Economia

Professione. L'utility manager a tutela dei consumatori

Maurizio Carucci venerdì 8 novembre 2024

Un professionista per evitare bollette troppo care

Servirebbe un professionista per districarsi nel mercato libero e a volte selvaggio delle utenze. Dal telefono al gas, dall'elettricità all'acqua fioccano le finte offerte e le vere truffe a danno dei consumatori. Quasi un italiano su due, infatti, ha problemi con le società energetiche e telefoniche, il 39% non si fida dei contratti dei gestori e sette cittadini su dieci non attiverebbero forniture tramite call center e venditori porta a porta. I dati emergono da una ricerca condotta da Assium-Associazione italiana degli utility manager. Lo studio di Assium evidenzia inoltre come il 62,8% dei cittadini valuti nuove offerte o cambi di fornitore solo "quando capita", contro il 23,4% che lo fa una volta l'anno (l'8,6% ogni sei mesi). La motivazione principale che spinge gli utenti a cambiare il proprio gestore è il prezzo più basso dell'offerta commerciale (42% dei casi), ma a incidere sono anche i problemi con il precedente fornitore (20%) e la maggiore trasparenza delle offerte (14%). Tuttavia, un consumatore su due (47,8%) ritiene importante la certificazione professionale del venditore. «Il sondaggio attesta come i consumatori sono altamente sfiduciati rispetto alle modalità di vendita dei contratti e la loro trasparenza: ed è proprio per questo che la proposta di istituire la figura dell'utility manager ha raccolto consensi trasversali tra istituzioni, società fornitrici, autorità e venditori, e auspichiamo che la proposta presentata in Parlamento da Letizia Giorgianni (FdI) diventi presto legge dello Stato», spiega il presidente di Assium Federico Bevilacqua.

«La mia proposta di legge per l'istituzione della figura dell'utility manager, un professionista qualificato e certificato, vuole rispondere ai crescenti disagi affrontati dai consumatori italiani nel settore energetico e tutelare gli utenti dalle distorsioni informative, aiutandoli a individuare le offerte più vantaggiose. I dati Eurostat confermano che gli italiani pagano il 23% in più rispetto alla media europea per le bollette di luce e gas. Questo divario è un segnale d'allarme che merita molta attenzione. Infatti, i consumatori si trovano spesso a dover fare i conti con la disinformazione, il telemarketing aggressivo e i costi variabili delle bollette, senza conoscere le cause di tali oscillazioni. La complessità dei prodotti energetici, unita a una comunicazione poco trasparente, lascia spazio a strategie opache da parte di alcune compagnie. Di fronte a queste asimmetrie informative, la politica può intervenire, sebbene la questione riguardi più il diritto privato. L'introduzione dell'utility manager permetterebbe di agire a monte, offrendo ai consumatori un supporto professionale e indipendente, in grado di orientare verso le scelte più convenienti, arginando le pratiche ingannevoli», sottolinea Giorgianni.

Chi è e come si diventa utility manager

In Italia esistono decine di migliaia di venditori, broker o consulenti, ma nessuno, seppur ci siano professionisti seri e preparati, è mai stato titolare di una certificazione ufficiale e il rischio per un consumatore è quello di affidarsi a persone impreparate e poco oneste trovandosi poi in serie difficoltà. L’utility manager certificato nasce ufficialmente il 16 aprile del 2020 con la pubblicazione della norma Uni 11782 del 2020 che definisce i requisiti che distinguono il professionista che svolge questa attività. Rientra nelle cosiddette “Attività professionali non regolamentate” il manager delle utenze e nella norma vengono specificati i presupposti di conoscenza, abilità e competenza. I professionisti che intendono svolgere l’ attività di “manager delle utenze”, devono possedere tali requisiti, riconosciuti dopo specifico percorso di formazione e superamento dell’ esame finale. A partire da questa norma, la disciplina dell’utility management inizia una evoluzione che porta, giorno dopo giorno, all’ affrancamento da uno stile commerciale vecchio, centrato sulla semplice vendita del contratto. L’utility manager certificato scrive una nuova storia per questo mercato, proponendosi come consulente di fiducia, mettendo al centro della relazione la soddisfazione e la sicurezza del proprio cliente. L’introduzione di questa norma, riconosce, per la prima volta, l’esistenza di una figura professionale competente che agisce nel settore delle utilities proponendo un servizio di consulenza di alto valore aggiunto per i propri clienti. Una vera e propria rivoluzione, destinata ad evolversi nei prossimi anni grazie al nostro lavoro di divulgazione e informazione sulla norma.

