Economia

Cina. La crisi immobiliare non è finita: cresce l'allarme «subprime»

Alessandro Bonini mercoledì 4 settembre 2024

La torre per uffici dello sviluppatore New World Development a Hong Kong

La crisi del mattone cinese non demorde, anzi continua a essere motivo di preoccupazione per investitori e politici della nomenklatura, in quanto la potenziale bolla immobiliare rappresenta una minaccia per la crescita della seconda economia mondiale. Come se non bastasse, nelle ultime ore sono tornati in auge i parallelismi con la bolla dei mutui subprime, che a partire dagli Stati Uniti nel 2008 fece da detonatore per la grande crisi finanziaria globale.

L’ultimo allarme, dopo i casi Evergrande e Country Garden, è arrivato a inizio settimana da New World Development, un altro colosso quotato a Hong Kong, che ha preannunciato una perdita miliardaria per l’esercizio fiscale 2024. Secondo quanto dichiarato dalla società, il “rosso” stimato in circa 2,6 miliardi di dollari sarebbe attribuibile a una combinazione di fattori fra cui il continuo calo dei prezzi degli immobili, i tassi di interesse elevati, e le congiuntura economica locale e internazionale. L’azienda ha inoltre citato le difficoltà nel vendere nuove proprietà e la riduzione delle entrate derivanti da affitti e altri investimenti immobiliari. Notizie che seguono le indiscrezioni riportate da Bloomberg secondo cui il governo di Pechino si appresta a lanciare il più grande programma di rinegoziazione dei mutui dalla crisi finanziaria innescata dai mutui subprime americani nel 2008. Il piano, che interessa potenzialmente 5,4 migliaia di miliardi di dollari di mutui, dovrebbe scattare entro gennaio, quando le banche cinesi solitamente riprezzano i mutui, e avrebbe lo scopo di rilanciare i consumi. Ai mutuatari sarebbe anche consentito di rifinanziarsi con una banca diversa per la prima volta dalla crisi finanziaria globale.

La proposta di un “bazooka” per calmierare i mutui e rilanciare i consumi è stata accolta finora con cautela dagli analisti, poiché se da una parte sembra avvantaggiare i proprietari di case esistenti, dall’altra non affronta il problema della domanda di nuove case. Il settore immobiliare rappresenta una parte significativa del Pil cinese e il rallentamento delle costruzioni ha colpito duramente diversi settori collegati, come quello dell’acciaio, del cemento e dei materiali da costruzione. Del resto la bolla cinese è il risultato di anni di crescita esplosiva del mercato immobiliare, sostenuta da una forte urbanizzazione, investimenti massicci e un facile accesso al credito. Durante il boom economico, molte aziende cinesi, come Evergrande e Country Garden, hanno accumulato enormi debiti per finanziare la costruzione di enormi progetti immobiliari. Tuttavia, con il rallentamento della crescita economica e l’introduzione di politiche più restrittive da parte del governo cinese per contenere l’indebitamento del settore, molte di queste aziende hanno iniziato a trovarsi in difficoltà finanziarie.

Uno dei segnali più evidenti della crisi è stato il default di Evergrande, il gigante immobiliare cinese, che nel 2021 ha ammesso di non essere in grado di onorare i suoi debiti, provocando un’onda d’urto nei mercati finanziari globali. Altri sviluppatori immobiliari hanno seguito lo stesso destino, creando un clima di incertezza che ha portato a un forte calo delle vendite e dei prezzi delle case. Secondo gli ultimi dati, diffusi sabato dalla China Index Academy, ad agosto il prezzo medio per le vendite di case nuove in 100 città cinesi è aumentato di un modesto 0,11% da luglio, mentre i prezzi delle case esistenti sono diminuiti dello 0,71% rispetto al mese precedente. Rispetto a un anno prima, le case nuove e quelle usate hanno visto i prezzi medi scendere rispettivamente dell’1,76% e del 6,89%.