Lo studio. L'Ocse: con più donne al lavoro e politiche attive +3,5% del Pil
Rafforzando e ampliando le politiche attive sul lavoro, incrementando l'istruzione terziaria e riducendo il divario di genere nel mercato del lavoro, con più donne presenti nei vari settori, il Pil pro capite in Italia potrebbe aumentare dell'3,5% entro il 2050. A metterlo nero su bianco, è un report dell'Ocse sull'Italia nel quale si sottolinea il peso dei Neet, coloro che non studiano né lavorano, con un tasso al 23%, inferiore solo a quello di Colombia e Turchia.
La causa dei bassi livelli della partecipazione femminile al mercato del lavoro, è dovuta - segnala l'Ocse - non solo ad un problema di lavoro di cura concentrato sulle donne e alla presenza di stereotipi nel percorso educativo che spingono le ragazze molto spesso fuori dai percorsi stem (quelli che poi rendono più semplice entrare nel mercato del lavoro con retribuzioni più alte) ma anche ad un nodo fiscale. "Se, da un lato, il calcolo delle imposte in base al reddito individuale anziché quello congiunto del nucleo familiare e la recente introduzione di un supplemento al sussidio per i genitori destinato al percettore secondario di reddito (Assegno Unico Universale) incentivano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, sottolinea l'Ocse, il sistema fiscale e previdenziale rimangono, in linea di massima, favorevoli alle famiglie monoreddito. Ciò rispecchia in larga misura le prestazioni sociali subordinate al reddito del nucleo familiare e il credito di imposta del coniuge a carico, che dovrebbero essere gradualmente eliminate".
Secondo l'Ocse, ancora, l'aumento del numero di iscrizioni all'istruzione terziaria potrebbe far crescere il Pil pro capite dell'1,5%. "La quota di laureati nella popolazione di età compresa tra i 25 e i 34 anni - scrive l'Organizzazione - è la seconda più bassa dell'Ocse dopo il Messico, e molti neolaureati emigrano. Tra il 2011 e il 2021 l'emigrazione netta cumulata di neolaureati è stata di circa 110mila persone". L'Ocse segnala anche come il nostro sistema universitario penalizzi i ricercatori più brillanti spingendoli all'emigrazione a causa di retribuzioni basse e di mancanza di incentivi legati alla performance. Occorrerà garantire - si legge - condizioni di lavoro più attraenti e un legame sostanzialmente più forte tra performance e retribuzione. La retribuzione media dei ricercatori italiani è assa rispetto ai dati rilevati per Francia, Germania e Regno Unito, soprattutto al livello di ingresso. Ciò scoraggia i ricercatori di talento dall'intraprendere carriere accademiche, privando le università italiane dei migliori talenti della ricerca".
Ma è sulle politiche attive che dovrebbe concentrarsi la sfida dei prossimi Governi con un miglioramento che potrebbe valere l'1% del Pil. L'introduzione dell'assegno di formazione (Supporto per la Formazione e il Lavoro ) che sostituirà il Reddito di Cittadinanza per le persone occupabili potrebbe comportare - sostiene l'Ocse - risparmi di bilancio pari a circa l'1 % del Pil sul breve termine ma "rischia di conseguire tali risultati a scapito dell'aumento della povertà dei percettori, in particolare di coloro che non possono accedere a una formazione adeguata o che hanno raggiunto la durata massima della prestazione". Secondo l'Ocse "occorre rafforzare gli incentivi finanziari correlati all'assunzione di un impiego" e "assicurare un deciso potenziamento del sistema di formazione. La creazione di una nuova piattaforma digitale (Sistema informativo per l'inclusione sociale e lavorativa, Siisl) rappresenta un passo positivo".