Scendendo nel dettaglio la norma Uni 11782 del 2020, individua circa 41 conoscenze, 42 abilità e 15 competenze in conformità al quadro europeo delle qualifiche (Eqf-European Qualifications Framework, Raccomandazione 2017/C 189/03 del 22 maggio 2017). La massima espressione del manager delle utenze è racchiusa in cinque fasi e in 11 compiti definiti, che all’interno del mercato assicurano ciò di cui i consumatori hanno più bisogno, cioè professionalità e trasparenza: i valori che generano la fiducia. Il percorso che un utility manager deve seguire per accedere alla certificazione prevede: due anni di esperienza sul campo; almeno uno o più corsi formativi per un numero di ore complessivo non inferiore a 24 ore su tematiche afferenti alla professione; il possesso del diploma di scuola superiore.

I costi per enti locali e famiglie

La bolletta annua delle principali utenze a carico degli enti locali è aumentata di quasi un miliardo di euro in cinque anni, con la spesa che è salita dai circa tre miliardi di euro del 2018 agli oltre 3,9 miliardi del 2023. Lo afferma Assium, che ha realizzato uno studio sui costi che Comuni, Città metropolitane, Unioni di Comuni, Province Autonome e Regioni italiane hanno sostenuto negli ultimi anni per le forniture energetiche, idriche e telefoniche. Analizzando i dati riportati dal Siope-Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici, emerge come la spesa che ha registrato la più forte diminuzione in cinque anni sia quella per le bollette telefoniche. In particolare per la telefonia mobile i Comuni hanno speso nel 2023 il 32,6% in meno rispetto al 2018 (da 23,4 a 15,8 milioni di euro annui), -10,5% (da 154 a 138 milioni di euro) per la telefonia fissa. Calo ancora più marcato per le Regioni: -38,4% per la telefonia mobile, -42,6% la telefonia fissa. Per gli enti locali la bolletta più salata è quella relativa all'energia elettrica: per la luce i Comuni hanno speso la bellezza di 2,3 miliardi di euro nel 2023, con un incremento di spesa di 533 milioni (+29,8%) sul 2018, (179 milioni le Regioni contro i 116 milioni del 2018, +54,5%). È tuttavia la bolletta del gas quella che registra gli incrementi più pesanti - afferma lo studio Assium - Rispetto al 2018 Comuni e Città metropolitane hanno speso lo scorso anno il 35,2% in più per le forniture di gas, con un conto passato da 635 a quasi 860 milioni di euro. Per le Regioni la spesa aumenta addirittura del +112%: da 10,5 milioni di euro a 22,4 milioni. Andamento altalenante per la voce ''acqua'': se le amministrazioni comunali hanno speso in 5 anni il 41,1% in più per il servizio idrico, la bolletta delle Regioni è diminuita del 33,3%.

Quasi un quarto della spesa annua delle famiglie italiane, precisamente il 23%, se ne va in bollette, e cresce l'incidenza delle spese obbligate sui bilanci familiari con effetti deleteri sui consumi in altri comparti. Lo afferma l'associazione dei consumatori Consumerismo no profit, che chiede a gran voce al governo di accelerare l'iter di approvazione di quelle proposte di legge presentate per aiutare i cittadini a risparmiare nella spesa per le utility. Tutti gli ultimi rapporti sui consumi degli italiani - nota Consumerismo - attestano come la spesa delle famiglie, nonostante la crescita del potere d'acquisto e dei redditi disponibili e la stabilità dei prezzi al dettaglio, risulti praticamente ferma. Questo perché i bilanci familiari sono assediati dalle cosiddette spese obbligate, il cui peso risulta in aumento restringendo lo spazio per i consumi discrezionali. Tra le spese obbligate quelle che nell'ultimo anno registrano l'incidenza maggiore sulle tasche delle famiglie sono le bollette di luce, gas, acqua, rifiuti, telefonia eccetera, pari ad un controvalore di quasi 287 miliardi di euro annui. Una fetta così consistente da spingere gli italiani a ridurre i consumi in altri comparti non primari, come ristorazione, abbigliamento, calzature e viaggi.

