Economia

Industria. Da Mirafiori all'Ilva, nelle grandi fabbriche scatta il fermo macchina

Luca Mazza giovedì 25 aprile 2024

Stellantis chiude fino al 3 giugno la Carrozzeria che produce le linee della 500 elettrica e i modelli Maserati per assenza di ordini

La grande industria italiana si prende una pausa pre-estiva, anche se gli ultimi dati deludenti sul fatturato e sulla produzione consiglierebbero di accelerare anziché fermarsi. A optare per uno stop, per ragioni diverse, sono Mirafiori e l’ex Ilva. Iniziamo da Torino. Due giorni fa Stellantis ha comunicato che le attività produttive della Carrozzeria, in particolare delle linee della 500 elettrica e dei modelli Maserati, che sarebbero dovute ripartire il 7 maggio, riprenderanno soltanto il 3 giugno. Una decisione dovuta «all’assenza di ordini per le vetture elettriche a causa del perdurare dell'assenza degli incentivi in vari mercati europei e in particolare in Italia, dove sono stati annunciati da mesi, ma non sono ancora entrati in vigore» spiega il gruppo dell’automotive che già aveva annunciato il ricorso ai contratti di solidarietà per i lavoratori di Mirafiori.

La decisione ha scatenato la dura reazione dei sindacati. «Uno pensa di aver raschiato il fondo del barile e invece non c'è mai fine al peggio. Questa fermata di un intero mese è l'ennesimo schiaffone alle lavoratrici, ai lavoratori e alla città di Torino, con inevitabili ricadute sull'indotto» commentano Edi Lazzi, segretario generale della Fiom di Torino e Gianni Mannori responsabile di Mirafiori per la Fiom. La Fim Cisl parla di una situazione davvero allarmante, con un fermo quasi totale delle produzioni. «Lo stabilimento è in gravissima difficoltà. Facciamo un appello all'azienda perché non pensi solo agli incentivi e venga al tavolo nazionale per annunciare quali possono essere i progetti industrializzabili a breve scadenza – incalza Rocco Cutrì, segretario generale della Fim torinese –. Ci rifiutiamo di assistere allo spegnimento dello stabilimento». Il segretario generale della Fim, Ferdinando Uliano, sottolinea la necessità di lanciare un progetto complessivo e ambizioso per la fabbrica: «Gli incentivi possono aiutare le vendite della 500 elettriche, ma per Mirafiori bisogna fare delle scelte in più come diciamo da tempo».

Se Torino piange, Taranto non ride. Da giovedì 25 aprile al 5 maggio in Acciaierie d'Italia in amministrazione straordinaria è scattata una sorta di chiusura collettiva. I dipendenti potranno andare in ferie, utilizzando le loro disponibilità (ma sarà una scelta personale e volontaria) ed effettuare il lungo ponte. Si tratta di una novità assoluta in oltre 60 anni di storia del siderurgico. Lo stop feriale riguarderà sia gli addetti alle funzioni di staff che quelli della produzione, escluse le figure e le mansioni strettamente necessarie. In questi dieci giorni quindi il sito avrà un organico ai minimi termini come mai è accaduto sinora, se si esclude il periodo Covid quando gli ingressi erano contingentati.

La scelta si spiega con il fatto che Acciaierie sta attualmente viaggiando ad un ritmo produttivo bassissimo e che l'attività – per mancanza di materie prime e di liquidità – è molto scarsa. A essere in funzione, infatti, è un solo altoforno su 3, peraltro ad un passo ridotto rispetto alle sue potenzialità. Inoltre e' in corso la cassa integrazione per un numero massimo di 2.500 dipendenti su 8.200 di organico a Taranto. L'iniziativa dell'azienda ha messo in allarme sindacati e lavoratori, preoccupati dei contraccolpi, del fatto che una fermata del genere costituiva un'ennesima conferma dello stato fortemente critico in cui versa l'azienda e della prospettiva di un lento spegnimento. Prospettiva che non dispiacerebbe almeno a una parte della città. Tre giorni fa cittadini e associazioni del fronte anti-Ilva sono scesi in piazza per chiedere a gran voce la chiusura «per mettere fine a un’emergenza sanitaria e ambientale che va avanti da troppi anni».

La grande industria si ferma anche se il pessimo inizio di 2024 suggerirebbe altre scelte. Dai dati Istat, a gennaio si è verificato un brusco calo del fatturato (-3,6% sull’anno). E il rallentamento ora rischia di proseguire.