovani, dalle organizzazioni non governative e dai leader religiosi. Il Papa e altri leader religiosi sono stati molto chiari e forti. Francesco, ad esempio, ha detto che se distruggiamo il creato, il creato distruggerà noi».

Di qui l’appello di Stern. «Abbiamo davvero tra le mani una nuova storia di crescita, ma dobbiamo agire velocemente e con forza per arrivarci. Il nostro compito, come analisti e accademici, è quello di esporre al meglio le ragioni dell'azione e di impegnarci direttamente, nel modo più chiaro possibile, con i responsabili politici e con il pubblico in generale. Questo può e deve essere il cuore del nostro lavoro per trasformare ciò che possiamo fare in ciò che faremo». Da questo punto di vista, «penso che l’Europa, la prima grande regione ad agire sul clima, possa e debba essere leader in questa azione internazionale».