Mobilità green. La fabbrica di Northvolt di batterie europee rischia la bancarotta
La fabbricadi Northvolta Skelleftea, in Svezia
Il Ceo e co-fondatore di Northvolt, Peter Carlsson, si è dimesso venerdì, un giorno dopo che la più grande speranza europea per un campione di batterie per veicoli elettrici ha presentato istanza di protezione fallimentare ai sensi del Capitolo 11 degli Stati Uniti. L'azienda aveva solo 30 milioni di dollari di liquidità al momento della presentazione, sufficienti per sostenersi per una settimana, mentre i suoi debiti ammontavano a 5,8 miliardi di dollari, inclusi 313 milioni dovuti alla Banca europea per gli investimenti (BEI) e un prestito di 154 milioni di dollari dagli azionisti.
Un’industria che lavora tecnologie green non può non essere inserita in un contesto green. E nella foresta del nord della Svezia – con strutture dove il legno predomina a celare un contesto produttivo che definire blindato è poco – quello che è stato definito il campione europeo delle batterie per autotrazione, la Northvolt, ha realizzato un sito quasi mimetizzato, gelosa delle sue tecnologie volte a soddisfare la fame europea di componentistica elettrica per quelle auto che, secondo l’Unione europea, dal 2035 dovrebbero essere la sola tipologia di motorizzazione da produrre. Un hub volto, in secondo luogo, a contrastare il predominio cinese nel campo delle batterie. Eppure, stando ad indiscrezioni stampa, l’azienda guidata dagli ex Tesla, Peter Carlsson e dall’ingegnere torinese Paolo Cerruti è in crisi e fatica a raggiungere gli obiettivi di produzione, questo almeno da metà settembre.
Il produttore di batterie svedese non raggiungerà l’obiettivo di produrre 100mila celle a settimana entro la fine dell’anno e ha sospeso la produzione in uno dei due edifici dello stabilimento di Skelleftea. Secondo l’agenzia Reuters, che ha ricevuto informazioni da fonti aziendali, l’azienda ora produce le celle nei giorni feriali ma ci sarebbero pure difficoltà di aumentare la produzione stessa. Due documenti non pubblici esaminati dall’agenzia finanziaria, con la dicitura “Piano di produzione 2024”, mostrano che dall’inizio di settembre l’azienda ha costantemente mancato gli obiettivi settimanali di produzione di celle “spedibili”, ovvero di celle ritenute sufficientemente buone per essere consegnate ai clienti. I documenti mostrano, insieme agli obiettivi per ogni settimana, il target di raggiungere 51mila celle consegnabili in una settimana entro la fine del 2024. Northvolt si è giustificata spiegando che gli obiettivi erano stati fissati il 5 settembre ed erano «da tempo superati». Definita come la migliore opportunità per l’Europa di indebolire il dominio schiacciante della Cina sul mercato delle batterie per veicoli elettrici (EV), Northvolt ha licenziato un quinto della sua forza lavoro. Non basta. L’azienda, che non ha ancora realizzato profitti, ha optato per una ristrutturazione guidata dal tribunale dopo che i colloqui con investitori e creditori, tra cui Volkswagen e Goldman Sachs, si sono interrotti e mentre i suoi fondi si stavano esaurendo. La presentazione del Chapter 11 consente un periodo durante il quale l'azienda può riorganizzarsi e accelerare le operazioni rispettando gli impegni dei clienti e dei fornitori. Ostacolata da ritardi nelle consegne e in difficoltà nel produrre volumi sufficienti di batterie di alta qualità, ha pure perso a giugno un contratto da 2 miliardi di euro con Bmw.
Dall’indagine della Reuters emerge che il costruttore nordico ha avuto difficoltà nell’aumentare i livelli di produzione di celle – le unità che immagazzinano e convertono l’energia chimica in elettricità – al punto che, nella settimana iniziata il 21 ottobre, ne ha consegnate solo 22mila a fronte di un obiettivo di 30mila e questi livelli produttivi contrastano con l’obiettivo delle 100mila a settimana entro la fine dell’anno che l’azienda aveva comunicato a Reuters il 24 settembre scorso e prima ai dipendenti nell’ambito della sua tabella di marcia “Path to 100k”. A questo punto cambia la prospettiva anche se Northvolt aveva dichiarato di aver triplicato i livelli di produzione da inizio anno. I fogli di produzione settimanali esaminati mostravano che aveva assemblato più di 51mila celle buone a settimana solo una volta tra la fine di agosto e l’inizio di novembre. Nella settimana conclusasi il 10 novembre ne aveva assemblate circa 26mila. Le celle assemblate passano attraverso ulteriori fasi di produzione e controlli di qualità, un processo che può ridurre il numero di celle ritenute pronte. Fonti interne avevano affermato che i problemi nell’aumentare la produzione derivavano da difetti delle macchine, da personale inesperto e da ambizioni irrealistiche. «Per le macchine che sono in produzione di serie, abbiamo ottimi livelli di prestazione», aveva dichiarato da parte sua l’azienda.
Ma la situazione si è deteriorata, anche perché dopo l’annullamento dell’ordine da parte di Bmw, Northvolt ha prodotto principalmente celle per il produttore di mezzi pesanti Scania e per quelli di auto di lusso Audi e Porsche, tutti marchi appartenenti all'azionista, Volkswagen. A settembre Scania aveva dichiarato di aver ricevuto le celle Northvolt nei tempi previsti ed in numero sufficiente dopo aver concordato un nuovo piano di consegna. «All’inizio di quest’anno solare, abbiamo stretto un nuovo patto e ci siamo resi conto che non erano in grado di aumentare la velocità richiesta dal mercato», aveva dichiarato la scorsa settimana l’amministratore delegato di Scania, Christian Levin. Scania, peraltro, ha una sua fabbrica di assemblaggio di batterie, inaugurata i primi di settembre dello scorso anno, a Södertälje, sempre in Svezia.