Economia

Lo studio. La pandemia non fa male alle banche

Redazione economia sabato 7 novembre 2020

L'insegna di UniCredit sulla torre della banca. Anche per l'istituto guidato da Jean Pierre Mustier è stato un ottimo trimestre

I numeri delle trimestrali pubblicate negli ultimi giorni dalle principali banche italiane confermano che la pandemia del Covid-19 e la caduta del Pil non ha danneggiato i loro bilanci. L'Ufficio Studi della First Cisl ha analizzato i conti del terzo trimestre del 2020 di Intesa Sanpaolo, UniCredit, Ubi, Banco Bpm e Mps, e ne ha proposti i dati aggregati.

Emerge la sostanziale tenuta dei ricavi operativi (-5% rispetto allo stesso periodo del 2019). La flessione è ancor più contenuta se si guarda ai ricavi core (margine primario -4,1%), quelli originati dalle attività verso la clientela. Clientela che continua però a scontare i disagi dovuti alla chiusura di filiali (-4,6%).

Cala invece l’occupazione. Nel periodo considerato sono circa 5mila i bancari in meno. L'effetto sui conti è evidente, con una contrazione pronunciata dei costi del personale (-2,6%). Il rapporto tra costi del personale e ricavi è ora al 56,3%, dato nettamente inferiore a quello che si riscontra nei maggiori gruppi europei (61,3%).

Il raggiungimento di un più elevato livello di produttività è testimoniato dal prodotto bancario pro capite, cresciuto del 2,5%, nonostante le eccezionali difficoltà operative e organizzative poste dalla crisi Covid 19. Migliora la qualità del portafoglio crediti con l'ulteriore riduzione del peso dei crediti deteriorati netti (adesso al 3,2%). I rischi di credito sono stati coperti in via straordinaria con accantonamenti prudenziali per circa 3,5 miliardi di euro. Restano stabili i crediti a clientela (+0,3%).

«Ci troviamo in una situazione che richiede politiche creditizie anticicliche, imperniate su garanzie statali finalizzate ad un deciso incremento degli investimenti per assicurare una solida e duratura ripresa dell'economia» dice il segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani. «È altresì necessario che le regole sulla gestione dei rischi di credito, calendar provisioning e nuova definizione di default, cambino per evitare un corto circuito tra banche e imprese. Occorre inoltre confermare la moratoria sui prestiti almeno fino al termine dell'emergenza».

Nei bilancimigliora anche la patrimonializzazione con ilCET1 ratio phased-in che passa dal 13,6% al 14,9%. «Sarebbe sbagliato eliminare il blocco dei dividendi - avverte Colombani - Meno patrimonio significa infatti meno credito, l'esatto contrario di quello di cui abbiamo bisogno. Per aumentare e gestire il credito verso la miriade di Pmi che costituisce il nostro tessuto imprenditoriale servono più lavoratori. Proseguire sulla strada dei tagli è quindi insensato: il trend occupazionale va invertito nell'interesse del Paese».