Il giurista. «La globalizzazione dell'indifferenza»
Il giurista Ugo Mattei
Il titolo è volutamente impreciso. Ciò che vuol denunciare questa edizione critica dei principali testi del magistero sociale di papa Francesco non è tanto 'La dittatura dell’economia' bensì quella del capitalismo 4.0, così come lo vede Ugo Mattei, che per le edizioni del Gruppo Abele, ha curato la silloge. «In queste ore, le preoccupazioni sembrano essere altre – ammette il giurista torinese –, per quanto encicliche e messaggi di Bergoglio contengano spunti interessanti per comprendere il passaggio che stiamo vivendo».
Da marxista, non le sembra strano individuare il leader della rivolta anticapitalista proprio nel Papa?
Esistenzialmente, mi è parso molto strano ma storicamente la Chiesa non è mai stata 'alleata' del capitale, come dimostra la Rerum Novarum; semmai, ha appoggiato il capitalismo solo per ragioni tattiche, mossa dalla preoccupazione, almeno fino a Giovanni Paolo II, di contenere il comunismo sovietico.
La tesi del libro è che dal magistero di papa Francesco emerga una divergenza antropologica tra il cristianesimo e il capitalismo e che il Papa sia il leader di uno schieramento 'guelfo' che vuol propiziare una conversione ecologica del mondo, fondata sulla conversione personale e sulla partecipazione, contro la globalizzazione dell’indifferenza, governata dai 'poteri forti'. È così?
È talmente così che proprio in queste ore il mondo sta vivendo un rapido ridisegno degli equilibri planetari in chiave imperialista, con il pretesto dell’emergenza sanitaria: per la prima volta viene dichiarato uno stato eccezionale da un’organizzazione l’Oms - finanziata dai vari Gates, Bezos e Zuckerberg; uno stato eccezionale sulla base di dati scientifici e sanitari, sottratti a ogni controllo democratico.
Lei fa dialogare il Papa con Gramsci, Arendt, Shumaker, Polany, Olivetti, Rodotà e Fanon e alla fine di questo percorso intellettuale arruola i benicomunisti nel partito guelfo, motivando la scelta così: «Il pontificato Francescano propone un dominus mundi meta-statuale, generativo, spirituale, ecologico e rispettoso delle diversità»…
Proprio così e il potere tecnologico rischia di essere il grande vincitore della sfida: comunque finisca l’emergenza Covid 19, avremo un livello di pervasività delle tecnologie dell’informazione e della sorveglianza poliziesca, che sono la cifra del potere imperiale, visibilmente infastidito dai richiami alla giustizia sociale e ambientale del Papa.
Senta, ma perché vince il Leviatano?
Il Leviatano che rappresenta il potere laico e statuale cui la comunità consegna la propria libertà in cambio della sopravvivenza: è edito nel 1651, cioè in un periodo di terribili pestilenze, in cui la Chiesa iniziava a perdere consenso sociale e ne acquisiva invece la scienza. Analogamente, la disintermediazione dei rapporti sociali e politici, già avanzatissima, oggi viene portata a un livello impensabile dalla paura e proseguirà sulle ali della scienza e della tecnologia: sono gli scienziati ad accreditare le misure dei governi, tutte le misure, senza passaggi democratici e senza neanche troppe spiegazioni, e sono i droni e i cellulari a controllare che siano applicate. La politica abdica allo scientismo, che è l’ideologia della scienza, e i poteri forti applicano quel 'capitalismo dei disastri' lucidamente individuato da Naomi Klein: per la paura di morire sacrifichiamo la libertà e la spiritualità. In questo scontro finale da una parte c’è l’imperium fondato sulla paura della morte e dal-l’altra il Papa che lotta per la vita dell’uomo e del pianeta.
Perché è così difficile convertirsi?
Perché, consapevolmente o meno, tutti siamo dentro la logica di potere che agisce a livello emotivo ed esistenziale, mentre la conversione implica una consapevolezza e un lavoro politico più complesso.
Amicus-hostis: stavolta, chi è il nemico? Non è il borghese che si illude di essere ceto medio, non è l’industriale che cerca di restare sul mercato: sono i duecento superricchi della terra che ormai si considerano classe sociale e difendono i loro immensi patrimoni. Per i poveri quei soldi sono la sopravvivenza, per loro l’ebbrezza di un potere che si guarda l’ombelico.