«La mancata ripresa dei consumi in Italia - commenta il presidente Luigi Gabriele - è un danno per l'intero sistema economico e produce effetti a cascata su commercio, industria e occupazione La crescita della spesa per le utilities nonostante la fine dell'emergenza energia e il ribasso delle tariffe è aggravata dalla scarsa conoscenza dei consumatori circa le possibilità di risparmio offerte dal mercato: per questo chiediamo al governo di accelerare sulle proposte di legge, come quella presentata da Letizia Giorgianni e condivisa da associazioni dei consumatori e operatori del comparto, volta a istituire in Italia la figura dell'utility manager per guidare le famiglie nella scelta dei fornitori di servizi (luce, gas, tlc eccetera) e garantire risparmi di spesa sulle bollette, in modo da incrementare le risorse che gli italiani possono destinare ad altri consumi non obbligati».

«Nel far west delle compagnie energetiche passate da pochi mesi al mercato libero - evidenzia Giorgianni - rischiano di rimetterci i clienti più vulnerabili. Questo perché i "big" del mercato si stanno facendo la guerra a colpi di ribassi per accaparrarsi clienti, ed il rischio è quello che scarichino sul 'mercato a tutele graduali' il recupero delle perdite di guadagno che ne consegue. E sono proprio gli utenti più fragili che il governo Meloni intende tutelare e proteggere, come da sempre fatto, con strumenti ad hoc. Tra queste misure l'istituzione della figura dell'utility manager, come da mia proposta di legge, potrebbe indirizzare l'utente verso i contratti più convenienti per i loro consumi. Con questa proposta di legge tutti i call center che vorranno gestire la vendita di forniture elettriche dovranno necessariamente avvalersi di figure professionali certificate che indirizzino l'utente finale verso il contratto più conveniente al fine di ridurre drasticamente bollette e consumi».

Le opportunità del mercato libero
Esplorare come gli italiani stanno vivendo la transizione verso il mercato libero dell’energia. È questo l’obiettivo del IV Rapporto Edison-Censis Le opportunità del mercato libero. Pratiche, culture e valori degli italiani nelle due transizioni: energetica e al mercato libero è anche il primo atto del nuovo Osservatorio Edison-Censis su Culture dell’energia e della sostenibilità degli italiani ed è la prima ad avere tre declinazioni locali in tre città simbolo dell’impegno di Edison sui territori: Catania, Bari e Livorno. Questa edizione sposta l’asse della riflessione ancor più dentro la quotidianità delle scelte degli italiani sull’energia, focalizzandosi in via prioritaria sulle culture e pratiche dei cittadini e trasformazione dei mercati domestici di fornitura dell’energia.

«Edison è da sempre un Gruppo impegnato nel perseguire uno sviluppo sostenibile e un progresso industriale, economico e sociale giusto per tutte le comunità. La sostenibilità è nel nostro Dna: con l’osservatorio Censis da quattro anni indaghiamo come evolve la consapevolezza degli italiani rispetto a queste tematiche. Questa edizione del Rapporto porta con sé due novità: in primo luogo, costituiamo l’Osservatorio Edison-Censis su Culture dell’energia e della sostenibilità degli italiani; inoltre, questa è la prima edizione ad avere tre declinazioni locali», dichiara Barbara Terenghi, Evp Sustainability di Edison. Per capire l’impatto della transizione, è utile comprendere quale è l’approccio degli italiani al mercato dell’energia. Gli elementi più importanti sono la possibilità di scegliere e cambiare fornitore (valido per nove su dieci), l’accesso a offerte a prezzi competitivi (nove su dieci), la possibilità di optare per proposte con energie rinnovabili (otto su dieci) e la scelta tra contratti con tanti aspetti diversificati come tariffe con criteri diversi, servizi aggiuntivi (per tre cittadini su quattro). Le priorità dei consumatori sono tutte pilastri del mercato libero dell’energia: per questo il 77% degli italiani ha scelto di aderirvi. In particolare, più di un cittadino su quattro lo ha fatto perché convinto di beneficiare di prezzi più convenienti, per la possibilità di scegliere tra diverse offerte quella più in linea con le proprie esigenze e preferenze. Il 23,6% lo ha fatto per la scelta del fornitore.

