Economia

Innovazione. La fusione nucleare co-protagonista dal 2030 per dare scacco al petrolio

Silvia Camisasca giovedì 4 agosto 2022

Da otto anni registriamo costantemente record di calore, da che sono stati introdotti, nel 1880, i moderni metodi di rilevazione delle temperature. Le ondate che hanno investito il pianeta in queste settimane lasciano presagire che il 2022 sarà l'anno dei record, il primo dei quali, ci dicono gli scienziati dei National Centers for Environmental Information, è già stato battuto lo scorso giugno, quando in Antartide la copertura glaciale si è ridotta al minimo storico. Con ogni probabilità, poi, un altro record è atteso: quello del massimo storico del riscaldamento globale. Tutto dettagliatamente anticipato nelle conclusioni contenute nel sesto rapporto dell'Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), pubblicato nell'agosto del 2021, in cui 234 scienziati di 46 Paesi avevano sintetizzato quanto in corso in due punti: i cambiamenti climatici, diffusi e rapidi, si sono intensificati senza precedenti nella storia di migliaia di anni, e le responsabilità degli eventi estremi e catastrofici, tra cui siccità e inondazioni, risiedono nelle attività umane. Attività in prevalenza basate sull'uso indiscriminato di combustibili fossili, che, ad oggi, continuano a rifornirci di oltre due terzi di elettricità. Alla grave dimensione ambientale, una tale dipendenza energetica dai Paesi detentori di risorse fossili espone l'intero pianeta al condizionamento geopolitico di questi stessi pochi Paesi. Liberarsi quanto prima dalle dinamiche che si intrecciano attorno ai combustili fossili, dunque, è fondamentale sia per fronteggiare e mitigare la crisi climatica, sia per ragioni strategiche. Tali premesse per chiarire il senso, in questa ottica, di diversificare il paniere di approvvigionamento, ampliando ad una fornitura spalmata su tutte le diverse fonti "pulite". Sul medio e lungo termine, parliamo almeno di 15 anni, la fusione nucleare sarà co-protagonista con le rinnovabili del nostro futuro energetico, perché qui, il processo che porta a liberare energia, convertibile in elettricità, è da considerarsi all'interno della gamma di soluzioni "pulite". L'unione di nuclei leggeri, come gli isotopi d'idrogeno deuterio e trizio, infatti, non comporta emissioni carboniche e, a differenza della fissione, basata sulla rottura di nuclei pesanti, come quello di uranio, non produce scorie radioattive di lungo periodo. Non solo: un reattore a fusione è intrinsecamente sicuro e i combustibili di partenza di deuterio e litio sono virtualmente illimitati. Non a caso, nella realizzazione, affatto banale, di reattori a fusione stanno investendo le maggiori economie mondiali, nei cui centri si conducono, in modo coordinato a livello internazionale, i più ambiziosi progetti di ricerca. L'Europa, con il consorzio EUROfusion, sta conducendo un'iniziativa congiunta a fianco di Giappone, Stati Uniti, Corea, Cina, India e Russia, la cui punta di diamante è Iter, in fase di costruzione a Cadarache, nel sud della Francia (www.iter.org), da cui si attendono promettenti risultati scientifici sul finire del decennio. Oltre a dimostrare la fattibilità della fusione, i team di ricerca puntano ad ottenere un fattore di amplificazione di energia pari a 10 e, intanto, parallelamente al funzionamento di ITER, si procederà alla realizzazione del proto-reattore DEMO, il primo reattore dedicato alla produzione di energia elettrica dalla fusione.Presso i laboratori Enea di Frascati si stanno coordinando i lavori del più imponente esperimento europeo, il Divertor Tokamak Test facility (DTT): questo contribuisce a collocare il nostro Paese, sia sul piano fisico che ingegneristico, alla testa dei programmi di avanguardia sulla fusione, soprattutto perché l'Italia è presente anche con Infn, Cnr, Consorzio RFX, Consorzio Create, diverse università ed Eni. Padova è tra i centri di eccellenza, a livello mondiale, per gli studi avanzati e la sperimentazione sulla fusione: qui, infatti, è in funzione l'esperimento RFX e in costruzione la Neutral Beam Test Facility, allo scopo di sviluppare e collaudare il potente acceleratore di particelle che alimenterà il plasma di Iter. In questa cornice assistiamo da alcuni mesi ad una ingente crescita di interesse e investimenti da parte dei privati, a riprova delle promettenti potenzialità di questa alternativa energetica. L'autorevole Telegraph riporta che i capitali riversati nella fusione nucleare negli ultimi 12 mesi (2,8 miliardi di dollari) hanno superato i 2 miliardi di dollari del precedente decennio.