In cima alla pila di documenti che ingombra la scrivania di Enrico Letta ci sono tre diversi sondaggi riservati che dicono la stessa cosa. La domanda è una sola: qual è la priorità per il Paese? La risposta, univoca: l’80 per cento degli intervistati non ha dubbi, serve lavoro per i giovani e per i capifamiglia rimasti tramortiti dalla crisi. Non c’è traccia dell’«agibilità politica» di Berlusconi tra le urgenze avvertite dagli italiani. E nemmeno dell’Imu. Certo, ad essere sinceri c’è la voce «tasse» che ingloba, a rigor di logica, anche l’imposta sulla casa. Ma non si può paragonare, per importanza percepita, all’emergenza occupazionale.È con questo dossier sotto il braccio che il premier si prepara alle scadenze di fine mese. Letta poco crede alle minacce di crisi paventate dal Pdl nel caso l’abrogazione dell’Imu sulla prima casa non sia totale. «Vedrete – ripete sino all’ultima ora di lavoro –, troveremo un’intesa, al momento della verità nessuno si assumerà la responsabilità di far cadere tutto per un motivo di principio. La soluzione che stiamo preparando è un buon compromesso». Il redde rationem, in ogni caso, è fissato al 28 agosto, o al massimo al 29: in uno di questi due giorni si svolgerà il Cdm della verità, quello che provvederà al «superamento» per decreto dell’imposta sull’abitazione principale. Non si attenderà dunque l’ultimo giorno del mese: il 30 il premier sarà all’apertura della festa dell’Unità a Genova, un appuntamento che ha cerchiato in rosso nella sua agenda per due motivi: perché rappresenterà un irrinunciabile momento di contatto diretto con la base democrat, e perché sarà un vero e proprio confronto a distanza con Matteo Renzi, atteso il giorno dopo.L’Imu, nella visione del premier, è visto solo come l’ultimo fastidioso scoglio prima di poter sviluppare in pieno l’azione di governo che ha in mente sin dal primo giorno. E che troverà spazio nella legge di stabilità da scrivere a settembre e chiudere in Parlamento entro la fine dell’anno. Lì confluiranno nuove decontribuzioni al lavoro giovanile, i primi accenni di taglio al cuneo fiscale, un rilancio della politica industriale «agganciata all’occupazione», misure per agevolare mutui a imprese e famiglie. Le risorse ci sono, Saccomanni sta per presentare un rendiconto preciso. Anzitutto c’è il «dividendo della stabilità», ovvero il tesoretto derivato dalla permanenza dello spread intorno a quota 250. Un po’ di miliardi risparmiati sui tassi d’interesse, dato che Monti, nella sua programmazione economico-finanziaria, aveva mantenuto prudentemente il differenziale con i bund tedeschi intorno ai 500 punti. Poi ci sono i 7-8 miliardi di flessibilità sul bilancio assicurati dalla fine della procedura europea per deficit eccessivo, cui aggiungerne altri 1,5 strappati nell’ultimo Consiglio Ue per riformare i Centri per l’impiego e sviluppare politiche attive per l’inserimento lavorativo dei neolaureati. Di tutto questo Letta parlerà domenica al meeting di Rimini: il discorso di quel giorno, spiegano a Palazzo Chigi, avrà un valore programmatico sul futuro.È questo il punto di svolta dell’esecutivo. La premessa di lunga vita. Perché dopo la legge di stabilità i partiti saranno catapultati di fronte a due responsabilità: tener fede alla promessa fatta a Napolitano sulle riforme istituzionali e non lasciare il Paese senza timone in vista della presidenza di turno del semestre europeo (inizio a luglio 2014), passaggio forse decisivo verso l’unità politica. Tanto più che a sbarrare un’appetitosa finestra di voto, quella della primavera dell’anno prossimo, c’è il voto per l’Europarlamento. Sembra paradossale, ma vista con gli occhi di Palazzo Chigi il «superamento» dell’Imu spalanca la strada verso il 2015.Intanto, perché si capisca forte e chiaro che la priorità di Letta è il lavoro e non altro, anche l’agenda dei Cdm di agosto è stata allestita in modo tale che l’occupazione venga prima dell’Imu. Il 23, infatti, il Consiglio dei ministri metterà in cantiere un provvedimento per l’inserimento dei precari nella Pubblica amministrazione. Il tema è delicato, ma il premier vuole andare fino in fondo pur senza «legittimare il clientelismo», come dicevano ieri a Palazzo Chigi. Intanto, la mossa di ieri su auto e volo di Stato rivela un’inquietudine di Letta: il rinvio del ddl sul finanziamento dei partiti non gli è andato giù. Nel suo cronoprogramma, il Parlamento avrà tempo sino a fine anno per chiudere la partita. Poi arriverà il decreto.