«Gli italiani sono bravi a sorprenderci in positivo, una volta di più nell’attuale fase di trasformazione del settore dell’energia. Del mercato libero intravedono le opportunità, al contempo sono consapevoli dell’importanza di beneficiare del supporto esperto di un’azienda fornitrice in cui vogliono avere fiducia - dice Giorgio De Rita, segretario generale del Censis -. Chiedono supporto per poter consumare con parsimonia l’energia, secondo quella sobrietà virtuosa sempre più consolidata nel quotidiano che genera sostenibilità ambientale ed economica per il budget delle famiglie. Nel mercato libero poi, oltre al prezzo, per gli italiani contano sempre più i servizi aggiuntivi, quelli che aiutano a consumare meglio l’energia e migliorano anche la qualità della vita. La quarta edizione del rapporto Edison-Censis, primo step dell’Osservatorio, mostra che in questi anni tra gli italiani c’è stato senz’altro un upgrading nella cultura sociale dell’energia e più in generale nella cultura e nella pratica della sostenibilità».

Chi è rimasto nel Stg-Sistema a tutele graduali lo ha fatto in quattro casi su dieci perché si sente più tranquillo, in tre su dieci perché lo reputa più conveniente e - sempre con la stessa percentuale – perché vuole altro tempo per capire meglio. Tuttavia, il solo prezzo è un elemento secondario nella scelta del fornitore per chi è ancora nel Stg: più importante è l’equilibrio tra prezzi e altri eventuali servizi (36%). Un tratto che accomuna i consumatori Stg con quelli nel mercato libero: la convenienza economica non è l’elemento più importante. In prospettiva, tre quarti degli intervistati di entrambe le categorie dichiara che anche nel mercato dell’energia sceglieranno sempre più il fornitore che a un buon prezzo associa servizi aggiuntivi utili. In ogni caso, quattro consumatori su dieci sono convinti che nel tempo il dispiegarsi della competizione tra fornitori nel mercato libero ridurrà i prezzi e migliorerà le offerte. La quota sale fino a quasi il 50% tra quelli nel mercato libero ma resta sopra il 36% anche tra quelli nel Stg

Tra i servizi offerti c’è la possibilità di godere di programmi fedeltà, apprezzata dal 66,2% dei consumatori nel mercato libero e dal 64% nel Stg. Un’evoluzione che risponde a una doppia necessità: da un lato quella aziendale di fidelizzare, dall’altro quella del cliente di trovare un’azienda partner che faccia da guida negli inediti passaggi di questi anni. Un ulteriore capitolo è la possibilità di godere di offerte che modulano i prezzi dell’energia in relazione a determinati orari: un servizio che interessa a più sei italiani su dieci, in particolare a quelli che sono nel mercato tutelato.

Dopo il prezzo e gli altri servizi offerti (39,7%), il secondo fattore più importante per i consumatori nel mercato libero è la fiducia, sicurezza e affidabilità dell’azienda fornitrice (29,2%). È un indice di un mercato sempre più complesso, in cui è difficile per i consumatori orientarsi. Più di sei italiani su dieci sottolineano che nella scelta del fornitore di energia il nome dell’azienda è importante perché dà fiducia.

Un’altra sfaccettatura del brand è il radicamento sui territori: il 70,8% degli italiani ritiene importante la presenza di negozi con persone competenti a cui rivolgersi per ogni tipo di problema. Una percentuale che sale fino all’87,1% tra le persone con più di 65 anni, una coorte anagrafica sempre più presente in Italia. Inoltre, sei consumatori su dieci sottolineano che i negozi di prossimità sono un fattore importante nello scegliere il proprio fornitore di energia. Questi non sono solo punti vendita ma possono inoltre integrare al loro interno una serie di competenze rilevanti per i consumatori, diventando così hub da cui possono partire stimoli per rivolgersi a professionisti e imprese locali. Qui i clienti possono richiedere – per esempio - servizi di efficientamento dei consumi energetici, attivando processi di creazione di occupazione di qualità con relativa generazione di valore aggiunto e crescita del Prodotto interno lordo. Il mercato libero e l’impatto sui territori non si ferma quindi alla compravendita del bene energia ma è in grado di generare una domanda aggiuntiva di servizi.

Proprio la digitalizzazione è una delle richieste dei consumatori per integrare e completare la forte presenza territoriale. Il 79,1% dei consumatori nel mercato libero apprezza la possibilità di poter gestire le bollette e i pagamenti in digitale, aspetto apprezzato anche da quote alte anche di chi è nel Stg.


