Economia

Previdenza. La Corte: ora il governo cambi le norme

Nicola Pini venerdì 8 maggio 2015
La sentenza che ha bocciato la mancata rivalutazione delle pensioni superiori ai 1.450 euro circa nel 2012 e 2013 ha valore di legge ed è subito efficace. La precisazione arriva dalla Corte costituzionale che in sostanza chiama il governo a un intervento per disciplinare la nuova situazione, anche a fronte di possibili e legittimi ricorsi da parte degli interessati. «Le sentenze della Corte che dichiarano la illegittimità costituzionale di una norma di legge producono la cessazione di efficacia della norma stessa dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione », ha chiarito ieri la Consulta. «Da quel momento – si aggiunge – gli interessati possono adottare le iniziative che reputano necessarie e gli organi politici, ove lo ritengano, possono adottare i provvedimenti del caso nelle forme costituzionali», aggiunge. Il governo sta preparando un decreto legge per far fronte alla situazione. Ieri pomeriggio il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha incontrato a Palazzo Chigi il premier Renzi, ancora silente sulla vicenda. Stretto riserbo anche sugli esiti del colloquio. Segno che la soluzione non c’è ancora e che il caso resta molto delicato dal punto di vista finanziario come da quello che politico, con le regionali alle porte. Sindacati e opposizioni incalzano il governo a dare attuazione alla sentenza mentre il responsabile del Mef ha parlato nei giorni scorsi di una soluzione per minimizzi l’impatto sul bilancio, alludendo a un rimborso decrescente al crescere del reddito. Ma serve una soluzione solida anche sul piano giuridico per evitare nuove bocciature. Il pronunciamento dei giudici intanto sgombra il campo dall’incertezza. La normativa introdotta dal governo Monti che bloccava per due anni la rivalutazione è stata annullata. Gli enti previdenziali devono quindi prepararsi ad adeguare gli importi delle future pensioni in pagamento già dai prossimi mesi, in base alle indicazioni che darà l’esecutivo. Per quanto riguarda gli arretrati il diritto ad averli è indiscutibile ma è possibile una rateizzazione. Il conto per le casse pubbliche si annuncia molto oneroso. Oltretutto in base alle normative europee l’intera posta dei rimborsi per gli anni passati (il biennio di blocco della perequazione, più il trascinamento su 2014 e 2015) peserà tutta sul bilancio di quest’anno, non potrà essere scaricata sul passato. Sull’entità delle risorse da trovare non sono state diffuse cifre ufficiali. Ma il Tesoro ha calcolato in quasi 9 miliardi il costo totale per il triennio 20122014 se tutte le pensioni fosse rivalutate in pieno. Per il 2015 servirebbero poi altri due miliardi (e poco meno per i prossimi anni). In tutto, finora, si supera la decina di miliardi di euro togliendo dal conto le detrazioni Irpef, che restano allo Stato. Una cifra potenziale perché il fabbisogno reale dipenderà poi da come e quanto il governo deciderà di restituire. L’obiettivo di minimizzare l’impatto porterà inevitabilmente a non dare tutto a tutti, riducendo l’entità della rivalutazione al crescere degli assegni. Resta scontato però che per non tradire le indicazioni della Consulta serve equità e pertanto le pensioni medie, quelle più numerose, dovranno essere rivalutate del tutto, o almeno in larga parte. L’asticella potrebbe essere fissata a 6 volte il trattamento minimo (poco meno di 3.000 euro mensili lordi) o a otto volte il minimo (circa mille euro in più). Al di sopra di queste cifre il blocco dell’indicizzazione potrebbe rimanere o comunque essere fortemente ridotto. Ma va tenuto conto che la spesa complessiva per le pensioni sopra i 4.000 euro vale 'solo' 25 miliardi l’anno a fronte degli oltre 130 miliardi per quelle tra 1500 e i 4.000. Difficile fare grandi risparmi agendo solo sul 16% della spesa. Gli arretrati comunque potrebbero essere rateizzati. I sindacati incalzano il governo per la piena applicazione della sentenza ma potrebbero accettare su una restituzione scaglionata nel tempo. Non trova conferme invece l’ipotesi che una parte della restituzione possa avvenire attraverso titoli di Stato. Ma anche se il governo riuscisse a dimezzare a 5 miliardi l’impatto potenziale della sentenza fino a oggi, trovare i fondi non sarà una passeggiata. La maggior spesa dovrà essere finanziata con un maggiore deficit, che tornerebbe così ad avvicinarsi al 3% invece di calare come vuole l’Europa, oppure con tasse e tagli.