Intervista. Scuola del Parco Verde, la preside: «Dobbiamo aiutare i ragazzi a pensare»
«Tutte le volte che loro sparano noi dobbiamo mettere la musica. Tutte le volte che urlano la bruttezza noi dobbiamo portare la bellezza. Noi dobbiamo contaminare, proteggere le cose belle. Altrimenti loro pensano di essere di più. Ma siamo noi di più, molti di più». Eugenia Carfora, fa la preside a Caivano. Da 16 anni. Prima in una scuola media poi all’Istituto tecnico e alberghiero del Comune nell’hinterland napoletano. È la scuola del Parco Verde, frontiera avanzata di educazione alla legalità e al riscatto in una terra teatro di tante tragedie. Ultima quella, recentissima, delle violenze su due cuginette di 10 e 12 anni da parte del branco: 9 ragazzi, di cui 7 minorenni. Giovedì era a Firenze ospite del Festival dell’Economia, il cui titolo quest’anno – “Oltre i limiti. L’impegno che (ci) trasforma” – calza a pennello con la sua storia. Quella di una preside che nel 2020 è stata premiata come miglior dirigente scolastico in Italia per il suo impegno contro il degrado, l’indifferenza, l’abbandono scolastico, la criminalità minorile.
Preside, cosa serve alla scuola per esser più incisiva verso i ragazzi, in particolare nei quartieri più difficili?
Avere degli educatori pronti, essere perfetti nell’offerta, dialogare continuamente in sinergia con gli altri servizi del territorio può fare la differenza. Ma la scuola deve avere anche una visione, allargare gli orizzonti, evitare di perdere i suoi ragazzi e cercare di farli diventare uomini liberi. Qui ad esempio molti giovani hanno l’esigenza di aiutare la famiglia e lavorare subito. Così arrivano quelli che offrono enti di formazione, percorsi accorciati. In maggioranza sono corsi per estetiste e parrucchieri. Ma è una scorciatoia. La scuola deve essere attenta e lo Stato deve evitare di dare autorizzazioni senza garanzie perché questi percorsi non aiutano i ragazzi a pensare, non gli danno la possibilità di crescere, così senza rendersene conto restano nel circuito di un’economia non sana, l’economia molto fiorente dell’altro stato. Poi alla scuola serve la cura dei ragazzi seguendoli anche fuori, anche dopo. Io in maniera artigianale vado in giro per l’Italia e cerco di farli adottare. Ma questo invece dovrebbe diventare sistema organizzato su cui lavorino tutte le migliori energie educatrici.
I docenti come rispondono all’appello? Lei ha detto che alcuni vengono per fare punteggio e poi trasferirsi nei quartieri bene.
Vedo troppi che si affacciano improvvisamente alla scuola, anche molti liberi professionisti che fanno anche un altro mestiere e cercano qualcosa in più per il loro budget. Io dico grazie a tutti i docenti perché ci consentono di portare a termine e validare l’anno scolastico. Ma resto convinta che un professore debba avere qualcosa in più. Un cuore che vede, la capacità di rendere visibile ai ragazzi quello che sarà il domani e la capacità di farli pensare. L’insegnante deve avere un’inclinazione verso il suo mestiere. Per questo propongo un albo dei docenti e colloqui attitudinali per chi vuole farlo. Ed è una professione che va sostenuta e va pagata. Nella scuola cresciamo la vita, se la scuola è fragile crea persone fragili o non riesce a cogliere le loro fragilità e poi succede quello che succede.
Alla notizia delle violenze sulle ragazze di Caivano, lei ha commentato: «Oggi è un bel giorno».
Sì, non appena ho saputo che c’era stata la denuncia, ho pensato: «Che bello!» Perché di solito queste cose vengono magari scoperte ma non denunciate. Arrivare a varcare la soglia di un’istituzione dello Stato e raccontare quello che è successo in una realtà come la nostra vuol dire far cadere un grande muto di omertà. Perché qui c’è paura, c’è gente che dipende da altra gente. Lo Stato c’è, ma è lento e nell’attesa noi ci perdiamo qualcuno. Per me questa denuncia è stata un miracolo, speriamo che accada più spesso.
ANSA
Il governo è intervenuto con il decreto Caivano, che ne pensa?
È normale che un governo voglia intervenire dopo una serie di episodi così negativi. Ma avrei preferito lo chiamassero decreto Periferia al Centro. Perché Caivano non raccoglie tutto il male del mondo e io credo che queste scelte vadano partorite lasciando un pizzico di speranza. Un ragazzo mi ha detto: già eravamo bollati prima… ora nella mente delle persone Caivano sarà sempre associato a queste cose.