Gli effetti dell'intelligenza artificiale

Un effetto destinato a durare nel tempo, quello dell’intelligenza artificiale generativa (Generative AI), la nuova frontiera dell’innovazione tecnologica che trasformerà il settore delle utility sotto tutti i punti di vista. I numeri sono significativi: si stima che per le utility, la Generative AI potrà portare a un incremento della produttività fino al 25% a livello mondiale. Queste sono alcune delle evidenze emerse dall’analisi Agici-Accenture. L’intelligenza artificiale sta esplodendo ed è destinata a cambiare, in modo non transitorio, le modalità di lavoro, i modelli di business e la società nel suo complesso, questo grazie anche alla sua accessibilità ed alla vicinanza all’utente finale. A oggi il 77% dei dispositivi elettronici include già una qualche forma di Generative AI. Lo scorso febbraio, a distanza di un anno da ChatGPT 3.5, è stato lanciato Sora, un modello di generazione di video da testi, oltre a Dall-E 3, in grado di generare immagini ad alta definizione da testi. Non a caso le grandi aziende dell’It stanno puntando con decisione su questa tecnologia, con investimenti in start up dedicate che nel 2023 sono stati pari a 33 miliardi di dollari per Meta, 13 miliardi per Microsoft, quattro miliardi per Amazon e due per Google

La Gen AI trasformerà in modo sostanziale la Industry, a partire da tre direttrici principali che possiamo definire come “archetipi”: nuove modalità di interazione con i clienti, una ridefinizione degli asset aziendali attraverso l’incrocio fra “fisico” e “digitale” (phygital) e, infine, la progettazione di nuovi servizi, costruiti attorno ai lavoratori. Per quanto riguarda il primo archetipo, si passerà dall’attuale modello multi-livello, in cui il primo, e unico, punto di contatto dei clienti con l’azienda avviene attraverso il servizio clienti, a un approccio “uomo+ macchina” con cui l’azienda si rapporterà sia con i clienti già esistenti che con quelli potenziali, migliorando radicalmente le interazioni sia in termini di e risoluzione di problemi che per attività di marketing e vendita.

Col secondo archetipo, l’attuale sistema di analisi degli asset incentrato sul mix fra dati derivati da Internet of Things e prove “sul campo” verrà sostituito da un modello in cui il mondo fisico e quello digitale convivono all’interno di un ecosistema intelligente, migliorando le performance, la qualità degli asset e la sicurezza lungo tutta la catena del valore.

In merito ai servizi erogati, infine, il passaggio sarà da un sistema in cui il lavoratore si serve di diverse risorse e strumenti a sua disposizione (gestione conoscenze e dati, sistemi di e-learning eccetera) a un altro in cui l’assistente digitale è “sempre presente” al suo fianco, fornendogli immediatamente ogni tipo di aiuto o informazione, generando così efficienza e favorendo la creatività.

Le imprese dovranno mettersi in grado di sfruttare appieno la Generative AI adottando innanzitutto un approccio di “reinvenzione”, operando in sinergia con partner qualificati per rivedere i percorsi dei clienti e le modalità di lavoro al proprio interno. Sarà necessario poi costruire un modello flessibile per rendere l’intelligenza artificiale scalabile, accertarsi che questa venga usata in modo responsabile e senza generare rischi (Accenture calcola che il 28% dei lavoratori usi già la Generative AI, il 50% dei quali senza supervisione) e riqualificare e riorganizzare la forza lavoro, che dovrà arrivare ad uno stato “liquido”, pronto cioè a modificare velocemente ruoli e compiti in modo da stare al passo dell’evoluzione tecnologica. Vista la portata dei cambiamenti in atto e l’elevata potenzialità delle ricadute positive di un efficace utilizzo della Generative AI, a giudizio di Accenture è indispensabile un forte coinvolgimento dei ceo e del top management aziendale in questo processo, in modo da garantire una sostanziale adesione ai nuovi modelli organizzativi da parte di tutti i soggetti coinvolti internamente.

Lavorare in partnership, attraverso joint venture e collaborazioni strategiche per rafforzare in maniera sistemica le competenze in ambito tecnologico, è sicuramente un modo consigliabile per accelerare e guidare il cambiamento, così come è indispensabile dotarsi di sistemi sicuri di protezione del know-how e dei dati aziendali in modo da evitare la dannosa fuoriuscita di informazioni sensibili.