Economia

IL FUTURO DEL SOCIALE /2. La Gran Bretagna ritrova il «valore» del non profit

Elisabetta Del Soldato sabato 13 luglio 2013
Sono imprese gestite con l’obiettivo di aiutare la comunità invece di accumulare profitto: alcune rivolgono uno sguardo attento all’ambiente; altre si mettono a servizio delle persone svantaggiate. Sono le imprese sociali e in Gran Bretagna stanno riscontrando un vero e proprio successo al punto che c’è chi sostiene che potrebbero essere la chiave per risollevare le sorti dell’economia. Al momento ce ne sono almeno 70mila sparse in tutto il Paese, ma il numero è destinato ad aumentare perché, ci dimostra un recente rapporto di Social Enterprise UK, le imprese sociali stanno crescendo molto più in fretta di qualsiasi altra piccola o media impresa. Senza contare che hanno già dato un contributo all’economia britannica di 18,5 miliardi di sterline, quasi venti miliardi di euro, e che impiegano circa un milione di persone. Insomma, dice Peter Jordan di Groundwork Pennine, un’impresa sociale con base nel Lancashire che ha interessi nella sostenibilità, nel design ambientale e nel benessere della comunità, «sono davvero un fenomeno». «Il nostro successo – spiega Jordan – sta proprio nella nostra sostenibilità economica. Come impresa sociale non abbiamo azionisti ma usiamo i dividendi per aiutare la comunità locale. Recentemente, per fare un esempio, abbiamo investito 100mila sterline, circa 120mila euro, in un progetto che incoraggia i giovani a impegnarsi nella comunità in una zona con grossi problemi di comportamenti antisociali». La compagnia attualmente ha riserve di un milione e 300mila sterline da ridistribuire in progetti comunitari, un profitto che è stato generato attraverso servizi offerti a business locali. «Le imprese sociali sono il futuro, proficue ma anche etiche – ha detto qualche giorno fa il ministro del Commercio Vince Cable alla presentazione del rapporto di Social Enterprise UK – e potrebbero farci risollevare dalla crisi economica».Il rapporto ha riscontrato infatti che il volume d’affari delle imprese sociali nell’ultimo anno è aumentato molto di più di quello delle piccole e medie imprese, del 38% rispetto al 29% delle Pmi. E che oltre la metà (il 56%) delle imprese sociali ha sviluppato un nuovo prodotto o servizio rispetto al 43% delle altre Pmi. Non solo: due terzi (il 63%) delle imprese sociali prevedono una crescita del loro giro d’affari non indifferente nei prossimi due o tre anni rispetto al 37% delle piccole e medie imprese profit. Ma il successo di queste realtà va oltre criteri puramente economici, ha tenuto a sottolineare Cable. «Il 38% delle imprese sociali, per esempio, ha un leader donna rispetto al 19% delle Pmi e al 3% delle società quotate sul FTSE 100 index. Ed è molto più frequente tra le minoranze etniche e di colore che queste siano a capo di imprese sociali  che di business convenzionali». Alla presentazione del rapporto Peter Holbrook, amministratore delegato di Social Enterprise UK, ha parlato anche di un crescente interesse da parte di pubblico e investitori in questo settore. «Le imprese sociali – ha dichiarato – rappresentano una ventata d’aria fresca in un’economia colpita recentemente da un susseguirsi di crisi e scandali. La gente ha bisogno di vedere business motivati non solo da interessi puramente economici. Gli imprenditori stanno investendo sempre di più in questo settore perché hanno capito che un business che si mette anche a servizio della gente e della comunità può essere estremamente proficuo». Ma affinché il successo delle imprese sociali sia completo bisogna far crollare le ultime barriere, ha concluso Holbrook. «Una crescita costante dipenderà sull’abilità del settore di accedere ai servizi finanziari».